Una casa, la pianura che si estende senza fine e colma l'occhio di vuoto, e uno scrittore in cerca di solitudine e ispirazione: non serve altro. Questo ultimo libro di Andrea Morstabilini ha bisogno davvero di pochi elementi per creare la giusta atmosfera in cui immergere il lettore, pochi punti cardinali che gli permettono di navigare con sicurezza in una storia che ha il passo lento del classico e l'ambientazione che ribalta il south gothic nostrano per riversarsi nettamente sul gotico padano. Dunque, una casa presa in affitto per isolarsi e potersi dedicare a scrivere un libro del terrore, un contratto d'affitto singolare, economico ma con clausole strambe, una casa che pare avere una personalità tutta sua, un profilo unico, sghembo, uno sguardo, un respiro, la solitudine che la circonda come un collier circonda il collo di una, nobile, vecchia signora. Il protagonista ci conduce in prima persona dentro la storia, passo per passo. Il caldo dell'estate, le valigie, la macchina da scrivere che deve arrivare, il giardiniere, la donna delle pulizie, le stanze, la sensazione misteriosa che si avverte quando si entra per la prima volta in una vecchia casa disabitata per molto tempo, l'impressione che qualcosa della vita passata sia rimasta intrappolata tra le mura, nei battiscopa, dietro i mobili, un brivido freddo (piacevole, all'inizio) che smorza la calura oppressiva della pianura cotta dal sole estivo. Lo scrittore prende possesso del suo nuovo spazio, espone i libri che si è portato con sè per farsi ispirare, lascia che l'odore della casa gli percuota le narici, sbircia stanza per stanza, e fuori dalle finestre. Si appresta far conoscenza con la sua nuova dimora, ma le vecchie case, come le vecchie, nobili, signore, sono piene di sorprese e ricche di passato, strane e misteriose, e di solito non sono facili a stringere nuove amicizie. Il centro del mistero si annida nella soffitta, laddove una grata e poi un muro non permettono di andare oltre, nemmeno col solo sguardo. Ma, quindi: cosa si cela dietro la grata, oltre il muro? Perchè quel "qualcosa" è stato nascosto, chiuso a chiave come si fa con le bestie feroci per assicurarsi che non possano fuggire e divorare nessuno? Inoltre: perchè il giardiniere sembra scavare e coprire sempre le stesse due fosse, giorno dopo giorno? Cosa nasconde la scontrosità della donna delle pulizie?
La storia è tutta qui, e non è poco, perchè si confronta con i classici del romanzo gotico e delle storie del terrore e, soprattutto, perchè avanza in un territorio liminale che per sua stessa natura non ha definizione, nè forma. Cos'è che ci fa paura? L'indagine avanza per accumulo di ipotesi, e noi con essa: ci troviamo in una possibile storia di fantasmi, poi in un Amityville Horror in salsa padana (o una Hill House di provincia) dove è la casa ad avere un'anima, poltergeist, possessioni, ritorni dal passato, svitati esoteristi, il giro di giostra è lungo e scandaglia tutti i ripostigli nei quali ci si aspetta di trovare un cadavere, ma, senza voler spoilerare, l'operazione di Morstabilini è più fine, non si limita ad aprire una finestra sulla nostalgia del passato della letteratura di genere, e nemmeno si pone l'obiettivo, il genere gotico, di volerlo modernizzare a tutti i costi, va più a fondo o, per meglio dire, il percorso che traccia segue un passaggio molto sottile, quasi invisibile, che si intuisce alla fine per sottrazione: vale a dire: se non è una storia di fantasmi (ma davvero poi non lo è?), se non si tratta di poltergeist, o di presenze, o di una casa con un'anima, cosa rimane? Di cosa è fatta, qual'è l'essenza materica ed immateriale che modifica la realtà e la rende misteriosa, pericolosa, incombente su un essere umano che viene ridimensionato a semplice comparsa, essere minuscolo, ininfluente, impotente che, al più, può cercare di comprendere il mondo oscuro nel quale è inscritto, senza peraltro (questa è la condanna dell'essere umano) mai riuscirvi? Alla fine della storia lo si intuisce; o forse è solo l'affacciarsi di un'ultima estrema ipotesi che possa contenere tutte le stranezze che la storia ha riversato sullo scrittore.
Un gran bel libro, che si fa beffe delle attuali esigenze di stili vertiginosi, veloci, psichedelici, ma che segue il passo lento del camminatore, che trova il tempo di (guardare e) vedere il paesaggio e al contempo di seguire il corso delle proprie elucubrazioni, avanza lento ed elegante, scandaglia la realtà che lo circonda, e si tende per cercare di intercettare suoni inesplicati, scricchiolii, fruscii, il respiro della casa e della pianura che, spesso, procedono all'unisono. I richiami ai classici, come detto, sono molti, ed evidenti, chiari omaggi ai grandi della letteratura (li trovate riportati nella sinossi). Ma c'è anche il cinema di Pupi Avati, i richiami all'opera di Eraldo Baldini e, infine, il piacere fanciullesco di ascoltare in silenzio le storie che, bambini, non ci permettevano di dormire.
Una nota particolare, personale, mi permetto, per la copertina, che trova assolutamente perfetta.
Andrea Morstabilini (1983) è editor e traduttore. per Il Saggiatore ha curato la nuova edizione de Le montagne della follia, di Lovecraft (2018), e ha pubblicato il romanzo Il demone meridiano (2016)
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