"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

venerdì 27 maggio 2011

Funes, o della memoria (Funes el memorioso, da Ficciones), di Jorge Luis Borges


  Il racconto fa parte del libro Ficciones (Finzioni), edito nel 1944, della seconda parte, Artificios. La storia è piuttosto semplice e per lo più lineare. Jorge Luis Borges nella premessa a questa seconda parte del libro sostiene che il racconto Funes el memorioso “ è una lunga metafora dell’insonnia”. Non solo. Forse, a prescindere dalle reali intenzioni del suo autore, il racconto travalica il suo significato primigenio e sfocia in altro, in qualcosa di più profondo. La storia è semplice e lineare. Ireneo Funes, legato al narratore da una conoscenza occasionale e quasi del tutto superficiale, in giovane età rimane paralizzato dopo un incidente a cavallo. Da quel momento in avanti la sua memoria diviene prodigiosa (e dunque mostruosa) e la sua vita si biforca: da una parte quella psichica ossessionata e condannata dalle funzioni sproporzionate che ha raggiunto la sua memoria, e dall’altra l’immobilità fisica che lo vede costretto a vivere tutti i suoi giorni in una stanza e, al più, verso sera, a guardare una minima porzione di mondo dalla finestra. La vista che Ireneo Funes gode dalla finestra però non è quella potenzialmente infinita di Leopardi bensì una visione realmente infinita perché ogni oggetto, ogni colore, ogni sfumatura, ogni alito di vento vengono percepiti dal protagonista in maniera lancinante e perfetta, totale, e, peggio, ogni particolare registrato rimanda la mente di Ireneo ad altri ricordi memorizzati che a loro volta richiamano altri ricordi, e così via in maniera esponenziale. C’è da notare che già all’inizio, durante il primo incontro fugace del narratore con Ireneo Funes, questi era conosciuto in paese per una sua dote particolare, di nuovo in qualche maniera mostruosa, la capacità di sapere sempre l’ora esatta, in qualsiasi posto si trovasse, senza esitazione. La sua stessa condizione si indovina essere quella di un personaggio singolare nella piccola comunità. E d’altronde il periodo storico, fine 1800, ci consegna un mondo ancora rurale ma già pronto a lanciarsi nel nuovo secolo, che sarà il secolo dell’industria e delle invenzioni, dei meccanismi, delle grandi esposizioni commerciali e scientifiche, dunque un mondo sospeso tra due visioni della vita, una (al tramonto) ancora semplice e in qualche modo magica e una seconda (agli albori) pronta ad ubriacarsi di tecnologia al punto tale da farne la propria religione e la propria forma accettabile di magia. La prima parte del racconto serve, classicamente, a dare una quadro al racconto stesso. Il narratore garantisce sulla verità di ciò che andrà narrando, definisce il periodo temporale (1884-1887), la zona geografica (Fray Bentos), il tipo di rapporto che lo ha legato al protagonista, il numero di volte in cui lo ha incontrato (tre) e ci specifica anche che la sua testimonianza sarà imparziale e, si intuisce, andrà a far parte di un qualche compendio insieme ad altre testimonianze sulla figura di Ireneo Funes el memorioso, che dunque – immaginiamo - deve aver raggiunto una fama che ha travalicato i confini della cittadina dove si svolgono i fatti, anche se non sappiamo la natura di questa fama, se sia considerato una sorta di freak da circo o un caso medico o un personaggio popolare e folclorico. Questo primo approccio, oltre a fornire al lettore i primi dati per circoscrivere un periodo, un luogo e dunque un’atmosfera, serve a stringere col lettore il cosiddetto patto di credulità. E’ l’io narrante stesso che ha vissuto ciò che racconta, dunque va creduto. La parte centrale ci propone le circostanze del primo incontro, casuale e fugace (nel “giorno sette febbraio dell’anno ottantaquattro”), dove intravvediamo Ireneo poco più (o poco meno) che bambino che corre e, senza interrompere la sua corsa risponde alla domanda del cugino del narratore che gli chiede che ore sono. La risposta, << Mancano quattro minuti alle otto >>, fornita quasi come un riflesso condizionato, senza la mediazione di un pensiero razionale ci fornisce le prime indicazioni di una forma di diversità che in qualche modo affligge il ragazzo, anche se ancora non sappiamo se si tratti di virtù o di patologia. La terza parte ci informa dell’incidente occorso al protagonista, della sua infermità e del conseguente dono (o condanna) che l’incidente ha portato come sua conseguenza. Non è importante indagare la causa medica, né se questo potenziamento