Nel racconto che dà il titolo al libro, Il principio del piacere, un ragazzino si innamora per la prima volta, e lo fa abbandonandosi al delirio del sentimento. Durante i mesi di delirio amoroso, nei quali deve fare i conti con la realtà che la sua amata, Ana Luisa, non è il ritratto della virtù e che nasconde qualcosa (qualcosa di oscuro, di misterioso, di sporco), il protagonista scopre una nuova porzione di realtà,
che non immaginava: la vita del padre, le sue zone d'ombra, l'equilibrio non poi così saldo sul quale si regge la sua famiglia (e il mondo intero), il dolore
immenso che scaturisce dal sentirsi traditi, il senso ineffabile e disorientante di
cospirazione che vive ogni innamorato, le sparizioni di Ana Luisa, i
suoi silenzi, le allusioni a qualcosa di terribile che non si capisce
cosa sia ma che c'è. Tutto complotta perchè venga scagliato in un folle vortice dal quale uscirà diverso. Più adulto. Disilluso. Frastornato e suonato come un pugile: con addosso una
sensazione di irrealtà, come se fosse stato fregato ad un gioco che, a
sentire gli adulti, avrebbe dovuto essere divertente.
se questa che sto vivendo, come dice la mamma, è la tappa più felice della vita, chissà come saranno le altre, cazzo. (pag.53)
Il mistero in questo racconto non ha nulla di soprannatuale ma è una vertigine tutta umana, inesorabilmente umana, una strada che non si può evitare di percorrere e che si sà già dove condurrà, in un vicolo oscuro.
La festa selvaggia è un racconto dello scrittore Andrés Quintana, un racconto buttato giù di getto dopo anni di inattività letteraria e che viene rifiutato da una rivista (finanziata dagli yankees) che ancora deve vedere la luce. In un Messico sul quale piove la brama di supremazia culturale nordamericana, dove è il capitalismo ad ammantare, mercificandolo, ogni aspetto dell'esistenza, sarà proprio Quintana a scomparire agli occhi della realtà e a scivolare nella follia del suo stesso racconto.
Ex compagni di scuola che scompaiono, letteralmente, alla memoria del mondo (Langerhaus). Transatlantici che solcano non solo gli oceani ma anche il tempo (Cuando salì de la Habana, vàlgame Dìos). Donne che si rovinano la vita ad invidiare la bellezza delle amiche (L'artiglio). Bambini che scompaiono nel nulla sotto gli occhi della madre (Tenga, si distragga). La realtà di Pacheco si deforma in maniera silenziosa, elegante, senza che si verifichi mai uno strappo vero e proprio, è piuttosto un traslare in una dimensione parallela che si sovrappone alla nostra e la rende improvvisamente incomprensibile. Ma è la nostra stessa realtà ad essere in fondo incomprensibile, misteriosa e disturbante (vedi Il principio del piacere e L'artiglio): non è forse l'innamoramento una dimensione diversa da quella in cui viviamo normalmente che si impadronisce di chi la vive e lo centrifuga fino a lasciarlo privo di punti di riferimento? Non è lo scorrere del tempo (e i suoi effetti sul reale) un meccanismo che, a rifletterci, è mostruoso, incomprensibile, avvilente?
L'eccezionalità di Pacheco, nei suoi racconti, consiste nello spostare l'elemento perturbante da esterno all'esistenza (come ad esempio nei racconti gotici), ad interno ad essa, per finire poi con l'essere l'esistenza stessa. La vita umana è dunque già di per sè incomprensibile, perturbante appunto, e non c'è differenza reale nel trovarsi ad affrontare lo spirito di un morto, la sparizione di un amico o il naturale passaggio all'età adulta. Ogni cosa, nell'opera di Pacheco, è in frantumi, e danza, una danza elegante, soffice ma che ha nel suo stesso volteggiare un alito di follia che la rende sgraziata, fuori tempo. E allora, perchè danzare? Perchè proseguire a giocare quel gioco che doveva essere divertente e che invece porta inevitabilmente al fallimento?
Un malinconico sbigottimento è la sola risposta che l'uomo può avanzare come pretesa di fronte ad un mondo incomprensibile e sordo ad ogni pretesa di comprensione.
Questi sei racconti pubblicati per la prima volta in Messico nel 1972, che vengono normalmente catalogati come racconti del mistero, confermano che è l'intera poetica di Pacheco ad essere legata al lato misterioso dell'esistenza. Qualsiasi tentativo di volerne contenere gli orizzonti all'interno di generi o scuole non ha senso: l'opera di Pacheco è grande letteratura. Punto.
Da leggere assolutamente, del maestro messicano: Il vento distante e Le battaglie nel deserto.
José Emilio Pacheco
(1939-2014) è stato un poeta, saggista e narratore messicano tra i più
noti e amati. Ha pubblicato circa trenta libri di poesia, e
selezionatissime opere di narrativa, che gli hanno valso i maggiori
riconoscimenti letterari, fra cui il premio Cervantes nel 2009.
In Italia è uscito Il vento distante, presso Sur Editore editore, La poesia nella speranza, presso Bulzoni
"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)
domenica 4 ottobre 2015
Il principio del piacere, di José Emilio Pacheco, Edizioni Sur, trad. di Raul Schenardi
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