Morire soffocato da un pezzo di carne con un cappotto indosso nella propria stanza di hotel, non è il destino che si può aspettare il campione del mondo di scacchi, un genio assoluto, conosciuto per il suo stile d'attacco e per le sue costruzioni complesse. In effetti, per
Alekhine, quarto campione del mondo di scacchi ancora in carica al momento del decesso, sarebbe una morte a tal punto banale dallo sfiorare il ridicolo. Ma il narratore di
Teoria delle ombre, che potrebbe essere o non essere lo stesso autore (o un personaggio che incarna le ipotesi dello stesso Maurensig), si reca in Portogallo per reperire notizie di prima mano su quella che, per lui, è una fine poco chiara (nè banale nè ridicola), una versione ufficiale dietro la quale si nasconde altro. La ricostruzione degli ultimi giorni trascorsi da Alekhine all'Hotel do Parque, di Estoril, fino alla notte tra il 23 ed il 24 Marzo 1946, che occupa buona parte del libro, è dichiaratamente una ricostruzione romanzesca, ipotetica. Ovviamente, nella versione immaginata da Maurensig (e quindi dal suo narratore), la morte per asfissia è solamente la versione ufficiale di comodo. La verità è altra. Inquietante, complessa, segreta. Possiamo non svelarla, anche se è facile immaginarla, ma non è importante. Per quanto sia costruito come un giallo elegante che gioca con la storia dichiarando esplicitamente il proprio intento romanzesco,
Teoria delle ombre non è un giallo. Si legge come tale, ma non lo è. Maurensig è uno scrittore attento, dallo stile elegante, trattenuto, classico, che costruisce una struttura dall'impianto solido, che si autogiustifica, al solo fine di raccontare qualcosa di più di una detection che non sarebbe in grado di portare fino in fondo sul piano reale. Quindi non è un giallo e non è neppure un saggio giornalistico sulla morte (e sui misteri che questa porta con sè) di un grande scacchista. La biografia di Alekhine lo vede passare attraverso la Russia zarista, quella Sovietica, la Francia e la Germania nazista, sempre con una scacchiera in mano come sua unica bussola. Quanto sia stato anticomunista e quanto filonazista non è ben chiaro, e su questa opacità Maurensig immagina il conflitto interiore di un uomo perennemente in bilico tra poli opposti: alcolismo e lucidità geniale, megalomania e insicurezze umane (vedi il suo attaccamento feticista al vaso avuto in dono dallo Zar in persona), fama e solitudine, ricchezza e mancanza assoluta di denaro. L'Hotel do Parque è l'immenso palcoscenico, tetro e vuoto nell'inverno portoghese, nel quale Alekhine si aggira in attesa che la sua carriera ricominci. Il titolo di campione del mondo è sempre nelle sue mani, ma non gioca ad alti livelli da troppo tempo (da qui l'insicurezza che apre brecce nella sua megalomania), si sta separando dall'ennesima moglie (tutte più anziane di lui, forse nessuna amata veramente), non ha una lira (l'Hotel è pagato da altri) e trascorre il tempo in attesa che la vita abbia uno scarto e ricominci a scorrere, chiamandolo a recitare il ruolo da protagonista che gli compete. La tragica parentesi della grande guerra si è chiusa e il mondo sta prendendo le misure ad una nuova realtà, sullo scacchiere mondiale si sta schierando un rinnovato assetto geopolitico, la guerra fredda sta ponendo le proprie basi per occupare gli anni a venire e l'Europa è un enorme cantiere in cui chi non è morto si dà da fare per trovare un proprio posto nella ricostruzione e, spesso, per far dimenticare chi è stato e cosa ha fatto negli anni del conflitto. Le tensioni si spostano dai campi di battaglia agli scenari politici e alle strutture segrete di intelligence che si occupano di decidere quali saranno le prime mosse sulle quali giocare il nuovo futuro. Si costruisce su macerie, in un immenso camposanto. Mentre l'Europa brulica di spinte ricostruttrici e di un'energia convulsa e caotica, Alekhine rimane bloccato in una immobile attesa di qualcosa che gli permetta di riempirsi