"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

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domenica 13 dicembre 2015

Il cartello, di Don Winslow, Einaudi editore, trad. di Alfredo Colitto

Ottantamila vittime, e tutto ciò che abbiamo fatto è stato incoronare un altro re. E il nuovo re è il vecchio re.

  Torna Don Winslow e il suo Signore della frontiera, Art Keller, e le porte dell'inferno si spalancano per la seconda volta sul palcoscenico della (narco)follia umana. Dopo Il potere del cane la guerra alla droga torna ad essere la protagonista della narrazione dai toni secchi ed epici di Don Winslow e, ancora una volta, il risultato è un libro magnifico, disturbante, teso allo spasimo, violento, cupo ed adrenalinico, un romanzo di genere (un genere per certi versi creato dallo stesso Winslow) che però non si sottrae dal condurre i propri lettori ad una riflessione non tanto sulla sorte della guerra alla droga (che è quella di Don Chisciotte coi suoi mulini a vento) quanto sulla stessa natura umana. Art Keller è lontano, si occupa di curare le api in un convento e in cuor suo, se pensa a qualcosa, se immagina un futuro, lo immagina uguale a quel suo presente: immutabile, cadenzato, silenzioso e, soprattutto, pacifico. Il suo destino però è un altro. Adàn Barrera lo vuole morto, ha messo una taglia sulla sua testa, e così facendo lo richiama nel campo da gioco. Se ne Il potere del cane, Barrera traghettava il narcotraffico nell'era moderna,  impastandolo con l'economia legale fino a renderli indistinguibili l'uno dall'altra, ora deve riconquistare il suo posto all'interno del composito e movimentato puzzle di cartelli in lotta tra loro per tornare ad essere il Signore dei cieli o, per dirla all'italiana, il Capo dei capi. Ma negli anni trascorsi, il narcotraffico ha superato la modernità stessa e si è proiettato in un futuro che è a tutti gli effetti la peggior caricatura di medioevo possibile; Il Messico diventa così una sorta di Dune, un presente a tal punto folle da risultare fin troppo simile ad un futuro incarnato in una anarchia violenta e primitiva nella quale l'unica legge è quella della bruta sopraffazione. Ogni messicano sa che può morire di morte violenta in qualsiasi momento, senza alcun motivo apparente. O semplicemente senza alcun motivo effettivo. La guerra è dilagata e ha inglobato in sè ogni aspetto della società messicana, dalla sfera politica fino alla realtà dell''uomo comune. I narcos sono semidei cafoni e sociopatici che possono decidere della vita o della morte di chiunque, e come gli dei dell'antichità si sfidano per dimostrare l'un l'altro la propria onnipotenza. I Los Zetas passano da essere la milizia privata del Cartello del Golfo a vero e proprio cartello a sè, sparigliano le carte ed innalzano lo scontro ad un grado di barbarie mai visto. I morti si contano a decine al giorno, la tortura rappresenta un mezzo accettato per estorcere informazioni o anche solo per dimostrare la propria forza, per intimorire il nemico e la popolazione civile o, semplicemente, come sfogo di una perversione mentale che finisce con l'infettare collettivamente l'inconscio della nazione. La spirale di violenza si autoalimenta dei propri crimini generando nuovi criminali. L'uso politico della violenza e delle barbarie al servizio del commercio di droga che, col tempo, pur rimanendo il motore immobile che tutto muove, passa in secondo piano. Non è più solo questione di droga, è questione di potere in quanto tale. Si tratta di una guerra civile vera e propria che solo pochi individui hanno deciso di scatenare ma che tutti i messicani si trovano a combattere. Art Keller è mosso dalla sete di vendetta nei confronti del vecchio nemico di sempre Adan Barrera, ma col cambiare della alleanze e delle nuove priorità che, col mutare dello scenario politico, si vengono ad imporre, si troverà nella scomoda situazione di suo alleato. Juarez, centro della narrazione di Winslow, passata l'ondata di femminicidi, si trova ad essere sommersa da una realtà che pare essere fuggita direttamente dalla mente di un pazzo sanguinario: ormai le morti si ripetono incessantemente col passo funebre di una grigia normalità, il comando delle operazioni pare essere sfuggito di mano anche ai cartelli e gli omicidi che vengono commissionati alle gang locali non si capisce più da chi siano stati ordinati. I singoli sicarios, spesso giovani poco più che bambini, non capiscono per chi stanno lavorando, e al contempo non sanno da chi guardarsi le spalle. Non sapendo chi è il tuo capo e chi il tuo possibile assassino, si diffida di tutti e, spesso, si uccide tutti. La paranoia prende possesso di Juarez, di tutta la regione e delle menti dei suoi cittadini. Keller, osteggiato dalla polizia messicana corrotta, si dibatte in una corsa contro il tempo per uccidere Barrera, ma Los Zetas e la loro brutale follia omicida lo obbligano a cambiare, almeno temporaneamente, obiettivo. Vedrà morire giornalisti, donne, amici e si vedrà condannato a sopravvivere ad ognuno di loro. Si domanderà sempre più spesso se la guerra, quella guerra, ormai non lo abbia reso uguale ai narcos che combatte. Sull'impianto della reale storia recente della guerra al narcotraffico, il libro intesse la parabola umana di Art Keller e della sua utopica e sporca lotta contro i suoi personali mulini a vento, ma Il cartello è molto di più. Uno squarcio su un inferno reale, sulla pochezza di mezzi che l'umanità ha per opporsi a tale voragine, uno sguardo antipsicologico  e antisociologico sulla realtà messicana e sulle persone che quella realtà hanno creato ed imposto ad un intero paese. Il potere del cane e Il cartello sono l'Iliade e l'Odissea della guerra al narcotraffico e due opere imprescindibili della moderna letteratura e Winslow è il moderno Omero che canta una realtà fatta di dei sadici che al riparo dei loro personali monte Olimpo scatenano una carneficina dietro l'altra per soddisfare la vanità atavica di chi deve dimostrare di possedere il potere assoluto. La droga, che crea la ricchezza che tutto muove, diventa solo il mezzo per soddisfare tale vanità, e la violenza a sua volta il mezzo per ottenere la droga (o, per meglio dire, le plazas dalle quali farla transitare). I morti, innocenti o meno, non sono altro che i sacrifici che questi moderni dei sociopatici esigono come tributo alla loro follia. Perchè in Messico, perchè a Juarez? Perchè è il punto di incontro tra il paese che è il maggior consumatore mondiale di droga e il paese dal quale transita il maggior quantitativo di droga al mondo. Ormai la supplica Salvami dalla spada, dal potere del cane, non ha più senso. Nessuno è escluso, tutti sono coinvolti.

