"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

domenica 24 giugno 2012

Respirazione artificiale, di Ricardo Piglia, Sur editore

Emilio Renzi scrive un libro, La prolissità del reale, che parla in maniera non troppo velata della sua famiglia. Suo zio, Marcelo Maggi, si riconosce in uno dei personaggi, e gli scrive. Gli racconta di ciò di cui si sta occupando in quel momento, della stesura, a sua volta, di un libro, un libro che parla di Enrique Ossorio e della sua vita. Si scrivono a lungo, si può dire che giungono a conoscersi attraverso le parole scritte, senza mai vedersi. Quando, infine, decidono d'incontrarsi, Maggi lo raggiunge, ma non lo trova; incontra, al suo posto, un suo amico, un emigrato polacco, tale Tardewsky, con cui parla lungo tutto una notte. Di cosa parlano? Di tutto. Parlano, a dir la verità, della vita di Tardewsky, di filosofia, di Wittgestein, di letteratura, parlano di Argentina, parlano di Kafka e di Hitler, e aspettano, fino a mattina. Con questo ho detto - più o meno - tutto, o buona parte del tutto, ma al contempo non ho tolto nulla al piacere che proverà chi si vorrà avventurare tra le pagine di questo capolavoro. E' lo stesso Piglia nell'introduzione, scritta appositamente per l'edizione italiana, che lo specifica: Solo nei film di Hollywood è sbagliato raccontare il soggetto; nei romanzi invece la trama è soltanto una guida, o meglio la mappa di un territorio che si va trasformando mano a mano che procediamo. Quando diciamo che non possiamo smettere di leggere un romanzo è perchè vogliamo continuare ad ascoltare la voce narrante. Ben oltre l'intrigo e le peripezie, c'è un tono, che definisce il modo in cui la storia si muove, fluisce. Non si tratta tanto dello stile - dell'eleganza nella disposizione delle parole - quanto della cadenza e dell'inensità della narrazione. In definitiva il tono determina la relazione emotiva che il narratore intrattiene con la storia che sta raccontando. E il tono, o il ritmo, di questo libro è qualcosa di assolutamente straordinario, costruito con peripezia certosina, con l'orecchio sempre teso  a verificare che il ritmo (non il ritmo di ciò che accade, cioè non solo, ma soprattutto il ritmo della singola frase e di come le singole frasi si sussegguono) sia perfetto, come se l'autore avesse lavorato su uno spartito piuttosto che su un testo letterario. Non posso spiegarlo meglio di così e, se dovessi fare degli esempi, finirei per citare buona parte del libro. Ma quest'attenzione alla forma (o ad una parte della forma, poi c'è lo stile, che è comunque sopraffino; uno per tutti, l'incipit: C'è una storia? Se una storia c'è, inizia tre anni fa.) non toglie nulla ai fatti, al piacere di avanzare nella lettura per scoprire ciò che viene dopo. In realtà non capita nulla, o quasi, ci troviamo di fronte a personaggi che raccontano di altri personaggi (che a volte raccontano di altri personaggi ancora) che raccontano di aver fatto, o visto, o detto. La narrazione passa sotto la lente di generi differenti: dall'epistolare, al thriller spionistico, al racconto storico, al romanzo filosofico, eppure ciò non appesantisce per nulla il romanzo, anzi, riesce nel miracolo di assimilare tutti questi generi in un'opera unica ed irripetibile. Piglia scrive Respirazione artificiale durante il periodo della dittatura in Argentina, e il tema (o uno dei temi) che tocca è chiaramente il riferimento alla situazione che il suo paese e Piglia stesso si trovavano a vivere in quel momento, eppure, quella vita vissuta, la possiamo leggere nel romanzo come se fosse rivisitata a freddo, attraverso il filtro di molti anni trascorsi, con la calma e la freddezza di chi ha ormai posto un certa distanza tra sè e i fatti narrati. E questo è un punto che entra a far parte di una delle tante ed interminabili discussione tra alcuni dei protagonisti del romanzo, una metanarrazione che, mentre parla di altro, spiega il significato di sè stessa. Un po' tutto il libro ha questa caratteristica (la definirei virtù), oltre a presagire diversi stilemi che saranno tipici dei grandi autori sudamericani che verranno in seguito, primo fra tutti Bolano (il gusto per la misura dello stile, i dialoghi, le storie che si aprono e chiudono senza per forza terminare, i personaggi persi nelle pieghe della grande Storia non meno che nelle loro personali ossessioni, emigranti cocciuti, poetici loro malgrado, la ricerca del Grande Male e di una sua spiegazione, ecc.). Un gande libro, molto ben tradotto da Gianni Guadalupi per la Sur, libro da leggere e da tenere sullo scaffale dei classici, e come tale, rileggerlo.

