"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

giovedì 28 dicembre 2017

Le forze misteriose, di Leopoldo Lugones, Lindau editore, trad. di Francesco Verde

Operano qui, sulla superficie della Terra (...), molte forze tremende, ormai vicine ad essere scoperte.. Forze intereteree destinate a modificare i più saldi concetti della scienza e che sempre più chiaramente,  a riprova di quanto afferma il sapere occulto, dipendono dall'intelletto umano. 

  L'estratto qui sopra riportato, citato dal primo racconto della raccolta (primo di dodici), La forza Omega, è in un certo senso un chiara chiave di lettura per orientarsi nel mondo costruito da Leopoldo Lugones in questa raccolta, ora riproposta da Lindau nella nuova traduzione di Francesco Verde (mi risulta una precedente pubblicazione del 1989 per l'editore Lucarini, dal titolo Le forze strane). Il libro infatti ci restituisce la visione di un mondo in balìa di potenze oscure, ma spesso sul punto di essere spiegate, di leggi naturali nell'atto della loro scoperta, di cataclismi biblici che prefigurano certa filmografia di fantascienza (quando non di fantastoria) che esplodono, travolgono, divelgono società intere con la freddezza dell'equazione che sottostà al dispiegarsi delle forze stesse. L'essere umano, quando è presente, è un narratore terzo, testimone sopravissuto dello scatenarsi delle forze misteriose, un fedele rendicontatore dell'instancabile e nozionistica cronaca di esperimenti perennemente in bilico tra la follia di credenze esoteriche e la scienza colta un attimo prima di divenire tale. Lugones, autore pilastro del modernismo latinoamericano, e nume tutelare delle lettere argentine, fu anche studioso e appassionato di teosofia e scienze occulte, e proprio questo campo parallelo al sapere ufficiale è la chiave di volta, nonchè l'impasto, usata da Lugones per costruire il mondo che si configura in questi dodici racconti. Ma, al contrario di maestri riconosciuti del genere quali Poe, Lovecraft e Hodgson  (su tutti), l'attenzione posta da Lugones non è sull'orrore metafisico e deforme che si cela dietro il muro di una dimora in disfacimento, o al di sotto delle onde marine, nè, tantomeno, nella psiche mostruosa dell'essere umano: l'orrore è un fatto incidentale sul cammino della scienza, è la conseguenza dell'hubris dell'uomo che non riesce a  controllare le forze da lui stesso (non evocate ma) sperimentate. Quella che chiamo hubris non è in senso classico "arroganza", non ha molto da spartire con la sovrumana volontà di raggiungere, e superare, il divino, di prenderne il posto, ma è piuttosto la causa involontaria dell'isolamento nel quale il protagonista si trova ad agire. Non siamo mai in presenza di un'equipe di scienziati in un laboratorio, la teoria sta tutta nell'erudizione dello sperimentatore, nel suo genio, nel suo incaponirsi per arrivare prima di altri ad una conclusione alla quale, pare, per forza si dovrà giungere. Di questo primo filone, che definirei (para)scientifico, fanno parte i racconti La forza Omega, Un fenomeno inesplicabile, La metamusica, Lo Psychon, nei quali il narratore racconta con dovizia enciclopedica di particolari tecnici e riferimenti sceintifici un episodio nel quale un amico, o conoscente, gli confida di aver fatto una scoperta (o di essere vicino a fare una scoperta) facendo seguire la cronaca di come la scoperta, in un certo senso, finisca con l'esplodere tra le mani dell'amico/conoscente. La tecnica dell'oralità, il sussurro tra due individui i cui segreti li isolano dal mondo, e il colpo di scena finale, sono un'imbastitura strutturale abbastanza primitiva che, solleticando la curiosità del lettore verso temi oscuri e recanti in sè lo stigma del terrore, in realtà racconta con dovizia quasi tediosa, una realtà (para)sceintifica, che l'autore, nel ruolo di "vate modernista del proprio popolo", somministra al suo pubblico. L'arte altissima e finissima dello stile di Lugones permette di far sì che questi racconti non scadano nel mero enciclopedismo (per certi versi il nozionismo portato all'estremo di questi racconti può essere paragonato al ruolo che hanno i dialoghi nei film di Tarantino, tipo "quiete prima della tempesta", che innalzano la tensione fino a renderla insopportabile, e a farla esplodere all'improvviso), ma rendano comunque un'atmosfera sospesa che finisce col risolversi nel breve volgere di poche righe, quasi controvoglia. La struttura è quella tipica della letteratura del terrore: due amici, uno ha un segreto, il segreto è il muro invalicabile che li isola dal mondo e li porta, poco alla volta, alla pazzia, la pazzia li spinge a mettere in pratica il segreto, fino a quel punto teorico, la pratica apre mondi scellerati, universi demoniaci, abissi di perversioni. In Lugones invece scatena un semplice meccanismo narrativo che non apre a nulla che non sia il colpo di scena finale. Le forze misteriose sfuggono di mano, all'improvviso l'uomo che credeva di maneggiarle, se le vede esplodere tra le mani. Non sta in questo l'orrore. L'orrore, parte di esso, lo si trova nelle lunghe spiegazioni (para)scientifiche che rendono credibile agli occhi del lettore l'esistenza stessa di queste forze sconosciute "destinate a modificare i più saldi concetti della scienza".