le tasche e di riprendere il corso della sua vita. Ed è in quell'hotel vuoto che Alekhine, proprio quando pare che il futuro reclami nuovamente la sua presenza, si trova ad affrontare i fantasmi del suo passato. Le accuse di antisemitismo e filonazismo, di aver trovato riparo e aiuto presso gerarchi del regime di Hitler, di aver scritto articoli che avrebbero diviso il mondo degli scacchi tra ariani ed ebrei, di non aver usato la sua fama per salvare colleghi scacchisti ebrei. Ma è stato davvero connivente e sostenitore del regime nazista, o semplicemente è stato un uomo e uno scacchista - uno dei più grandi di tutti i tempi - che si è trovato a barcamenarsi tra i marosi della storia. E' stato (quasi) un mostro, o semplicemente un uomo come tanti, incapace di eroismi, disposto a scendere a compromessi pur di salva(guarda)re sè stesso e la sua passione. E' vero che l'unica cosa che ha contato nella sua vita sono stati gli scacchi e che tutto quello che ha fatto, le scelte compiute, le svolte intraprese, tutto nella sua esistenza è stato in funzione di quei pezzi da muovere come un orchestra sul quadrato di una schacchiera? E quindi, è morto per morte accidentale, banale, ridicola, beffarda come spesso è la morte, o qualcuno ha deciso per lui il termine della sua esistenza? Le ombre che tormentano i suoi ultimi giorni sono reali, come ce le propone in effetti il narratore, o non sono altro che i simboli di una lotta interiore di un uomo incapace tanto di raggiungere il proprio futuro quanto di fare i conti col proprio passato?
Quello che resta, di quest'ultimo libro di Maurensig, è la solitudine di un uomo perso in sè stesso, dei suoi passi per i corridoi vuoti di un grand hotel all'estremo confine dell'Europa, di un mondo, quello degli scacchi, il suo, al quale si è votato totalmente e che, ad un certo punto, è parso non contare più nulla, o troppo poco, ma che da lì in avanti sarebbe divenuto un'arma essenziale della guerra fredda, un uomo quasi sicuramente antisemita, forse filonazista, un campione del mondo. Un uomo che, al di fuori della scacchiera, non riesce più a reggere il confronto con sè stesso e con le proprie azioni.
Il mondo degli scacchi ed i suoi protagonisti ancora una volta si dimostrano materiale narrativo ideale per Maurensig, anche se la struttura del libro, il suo oscillare apparentemente tra giallo e ricerca, pur in un suo formale equilibrio, toglie alla materia narrata la grandiosità tragica di cui avrebbe potuto ammantarsi. E' come se il coltello non affondasse mai nella ferita ma la slabbrasse appena per mostrarla in tutta la sua deforme bellezza.
So cosa non è (un giallo, un saggio storico, un indagine), ma quello che è (la tragedia dell'uomo di fronte a sè stesso ed alla propria coscienza) non lo è fino in fondo.
Nato a Gorizia nel 1943,
Paolo Maurensig, dopo aver compiuto gli studi
classici, si trasferisce a Milano, dove inizia a lavorare nel campo
dell'editoria. Parallelamente coltiva la sua passione per la scrittura,
pubblicando alcuni libri di racconti (
I saggi fiori,
All'insegna del Cigno, Ippocampo - Milano). Il successo arriva con la
Variante di Luneburg, (Adelphi 1993) il quale si rivela il caso letterario dell'anno.
Seguono, per i tipi della Mondadori,
Canone Inverso (1996), da cui è stato tratto l'omonimo un film diretto da Ricky Tognazzi,
L'ombra e la meridiana,
Venere Lesa (1998),
L'uomo scarlatto (2001) e
Il guardiano dei sogni (2003), la novella gotica:
Vukovlad, il signore dei lupi (Mondadori 2006) e
Gli amanti fiamminghi (Mondadori, 2007).
Per i tipi della Morganti editrice ha pubblicato di recente La Tempesta, il mistero di Giorgione e il romanzo: L'oro degli immortali. Nel 2012 sono usciti due libri: il breve saggio intitolato Il Golf e l'arte di orientarsi con il naso (Mondadori) e L'ultima traversa. (Barbera Editore). Sempre per Mondadori, è l'ultimo romanzo storico L'Arcangelo degli Scacchi.
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