  Ricardo Piglia (Buenos Aires 1941), attualmente professore di Letteratura sudamericana alla Princeton University, è unanimemente considerato come uno dei più grandi scrittori argentini dei nostri tempi.
In Italia sono stati pubblicati Respirazione artificiale (Sella e Riva 1990, Sur 2012), Soldi bruciati (Guanda 2000 - Feltrinelli 2008) con il quale ha vinto il premio Planeta, romanzo poi adattato allo schermo cinematografico da Marcelo Pineyro, L'ultimo lettore (Feltrinelli, 2007) e Bersaglio notturno (Feltrinelli, 2011).

  Allego il link ad un interessante articolo su Kafka ed Hitler nel romanzo di Piglia. Consiglio però di leggerlo dopo aver letto il libro. Il link è qui.

  In più, da Archiviobolano, col quale ho l'onore di collaborare, allego una conversazione tra Bolano e Piglia, quo.

Qua, invece, il link ad una lunga ed interessante intervista a Ricardo Piglia, in spagnolo. 





venerdì 22 giugno 2012

Severina, di Rodrigo Rey Rosa, Feltrinelli editore

La fascetta che pubblicizza il libro riporta una frase di Bolano che ci fa sapere che, a suo parere (suo di Bolano), Rey Rosa è il miglior tessitore di storie, la stella più luminosa della sua generazione. A leggere questo libro, Severina, si ha tutti i diritti di dubitare delle parole del grande scrittore cileno. Mi spiego. Stiamo parlando di centodieci pagine che narrano la storia di una passione intrecciata ad una seconda passione. Libri e amore, o libri e Severina se può suonare meglio. Severina, la protagonista del romanzo (breve), è un topos letterario tipico della letteratura sudamericana (vedi Il tunnel o Sopra eroi e tombe di Sabato, La ragazza cattiva di Vargas Llosa, ecc.): la donna misteriosa, ammaliatrice suo malgrado, o forse grazie ad un sapiente e sottile uso delle sue arti seduttive. E' la femmina, così come l'immaginario sudamericano evidentemente la idealizza. Forse la idealizza così perchè in realtà la teme, non so. E' comunque una trasposizione a quelle latitudini del grande mistero della femminilità (non per niente i ritratti migliori in questo senso sono di autori uomini, cioè di coloro cui è giocoforza preclusa la comprensione dell'universo femminile), del mito indoueropeo della dea madre che sotto il sole accecante dei tropici acquista in sensualità e senso dell'ignoto, senza perlatro perdere un certo sottofondo di sacralità che rimane sfumato ma sempre presente. Il narratore è il proprietario di una libreria, diciamo pure di una piccola libreria di nicchia, per intenditori, almeno questo è ciò che cerca di essere. Severina è una ladra di libri, questo lo sappiamo fin da subito, e va a rubare nella libreria di cui sopra; ma chi è in realtà Severina? Possiamo immaginarla fisicamente, però perchè ruba libri? Per necessità, per sfrontatezza? Per cleptomania? Qual'è la sua storia? Da dove viene? Sta cercando di sedurre il narratore o lo usa a proprio piacimento? Chi è l'uomo che vive con lei? Cosa nasconde? Cosa nasconde l'uomo e cos anasconde lei, Severina? Nascondono davvero qualcosa? Questo è il nucleo della narrazione, lo sfarfallìo inafferrabbile del mistero. La donna è mistero. Appunto un topos della letteratura latina. Riuscirà il narratore a scoprire la verità? Riuscirà a fare sua l'enigmatica e sfuggente ladra di libri? Il libro, c'è da dirlo, è un buon libro, una lettura piacevole, ed è indubbiamente ben scritto e, per chi non avesse dimestichezza con le altre misteriose eroine della letteratura di quelle parti del mondo rimarrà indubbiamente scolpita nella memoria de lettore (comunque niente a che vedere, a mio parere, con l'Alejandra di Sopra eroi e tombe di Ernesto Sabato). Ciò che non riesce a dimostrare questa piccola perla è proprio ciò che sostiene Bolano nella fascetta allegata al libro, che davvero Rey Rosa sia la stella più luminosa ed il miglior tessitore di storie. Forse lo è anche, ma credo che questo possa essere verificato in qualche altro libro dell'autore guatemalteco. Indubbiamente la curiosità di cercare altre sue pubblicazioni e togliersi ogni dubbio, questo la libro la instilla.

Rodrigo Rey Rosa è nato in Guatemala nel 1958. Dopo aver abbandonato gli studi di medicina nel suo paese devastato dalla violenza, ha vissuto a New York e poi a Tangeri, in Marocco. Lì ha conosciuto Paul Bowles, del quale ha tradotto le tre prime opere. È autore di molti romanzi e raccolte di racconti e la sua opera è stata premiata nel 2004 con il Premio Nacional de Literatura de Guatemala Miguel Ángel Asturias.
In Italia ha pubblicato Quel che sognò Sebastian e Il tempo concesso con Mondadori, e Giungla di pietra per Cargo.