  Non sono le persone a governare il cartello, ma è il cartello a governare le persone.



Don Winslow (New York, 1953) è uno scrittore statunitense.
Viene considerato come uno degli autori più rappresentativi del poliziesco americano contemporaneo. È l'autore, tra gli altri, dei libri L'inverno di Frankie Machine e Il potere del cane, entrambi editi in Italia da Einaudi (collana Stile libero), rispettivamente nel 2008 e nel 2009.
Scrittore e regista teatrale e televisivo, nonché diverse volte attore e guida di safari, Winslow è stato anche un investigatore privato e consulente di studi legali ed assicurazioni. Vive in California, a San Diego, località in cui sono ambientati diversi suoi romanzi.
Ha esordito con il romanzo A Cool Breeze on the Underground, ancora inedito in Italia. Da The Death and Life of Bobby Z è stato tratto nel 2007 il film omonimo (uscito in Italia come Bobby Z, il signore della droga).
I diritti de L'inverno di Frankie Machine sono stati acquistati da Robert de Niro che ne trarrà un film, impersonandone il protagonista. Dal libro Le belve è stato tratto un film da Oliver Stone.

  Questo è il suo sito.

sabato 11 agosto 2012

Il potere del cane, di Don Winslow, Einaudi editore

Scampami dalla spada, dal potere del cane. Ve lo anticipo, sono le ultime parole del romanzo, ma vi posso assicurare che neppure se vi raccontassi tutta la storia narrata in questo libro per filo e per segno, dall'inizio alla fine, vi leverei nulla dell'esperienza straordinaria che è leggerlo. Un'esperienza straordinaria, lo sottolineo, non piacevole. Di piacevole, in queste 714 pagine, c'è ben poco. Nulla, forse. Ma la letteratura non ha il compito di essere piacevole, la lettura forse (e non è detto, non sempre comunque), ma non certo la letteratura che, al contrario, ha il dovere di guardare il mostro dritto negli occhi, secondo la definizione di Bolano, e questo libro fissa lo sguardo in quello del drago e non lo distoglie più, neppure per un secondo. Vediamo tutto, sentiamo tutto, tutto ciò che sta dietro le notizie dei telegiornali, i comunicati dei politici, le strategie dei governi e della Chiesa, i piani commerciali delle imprese, vediamo tutto quello che non dovremmo vedere, e sentiamo ciò che non dovremmo sentire. Winslow ha individuato nella guerra ai (e dei) narcotrafficanti messicani il centro del maelstrom (in 2666, l'inferno personale di Bolano era Santa Teresa, nella realtà Ciudad Juarez, sempre in Messico), il punto primigenio da cui scaturisce il male, quello assoluto, una delle porte da cui fa breccia e irrompe nel nostro mondo ma, al contrario di altri scrittori (e di molti registi), non usa l'ironia per dipingere - smorzandola - la violenza, non la iconizza, rimane esterno all'azione, si limita a registrare i fatti ed a riportarli, lasciando che siano questi, i fatti, le azioni, gli intrecci di interessi, le vite dei protagonisti a raccontare sè stessi. In questo senso, per presentarci e caratterizzare i suoi protagonisti (non ce n'è uno solo, è un romanzo corale, anche se al giorno d'oggi non usa più) non si perde in psicologismi, eppure riesce a renderli ugualmente tridimensionali, veri più che realistici, così come i fatti che, pur essendo fittizi, portano in sè la grana grossa della realtà. C'è un'avvertenza da tenere presente: questo libro è una sorta di frontiera, o di linea di demarcazione: quando la si supera, qualcosa dentro di noi cambia, irrimediabilmente. Art Keller, il signore della frontiera, agente della Dea ed ex militare di stanza in Vietnam, sacrifica ogni