  Un secondo filone di racconti (Il rospo, I cavalli di Abdera, Viola Acherontia, Yzur), il filone cosidetto animale, mostra le forze misteriose del titolo nell'atto di manifestarsi a contatto col mondo animale (in Viola Acheronthia sono le piante il soggetto del racconto). Ne Il rospo, ad esempio, è la malìa dei racconti di credenze popolari che rende il mistero di forze conosciute (conosciute, tant'è che la madre del protagonista lo mette in guardia) ma non controllate. Ne I cavalli di Abdera troviamo invece un'ambientazione che sarà la vera protagonista del terzo filone di racconti, quello mitico e parastorico, che quasi prefigura il moderno cinema catastrofistico: una rivolta di evolutissimi cavalli contro gli esseri umani. Ma all'interno di questo filone animalesco (ma anche anomalesco), che pesca dalla tradizione latinoamericana dei racconti di animali (un'autore tra tutti: Quiroga), quello più sconvolgente è Yzur: vi si racconta dell'ossessione di un imprenditore convinto di poter portare la sua scimmia a parlare.

  ... lessi, non ricordo dove, che i nativi di Giava attribuiscono l'assenza del linguaggio articolato nelle scimmie non a un difetto, ma a una deliberata astensione. <<Non parlano - dicono -per evitare che le si metta al lavoro.

La foga dell'uomo lo porta ad umanizzare la scimmia, fino a renderla tristemente vittima delle caratteristiche umane che le si vogliono attribuire: pensosa, chiusa, si trasforma nell'oggetto dell'odio del suo padrone e, con l'umanizzazione di Yzur, lo stesso rapporto padrone/animale viene a evocare tinte fosche: il rapporto trasla nei binomi tragici padrone/servo e vittima/carnefice. E la parola, o per meglio dire la sua negazione, il mantenerla segreta, il tenerla per sè, rappresenta per la scimmia l'ultimo baluardo per non cedere alla resa definitiva; per rimanere animale e, come tale, più umana dell'uomo.

  Il terzo filone (La pioggia di fuoco, Il miracolo di San Wilfredo, L'origine del diluvio, La statua di sale) è a mio avviso quello nel quale la caratura letteraria di Lugones si esprime al meglio delle sue potenzialità o, per meglio dire, si esprime nella maniera apparentemente più naturale, in senso quasi opposto ai racconti del filone (para)scientifico. La narrazione che si dipana nel territorio mitico/biblico/(fanta)storico de La pioggia di fuoco (che immagino sia il racconto che ha ispirato la splendida copertina del libro), è un capolavoro assoluto di virtuosisismo letterario. La capacità di evocare un mondo (evocato da un disincarnato di Gomorra) affossato a tal punto nei meandri del tempo da risultare, appunto, mitico, la descrizione magniloquente di una società organizzata e funzionale che viene inaspettatamente e incomprensibilmente inghiottita da un fenomeno misterioso è, in Lugones, un esercizio di tecnica sopraffina che, da sola, vale la lettura del libro. La stessa epica di Gomorra fa da riferimento interno al racconto La statua di sale, nel quale l'orrore ha il volto informe del non detto: viene infatti sussurrato dalla moglie di Lot all'orecchio di Sosistrato, ma non al lettore, che rimane privo di riferimenti, perso, appunto, nell'orrore, un orrore che viene dalle viscere del tempo, e che in queste si perde. In questo filone le forze misteriose a volte sconfinano nel classico esoterico: vi appare addirittura Satana, anche se con la semplice funzione di agente agitatore della narrazione, o una mano che prende vita sulla croce, ma ne L'origine del diluvio, l'argomentare, eccelso nel dipingere una visione del mondo prima del mondo, riesce nella pretesa di spiegare razionalmente il mito dietro il quale si nasconderebbe la verità non detta dell'universo e del suo diluvio.

