"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

domenica 18 dicembre 2011

L'occhio dello zar, di Sam Eastland, il Saggiatore edizioni

Con questo romanzo, estremamente ben documentato da un punto di vista storico, ci è dato sbirciare dall'interno cosa sia stata la rivoluzione bolscevica in Russia. Non uno sguardo partecipato e sanguigno, la condanna per le atrocità commesse o l'euforia per un'utopia messa in piedi nel mondo reale non si percepiscono, se non eventualmente come sfondo, quasi si trattasse di sussurri lontani, ma in realtà lasciano sempre il dubbio che si tratti più di opinioni del lettore che non di indicazioni lasciate a bella posta dall'autore. E forse è così. Ci troviamo più che altro di fronte allo sguardo di uno storico che, introiettata la freddezza dei paesaggi siberiani, ci descrive passo passo cos'è avvenuto sul palcoscenico della storia e, soprattutto, cosa è avvenuto dietro i pesanti tendaggi che spesso celano le infinite storie che compongono la Storia. Uno storico, uno scienziato sotto acido, verrebbe da dire riferendosi a Sam Eastland, l'autore di questo perfetto giallo storico, se non fosse che verrebbe da pensare ad una sorta di Irvine Welsh: niente di più lontano. Sam Eastland compone un romanzo convenzionale nella forma, avvalendosi di una scrittura impeccabile ma sostanzialmente piatta, in tutto e per tutto al servizio della storia che racconta. La stessa scansione dei capitoli che rimbalzano tra passato e presente è quanto di più banale ci si può aspettare da un meccanismo narrativo. La definizione di storico (o scienziato) sotto acido va riferita al complesso del libro. La ricerca storica è inappuntabile e viene fatta attanagliare al plot narrativo come un abito che gli calza dannatamente bene. Ci lasciamo trascinare da una detecion story e nel contempo ci muoviamo all'interno dei corridoi enormi della Grande Storia. Attenzione, per quei corridoi così austeri ci permettiamo di addentrarci con leggerezza, senza la pesante consapevolezza che il luogo richiederebbe. Spero di aver reso l'idea.
Pekkala, dunque. Il protagonista di questa storia ha un nome improbabile, Pekkala appunto, almeno alle orecchie di un non finlandese, perchè è proprio dalla Finlandia che questi arriva, quando ancora la Finlandia era territorio della Grande Madre Russia. Viene mandato dal padre - che lo aveva destinato secondo i suoi progetti a proseguire la sinistra attività di famiglia, un'impresa di pompe funebri - a Pietrogrado, per entrare a far parte della Legione Finlandese dello Zar, il più alto onore che un padre (finlandese) potesse sperare per il proprio figlio (finlandese). Qui Pekkala viene preso a ben volere dallo Zar Nicola II, che per lui inventa una carica mai esistita prima e che lo pone, nei suoi doveri di responsabile della sicurezza dello zar, al di sopra dello zar stesso. Presto dimostra le sue capacità investigative al limite del paranormale, prima tra tutte la sua prodigiosa memoria, e diviene famoso nella cerchia dello corte e agli occhi del popolo come l'Occhio di smeraldo. Detta così suona un po' come una stronzata, del tipo All'inseguimento della pietra verde, ma nel romanzo giuro che funziona. Comunque, il soprannome in effetti non è il punto del forte del libro, siamo d'accordo. Via, riprendiamo: con lo scatenarsi della Rivoluzione d'Ottobre, Pekkala viene incarcerato ed interrogato dal nuovo sistema di potere, i Rossi, e spedito in Siberia a spezzarsi la schiena aspettando di essere liberato dalla morte. Invece, anni dopo, il presente storico del libro, a richiamarlo alla vita libera un giovane ufficiale dell'esercito sovietico, Kirov, un cuoco... anzi, uno chef strappato alla cucina dalle improrogabili necessità della rivoluzione. Il compagno Stalin in persona gli promette la libertà se metterà le sue doti di investigatore al servizio del popolo e del Soviet per scoprire se, effettivamente, i Romanov (vale a dire i suoi vecchi datori di lavoro) siano stati effettivamente uccisi, e dove siano stati seppelliti. Da qui in poi si sviluppa una trama interessante, storicamente credibile, ben scritta, con stile asciutto e preciso, una storia solida, appassionante e ricca sia di colpi di scena che di paesaggi ed atmosfere nelle quali non siamo abitutati a muoverci, neppure con la fantasia e che però fanno parte dell'inconscio collettivo. Quella zona dell'inconscio collettivo che ne è la periferia: lande fredde e messe un po' al bando dal baluginìo delle fantasie moderne, tutte improntate a serial killer americani, metropoli, complotti mondiali e bellone ipersexy sempre sull'orlo dell'orgasmo. Per questo, per la sua natura periferica, questa parte di inconscio collettivo riveste un fascino assolutamente speciale. Uomini venuti dal freddo, paesaggi lunari, città coperte di neve e ghiaccio, villaggi dimenticati da Dio e coperti dal fango e dalla fame, uniformi severe di imperi scomparsi e simboli che, dal presente del romanzo, assugeranno in fretta agli onori della cronaca mondiale. Falci, martelli, finti villaggi perfetti per ingannare l'occhio di chi guarda. Donne che aspettano il proprio uomo, o forse no.
Potrebbe essere un romanzo ottocentesco, o un saggio storico, e invece è un perfetto giallo che si fa divorare dal lettore. E Pekkala, protagonista algido e appassionante al contempo, non ci resta che seguirlo nella seconda puntata pubblicata in Italia sempre da Il Saggiatore: Bara rossa.

  La cosa migliore che si può dire di Sam Eastland, è che è uno pseudonimo. Dovrebbe essere un autore inglese che vive negli Stati Uniti, questo è quanto si sa di lui. Non ho trovato foto sue, e quindi qui accanto, nell'ovvia impossibilità di postare una foto di Pekkala, ho scelto di mostrare una foto dello zar Nicola II e della sua famiglia.
  Mi stupisco che non sia ancora stato tratto un film da questo libro.