abnorme della memoria sia verosimile o meno nella realtà al di fuori della pagina scritta, ciò che importa sono le sue conseguenze. Il narratore, e dunque testimone oculare della vicenda, si trova a Fray Bentos, siamo nel 1887, ha con sé una serie di testi in latino, e un dizionario, col quale si aiuta. Venutolo a sapere Ireneo chiede di poter fruire per qualche giorno di qualche testo latino e del dizionario. La richiesta è singolare, e così pare al narratore, che gli fa comunque avere il Gradus ad Parnassum di Quicherat e la Naturalis Historia di Plinio. Dopo pochi giorni il narratore riceve un telegramma poco rassicurante sulle condizioni di salute del padre e, prima di intraprendere il viaggio di ritorno, si reca alla casa di Ireneo per tornare in possesso dei suoi libri. Da qui in avanti Borges posiziona il vero nucleo filosofico del racconto, il reale motivo del suo narrare. L’io narrante entra nella stanza di Ireneo, ma la stanza è buia, e può solo sentire una voce che parla correntemente in latino. Per tutta la durata della sua conversazione col protagonista non avrà modo di distinguerne i lineamenti, solo col sopraggiungere delle prime luci della mattina vedrà il volto del suo interlocutore. Anche in questo caso il tema della cecità, seppur temporanea e causata non da malattia ma da cause esterne, è importante per Borges. E’ addirittura essenziale perché rappresenta il modo (il medium) con cui Borges percepisce il mondo. Il mondo di Borges infatti è chiaroscuro, non per forza cupo, ma eternamente circonfuso di ombre. Ma alle ombre ed alla difficoltà di mettere a fuoco del narratore si contrappone la lucidità folle di Ireneo che, scopriamo, è letteralmente condannato a ricordare tutto. Nulla sfugge alla sua capacità mnemonica, neppure il più piccolo particolare, ed egli è sprovvisto di una capacità selettiva che gli permetta di isolare i particolari essenziali da quelli importanti dagli aspetti secondari da quelli irrilevanti. Ciò che fa del suo potenziale dono una condanna è esattamente questo aspetto: da una parte l’obbligo a ricordare ogni cosa, e dall’altra l’impossibilità di posizionare gli infiniti particolari registrati lungo una scala di priorità. E infatti Ireneo racconta e spiega i suoi progetti assurdi (e sostanzialmente dementi) di ridenominazione dei numeri secondo un criterio che può essere valido solo per lui, perché basato su nessun tipo di logica ma solo su un gioco mnemonico. Anche i suoi piani di archiviazione dei suoi ricordi sono folli e irrealizzabili perché lo costringerebbero a vivere tutta la sua esistenza in quello sforzo ben sapendo che non potrebbe portare a termine neppure la sistematizzazione dei ricordi della sua infanzia. Sono due progetti che lo stesso narratore definisce folli, ma nei quali riesce ad indovinare “una certa balbuziente grandezza”. A questo punto il racconto è terminato. Torniamo ad essere edotti su altri - pochi - aspetti della vita di Ireneo Funes, tipo la sua età all’epoca dei fatti, cioè 19 anni, e la causa della sua morte, nel 1889, una congestione polmonare.
  Ancora una volta Borges torna a parlarci, all’interno di una struttura narrativa semplice e tradizionale, quasi banale, di temi assoluti, come l’infinito. La memoria di Ireneo infatti non è altro che una delle incarnazioni possibili dell’infinito e dell’impossibilità dell’uomo non solo di gestirlo, ma addirittura di capirlo. Funes pare infatti essere in completa balìa della sua menomazione e, per buona parte, neppure capace di comprenderla fino in fondo. Ne intuisce i limiti solo quando la misura con la limitatezza della sua esistenza. Sa che morirà prima di aver terminato di ricordare ogni aspetto della sua infanzia. Eppure questo non lo porta a ragionare sulla natura della morte, e dunque sul senso della vita, bensì gli pone problemi da ragioniere su quanti ricordi memorizzare e su come sistemarli. Il problema non è, per lui, il significato quanto piuttosto la quantità. Ma la quantità pone gli stessi limiti del significato, perché non si lascia cogliere, si moltiplica in continuazione in un gioco di specchi che replicano ogni particolare all’infinito esattamente così come ogni ricordo crea una catena di ricordi che ne crea a sua volta un’altra, e così all’infinito. Più che non di fronte al dramma del non poter non ricordare ci troviamo faccia a faccia col dramma dell’inutilità del ricordo perché esso stesso soverchia il significato e lo annulla nella ripetizione infinita di immagini e sensazioni inutilizzabili.   