cosa, sè stesso e la sua famiglia, in nome di una guerra che, dirà in un momento di sconforto (uno dei tanti), non ha logica combattere. Il suo incubo, la famiglia Barrera - Tio, Adàn e Raul -, narcotrafficanti messicani che traghettano il businness della droga nella modernità, impastandolo con l'economia legale fino a renderli indistinguibili l'uno dall'altra. Nora Hayden, una bambina molestata, poi ragazzina facile e bellissima, ed infine prostituta d'alta classe, ma soprattutto una donna calata in un mondo che più perverso non si può immaginare, rispetto al quale il suo mestiere rischia di elevarla agli altari della santità. Sarà l'unica, assieme a Juan Parada, il sacerdote seguace della teologia della liberazione, a dimostrare di avere un'anima. Se ci si volta indietro, una volta terminato il libro, sono gli unici due personaggi che, pur navigando in mezzo a tragedie ed a mucchi di cadaveri, non si macchiano di nessuna morte, ma che, al contrario, tentano, ognuno dalla sua posizione ed ognuno per come può, di alleviare il carico di dolore assoluto e nero che la guerra tra la famiglia Barrera e Art Keller fa piombare su tutto e tutti, innocenti compresi. Bambini compresi. Questi personaggi, ed altri ancora, come Sean Callan, killer irlandese suo malgrado, quasi per caso, quasi controvoglia, intrecciano le loro vicende personali e si scontrano ed incontrano come su un palco: e questa è la finzione, ma il ring sul quale danno vita a alle loro traiettorie terrene, è un'altra cosa, è la storia, ma, ci tengo a precisare, non la Storia, quella con la S maiuscola che si studia sui libri, a scuola, o la cronaca che viene riportata dai giornali o alla televisione, è la storia che sta dietro alla Storia ed alla cronaca. Si parte dal Vietnam, dall'operazione Fenice, si passa per l'operazione Condor, per Cerbero, su su fino a Nebbia rossa, ed è la narrazione di come gli Stati Uniti e la Chiesa hanno combattuto la minaccia comunista nel mondo, vale a dire alleandosi con assassini, trafficanti di armi, mafiosi e dittatori. L'intero centro e sud america è stato violentato dalla politica sotto traccia degli Stati Uniti che, con la scusa della guerra al pericolo rosso (e non era solo una scusa, era uno dei motivi, il principale o, quantomeno, quello da vendere alla pubblica opinione; poi, in parallelo, c'erano le rivalse economiche, gli equilibri politici, i favori agli amici, ed agli amici degli amici che, tra l'altro, di solito erano mafiosi e/o dittatori) hanno torturato, devastato interi territori, mandato in rovina economie nazionali ed ucciso migliaia di persone, spesso innocenti, con operazioni al di fuori del diritto internazionale.
Il potere del cane è la tragedia greca del nuovo millennio, dove ogni individuo è portatore di una parte oscura del tutto e dove il destino pare essere qualcosa di ingovernabile e di invariabilmente crudele. Qualcuno si oppone, ma ciò non cambia di una virgola il risultato finale, il male è sempre e comunque il male assoluto perchè, in un modo o nell'altro il male è sempre assoluto e i singoli protagonisti non sono altro che marionette che di volta in volta lo incarnano. Chi si ribella a questo destino (il potere del cane appunto) e lo combatte in nome di ideali più alti subisce, come massima punizione, la conseguenza di diventare come coloro che combatte, nè più nè meno. E' un grande affresco, uno squarcio sull'inferno, sulla storia che lo ha incarnato, una riflessione che viene lasciata al lettore su dove stia la linea di demarcazione tra bene e male, e se, davvero, ci sia.