  La grandezza di questa raccolta, una vera perla, va trovata nell'insieme dei racconti che la compongono e va goduta per quello che è, cioè il prodotto di un'epoca e di un autore che fanno del "meccanismo dell'annessione perennemente spinto da un'ansia di innovazione congiunta ad un'estrema esigenza tecnica" (Yurkievich) il centro vitale di una narrativa pulsante e viva, capace di inglobare conoscenze scientifiche, storiche, esoteriche, mitiche, folcloriche in un "innalzamento della forma a chiave armonica dell'enigmatico universo (ancora Yurkievich). Il gusto modernista dell'esotico qui trova il suo soddisfacimento nella lontananza di tempo, di luogo, di sguardo. In Lugones non solo la verità, ma anche la realtà è esoterica, ed oscilla tra un passato mitico nel quale storia e leggenda si confondono, e godono di questo loro confondersi, e fondersi, e un presente nel quale singoli illuminati (in Lugones non sono alchimisti, ma nemmeno scienziati pazzi, più che altro funzioni narrative pressochè bidimensionali) cercano di manipolare quelle forze ancora occulte che governano il mondo. In Lugones l'orrore è relativo, un effetto indesiderato ed accidentale del manifestarsi incontrollato di forze di per sè stesse scevre dalla connotazione di bene o male. L'uomo scopre queste forze, o v'incappa casualmente (come ne Il rospo), e non le sa controllare, divenendone vittima. Il punto estremo della vittimizzazione dei protagonisti la si trova esplicitata nella figura dell'imprenditore che, convinto di poter dare la parola alla sua scimmia, la rende umana e sofferente ma, soprattutto, finisce col divenire egli stesso qualcosa di peggio di un animale,

Mi svegliai di soprassalto. La scimmia, con gli occhi sbarrati, era prossima alla fine; la sua espressione, così umana, mi fece paura(...) E allora, col suo ultimo respiro, un respiro che premiava e insieme dissolveva tutte le mie speranze, sgorgarono (...) le seguenti parole, la cui umanità riconciliava con la specie: << Padrone, acqua. Padrone, padrone mio... >>

 e nel grido muto di Sosistrato, al quale viene sussurrato il segreto estremo dell'orrore, 

E Sosistrato, folgorato, annientato, senza emettere un grido, cadde morto. 

Non importa che si tratti della natura ondivaga dell'acustica o dello spettro del colore della musica, piuttosto che di piogge misteriose, o di materializzazione dell'anima, ogni racconto è un tassello di un disegno più ampio dal quale l'uomo esce sconfitto dall'incommensurabilità dell'ignoto che lo circonda, lo stesso uomo che, con scarsa psicologia e cieca ostinazione (un'ostinazione quasi venata di cretinismo) persiste nella sua scalata a quelle forze misteriose che, immancabilmente, gli esplodono tra le mani.
  Aspetto rilevante dello stile di Lugones, è l'imperturbabilità con la quale percorre le sue storie, come se non avessero una morale, nè una chiave di lettura capace di decifrarle. Avrebbero potuto tranquillamente essere inserite in un libro di Wilcock, e risultare assurde e disperatamente comiche, o essere lo spunto per i racconti di uno Stephen King, e risultare spaventevoli. Ma Lugones lascia che i suoi personaggi si muovano come figure bidimensionali, sostanzialmente privi di una psicologia vera e propria, e di una storia personale, e in questo senso è significativo che lo psicologismo più spinto (e riuscito, anche se ottenuto per semplici accenni) sia quello riferito ad una scimmia. La distanza, fredda ed elegante che Lugones pone tra sè e la materia narrata, rende i racconti quasi cronache che, come tali, non contengono in sè l'orrore che ci si può aspettare in un racconto; in questo senso, se l'orrore c'è, non è quello disegnato da Edgar Allan Poe, ad esempio. C'è, insita nell'imperturbabilità algida di Lugones, la stessa distante imperturbabilità del manifestarsi della natura e delle sue forze misteriose, ed è in questa imperturbabilità che si manifesta il perturbante della raccolta, sfrontata, fredda e agghiacciante.


Leopoldo Lugones (1874-1938) nacque nella provincia di Córdoba, in Argentina, ricevendo dalla madre una severa educazione cattolica e un’iniziale formazione letteraria. Dopo aver mosso i primi passi nell’ambito del giornalismo e della poesia (firmando i propri componimenti con lo pseudonimo di Gil Paz), intraprese un lungo viaggio in Europa, esperienza all’epoca considerata imprescindibile per far parte dell’élite letteraria di Buenos Aires.
Nel corso della sua vita fu giornalista, poeta – influenzato inizialmente dal simbolismo francese e poi dal modernismo europeo (in particolare nelle opere Los crepúsculos del jardín, 1905, e Lunario sentimental, 1909) –, ma anche prolifico autore di racconti (La guerra gaucha, 1905, Las fuerzas extrañas, 1906, Cuentos fatales, 1924), nonché studioso di occultismo e teosofia. Dopo aver aderito alla massoneria nel 1889, fu protagonista di successive giravolte ideologiche, passando dal socialismo al liberismo fino ad approdare al nazionalismo autoritario (con la fondazione, nel 1929, del partito parafascista Liga Repúblicana).
Il 18 febbraio 1938, in preda a una pesante crisi depressiva dovuta a delusioni amorose e politiche, Lugones si tolse la vita in un hotel di Tigre, ingerendo un mix letale di cianuro e whisky.