Per leggere il testo in spagnolo, cliccare qui.

N.B.:  Chi volesse approfondire il tema della memoria (connesso alla tecnologia ed al concetto d'infinito) può dare un'occhiata qui, un interessante lavoro didattico del blog Centro di Gravità Permanente, post in cui viene utilizzato l'articolo che avete appena letto.

N.B.: Vi rimando al link del sito Artonweb che ci ha fatto l'onore di liinkarci a fondo di un interessante articolo di Vilma Torselli a titolo " Spaesaggi del terzo millennio ": l'articolo lo trovate qui

12 commenti:

  1. Ho letto con interesse questo commento all'opera di Borges e intendo utilizzarlo come materiale didattico da inserire in un percorso letterario sul tema della memoria e della tecnologia che attraversi vari autori tra cui Leopardi (che vedo con piacere citato in questo post). Se ho il tuo permesso pubblicherò il lavoro quando sarà pronto sul mio blog (cgpangioy.blogspot.it) con le dovute citazioni ed il link di riferimento

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  2. Gentile Cgp, non ci sono problemi per la pubblicazione del post, anzi, mi fa piacere. Ti chiedo solo, per cortesia, di inviarmi il link una volta pubblicato il tuo articolo così magari lo allego al mio post e, ovviamente, avrò modo di leggerlo con interesse.
    Buonaserata, aspetto tue notizie.

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  3. il materiale didattico (che verrà progressivamente ampliato, approfondito e arricchito di immagini) che sfrutta tra le fonti il presente blog 2666 si trova qui:
    http://cgpangioy.blogspot.it/2012/03/linfinito-la-memoria-la-tecnologia.html

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  4. Ritengo che il presente articolo sia molto interessante e che sia stato composto davvero molto bene. Potrei sapere il nome del suo autore? Vorrei citarlo nella mia tesi.
    Grazie.
    Jacopo

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  5. Gentile Jacopo, la ringrazio per i complimenti al post. L'autore dell'articolo è anche il curatore del blog, cioè il sottoscritto. Il mio nickname è Dvd Illevir (non so se le interessi il nick o il nome all'anagrafe). Sarò onorato se deciderà di inserire il testo (o parte di esso, o l'interpretazione che nel post viene data del racconto di Borges):a questo proposito, volevo domandarle intorno a quale argomento verte la sua tesi.
    Dovesse decidere di citare il post, oltre ad avere la mia riconoscenza, le chiedo se può citare anche il blog o il link alla pagina.
    Per ora spero di essere stato esauriente, ma mi rendo conto che avrei più domande io da porle che non risposte da darle. Immagino sia uno studioso di letteratura latinamericana... Nel caso le vorrei chiedere quali testi di narrativa mi consiglia (eventualmente anche in lingua)e quali testi mi consiglia riguardo la storia della letteratura latinoamericana (o magari sulla letteratura latina attuale, o del novecento).

    Mi sono dilungato. La saluto e la ringrazio, buonanotte.

    Davide Rivelli

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  6. Caro Davide,
    sono colpito per la Sua cortesia. Parlando di letteratura latinoamericana si apre una costellazione di autori, nella quale tra le stelle più lucenti brillano, oltre alla cometa Borges, autori importantissimi come Marquez, Cortazar, Juan Rulfo e molti altri. Non sono specializzato in questo tipo di letteratura, ma sarò lieto di soddisfare le Sue curiosità se mi lascia la Sua mail, o se altrimenti mi permetta di contattarla in qualsiasi altro modo in forma privata.
    PS: il titolo dell'articolo è quello che leggo sotto la data a capo del testo?
    Jacopo

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  7. Gentile Jacopo,
    mi può scrivere a davidillevir@gmail.com.
    Si il titolo del post è quello sotto la data, vale a dire sostanzialmente il titolo de racconto di Borges.
    La saluto e aspetto una sua mail.

    Buonagiornata.

    Davide

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  8. mi affascina da sempre come Borges tratta il tema della memoria, spesso ho preso spunto dalle sue parole, da questo racconto, seppure da lontano, in particolare in una mia pagina
    http://www.artonweb.it/architettura/articolo51.html
    vorrei inserire il link a questo tuo post, anche se l'argomento esula un pò dai miei temi. Che dici?

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  9. Mi farebbe piacere, e ne sarei onorato. tra l'altro, che io sappia, questo post è già linkato almeno da un paio di siti che me ne hanno chiesto il permesso (e da qualche altro che l'hanno linkato e basta, e l'ho scoperto per caso) ed è citato in una tesi di laurea. Averlo linkato presso il tuo sito, non può che farmi piacere.
    Ti chiedo, per cortesia, di segnalarmi la pagina in cui lo link, di modo che, a mia volta, possa linkarla anche io.
    Ciao,
    e grazie...

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    1. scusa il ritardo!
      la pagina in cui ho linkato il tuo articolo è questa
      http://www.artonweb.it/architettura/articolo51.html

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  10. Mi scuso a mia volta per il ritardo, ma finalmente ho inserito il link al tuo articolo.
    Spero ti faccia piacere.
    E grazie per l'onore.
    Ciao,
    a risentirci.

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