Se qualcuno avesse fatto come me, inziando a leggere Winslow da Le belve, non si lasci scoraggiare e si butti senza remore in questo Il potere del cane. Diversamente, vi perdereste un grande libro.

Don Winslow (New York, 1953) è uno scrittore statunitense.
Viene considerato come uno degli autori più rappresentativi del poliziesco americano contemporaneo. È l'autore, tra gli altri, dei libri L'inverno di Frankie Machine e Il potere del cane, entrambi editi in Italia da Einaudi (collana Stile libero), rispettivamente nel 2008 e nel 2009.
Scrittore e regista teatrale e televisivo, nonché diverse volte attore e guida di safari, Winslow è stato anche un investigatore privato e consulente di studi legali ed assicurazioni. Vive in California, a San Diego, località in cui sono ambientati diversi suoi romanzi.
Ha esordito con il romanzo A Cool Breeze on the Underground, ancora inedito in Italia. Da The Death and Life of Bobby Z è stato tratto nel 2007 il film omonimo (uscito in Italia come Bobby Z, il signore della droga).
I diritti de L'inverno di Frankie Machine sono stati acquistati da Robert de Niro che ne trarrà un film, impersonandone il protagonista. Le belve è il suo ultimo libro, e ne è stato tratto un film da Oliver Stone, che probabilmente uscirà in autunno nelle sale italiane.

mercoledì 25 luglio 2012

Le belve, di Don Winslow, Einaudi editore

Allora, c'è Ben, diciamo che è il cervello, c'è Chon, che è il braccio, c'è Ophelia, che si fa chiamare semplicemente O, che è la bella e svampita e ricca e simpatica e problematica; poi, dall'altra parte c'è il cartello della Baja California. Ben e Chon, uno pacifista e filantropo, cresciuto ed educato in una famiglia di ex hippie sinistrorsi e l'altro, che va e viene dall'Afghanistan come marines, che ha finito per accettare l'idea di essere pagato dallo stato per uccidere altra gente che, d'altronde, altrimenti ucciderebbe lui. Ben, in fondo, crede, nella possibilità dell'uomo di redimersi e nella sua fondamentale bontà, Chon disprezza l'umanità intera e sa perfettamente di farne parte. Insieme hanno avviato e gestiscono un'attività di produzione e spaccio di mariujana, la migliore che c'è sul mercato (non entro nei dettagli, ma viene miscelata a seconda del cliente tra indica e sativa, eccetera eccetera eccetera). Il cartello criminale della Baja California ha deciso di prenderne possesso, dal momento che ha la necessità vitale di espandersi negli Stati Uniti. Com'è facile da immaginare, ad un cartello, che sia Baja California o altro, non si può dire di no. Ben e Chon ci provano. Ophelia, che ha una relazione alla luce del sole con entrambi, suo malgrado, diventerà moneta di scambio ed ago della bilancia della trattativa. Non dico di più, perchè in questo libro, la trama è tutto. Più che la trama, direi (perchè la trama in effetti non è tutta quella gran novità inusitata) in questo libro i colpi di scena sono tutto. In effetti, fino a che le situazioni non si incastrano per dare il via all'azione, il libro, onestamente, non sa di molto. Peggio, stucca per il tentativo continuo di utilizzare una lingua letteraria molto alla Ellroy, ma più paracula, sempre attenta ai giochi di parole (molti dei quali, quantomeno in italiano, sono solo d'intralcio alla lettura) ed a strizzare l'occhio ad un pubblico giovane e cinematografaro. E difatti: Oliver Stone, maestro del genere (vedi U turn, un finto pulp imbellettato, ma comunque piacevole e ben fatto: solo non verace... come dire? paraculo!) ne ha tratto un film che, con ogni probabilità sarà pure un bel film, speriamo, e che, immagino, utilizzerà il libro come pura e semplice sceneggiatura. Perchè in effetti questo Le belve non è molto altro. Alcuni capitoli sono scritti addirittura secondo i dettami tecnici di una sceneggiatura: esempio: esterno giorno, Chon: blablabla. Ben: blablabla, eccetera, come se l'autore stesse ricordando al regista di turno che legge il libro che quello che ha davanti agli occhi è proprio quello che pensa, una sceneggiatura bella e pronta! Il libro è diviso in 290 capitoli, per lo più brevi o brevissimi, che diventano sincopati sul finale, quando l'azione incalza maggiormente e il pathos cresce. Dicevo, dal momento in cui è l'azione a prendere il sopravvento, diventa una lettura filante, che ti costringe ad andare avanti di buona lena, come si sul dire: ti tiene incollato alla pagina. Non è male, ma sa, come dire? di plastica. Un libro preconfezionato e molto furbo che ci si può aspettare da un esordiente che cerca disperatamente una pubblicazione, non da quello che viene considerato un maestro del genere. Poi viene il dubbio che gli sia stata prima commissionata la sceneggiatura e solo in un secondo momento ci abbia tirato fuori, con pochi colpi di pennello qua e là, un romanzo fatto e finito. Pare che Il potere del cane sia il suo capolavoro, e sbirciando un po' in libreria mi sembra che la scrittura sia quello che ci si aspetta da un buon poliziesco e non strizzi l'occhio a niente ed a nessuno. Speriamo, mi riservo di leggerlo, nella speranza che sia qualcosa di diverso da questo Le belve che, diciamo, non è malaccio, ma neanche poi un granchè. E sa di plastica.

Don Winslow (New York, 1953) è uno scrittore statunitense.
Viene considerato come uno degli autori più rappresentativi del poliziesco americano contemporaneo. È l'autore, tra gli altri, dei libri L'inverno di Frankie Machine e Il potere del cane, entrambi editi in Italia da Einaudi (collana Stile libero), rispettivamente nel 2008 e nel 2009.
Scrittore e regista teatrale e televisivo, nonché diverse volte attore e guida di safari, Winslow è stato anche un investigatore privato e consulente di studi legali ed assicurazioni. Vive in California, a San Diego, località in cui sono ambientati diversi suoi romanzi.
Ha esordito con il romanzo A Cool Breeze on the Underground, ancora inedito in Italia. Da The Death and Life of Bobby Z è stato tratto nel 2007 il film omonimo (uscito in Italia come Bobby Z, il signore della droga).
I diritti de L'inverno di Frankie Machine sono stati acquistati da Robert de Niro che ne trarrà un film, impersonandone il protagonista. Le belve è il suo ultimo libro, e ne è stato tratto un film da Oliver Stone, che probabilmente uscirà in autunno nelle sale italiane.