"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

sabato 28 marzo 2015

Annientamento, di Jeff Vandermeer, Einaudi

Annientamento è il primo libro di una trilogia dedicata all'Area X, ed è un bel libro, ben scritto, piacevole quanto disturbante. Difficile smettere di leggerlo (anche perchè 182 pagine non sono propriamente un traguardo irraggiungibile ai più). Se vogliamo dar retta al Re del Brivido, alias Stephen King (e vogliamo, vogliamo), ci troviamo di fronte ad un racconto "inquietante e affascinante", e in effetti è così. Un particolare: nell'intero libro non incappiamo mai in un nome proprio, e neppure in un cognome se è per questo: ogni personaggio è identificato per il suo ruolo: l'antropologa, la psicologa, la biologa, il marito, e via discorrendo. Non so se sia un record, ma mi pareva giusto sottolinearlo. Allora, l'Area X è una zona del pianeta nella quale le normali leggi fisiche e biologiche non trovano applicazione, comunque non sempre. Accadono fenomeni strani, inspiegabili. E per questo l'area è una sorta di "no fly zone" nella quale l'agenzia governativa incaricata di studiarla, la Southern Reach, invia, una dietro l'altra, diverse missioni composte da scienziati specializzati in un determinato campo (biologi, psicologi, glottologi, topografi), nella speranza di... Ecco il primo mistero: nella speranza di cosa? Di mapparne la zona nella speranza di scoprirne i segreti? Di individuare il fenomeno iniziale che ha cambiato le leggi naturali dell'area? Nella speranza di capire il funzionamento delle nuove leggi? O forse di decriptare misteriosi messaggi che compaiono sulle mura di una sorta di Torre rovesciata scavata nel terreno? O semplicemente gli specialisti inviati non sono altro che offerte sacrificate a... E qui, nel caso venisse sciolto il primo mistero, appare il secondo: offerte sacrificate a chi? O a cosa? E via con le successive domande senza risposta: perchè la maggior parte dei membri delle spedizioni precedenti non ha fatto ritorno? E perchè quelli che sono tornati - senza peraltro conservare il benchè minimo ricordo di come hanno fatto a fuggire dall'Area X - non sono più gli stessi, paiono anzi gusci svuotati? La Southern Reach nasconde forse dei segreti, offre davvero tutte le informazioni di cui è in possesso agli esploratori che invia in missione? In trent'anni, il numero delle missioni è stato - prima di quella oggetto della narrazione - di sole undici, o forse alcune sono state tenute segrete al mondo? Il libro Annientamento, di Jeff Vandermeer, è il diario narrato in prima persona dalla Biologa, che decide di far parte della missione per trovare notizie del marito, membro della missione precedente, tornato a casa senza memoria, svuotato, e poi morto misteriosamente poco dopo. Il rapporto della Biologa col marito era stato anche quello una sorta di guscio vuoto, colmo di silenzi, incomprensioni e quant'altro può riservare un matrimonio non troppo felice pur senza essere un disastro. Cosa è capitato al Marito durante la sua spedizione? E che ruolo ha il Faro nei fenomeni che si ripetono nell'area? Cosa accadde in quel faro, e che fine ha fatto il suo guardiano? Perchè i membri delle varie missioni, in breve tempo, sbroccano di testa e si suicidano, o si uccidono a vicenda, o scompaiono nel nulla (a volte ricomparendo in maniera inspiegabile presso le loro abitazioni solo per fare la figura di zombi smemorati)? Alla fine le domande sono infinite, ma si condensano sostanzialmente in una sola: cosa diavolo capita nell'Area X? Ma questa domanda in realtà, per i membri delle spedizioni, si muta in qualcosa d'altro: li pone di fronte a dubbi, domande, paure e altri mostri che, da qualche parte, si portano dentro e, quindi, in una chiave di lettura classica vuole che ci si domandi: ma l'Area X è fuori o dentro di noi? E se esiste realmente, non è forse una concrezione dei nostri incubi? Ripeto, il libro è ben scritto, di una scrittura tersa (tersa ma pure tesa) ed essenziale, drammatica quel tanto di indispensabile al tipo di narrazione, cassata qualsiasi tipo di ironia, per quanto sottile; e la trama è senza dubbio avvincente, quindi un libro da consigliare, ma. Ecco il ma. Se fosse stato scritto prima della serie culto televisiva Lost, sarebbe stata una pietra miliare del genere, assolutamente. Un fenomeno editoriale eccetera. Ma venendo dopo, rimane "solo" un bel libro (e comunque non è poco). Voglio dire: è Lost, senza isola, senza aereo caduto, ma il meccanismo è lo stesso, le tecniche narrative altrettanto (rimbalziamo tra il presente pieno di mistero e tensione dell'Area e il passato della Biologa, da bambina, da giovane, da moglie). Considerando che la fine della serie televisiva tirava in ballo questioni un tantino nebulose che hanno deluso tanta parte dei fan, e prendendo atto che la fine di questo libro in qualche maniera si ricalca la fine della serie tv, mi domando come verranno affrontati i successivi due libri della trilogia (Autorità - in pubblicazione a Giugno - e Accettazione - in pubblicazione a Settembre). La paura è che scavino in quel territorio informe e allucinato che poco ha a che vedere con il mistero e la logica (e con la logica del mistero) e molto con l'abilità dell'autore di inventare mondi, colori, forme che non esistono e che alla lunga (ma anche non troppo alla lunga) tendono a diventare mortalmente noiosi (in questo primo libro la dose di allucinazioni è calibrata al punto giusto, bisogna ammetterlo). La speranza invece è che le prossime puntate sappiano mantenere alta la tensione e spiattellarci nuovamente un mistero dopo l'altro, magari con qualche cambio di prospettiva che risulti anche un ottimo colpo di scena. Comunque, io aspetto il prossimo volume, e credo che chiunque ha amato Lost e (quindi, giocoforza) amerà questo libro, non potrà far altro che seguire fino all'ultimo le avventure dell'Area X.

  Una postilla: la copertina trasparente è fantastica, e le illustrazioni di Lorenzo Ceccotti notevoli.



Jeff VanderMeer è autore di racconti e romanzi con cui ha vinto il BSFA Award, il World Fantasy Award, il Nebula Award, e con cui è stato finalista allo Hugo Award. Scrive per numerose testate fra cui il «New York Times», il «Guardian» e il «Washington Post». Nel 2015 Einaudi ha pubblicato Annientamento, primo volume della Trilogia dell'Area X.

venerdì 20 marzo 2015

Rio Fugitivo, di Edmundo Paz Soldàn, Fazi editore

Rìo Fugitivo, la città che dà il titolo al romanzo, in realtà non esiste se non nella fantasia, fervida, di Roberto, il protagonista. Cochabamba, come tutti sanno, esiste, ed è una città della Bolivia, il teatro dell'azione del romanzo, la città dove Roberto e i suoi amici vivono, crescono e vanno a scuola. Siamo negli anni '80, in quella stretta (strettissima, risicata) fascia sociale che è la buona borghesia boliviana, famiglie che, in un paese piagato dalla povertà e dall'instabilità politica, sempre sull'orlo di un golpe de estado, possono permettersi una vita agiata, una buona istruzione per i figli alla scuola Don Bosco che li destinerà irrevocabilmente ad un futuro alla guida del paese. I loro anni 80 (borghesi, boliviani, cochabambini) sono incredibilmente simili ai nostri: stessi miti, stessi programmi tv importati dagli Usa, capigliature, modi di vestire, gadget: un presente scontento di sè stesso incapace di pensare ad altro se non che il futuro sarà diverso, dovrà esserlo per forza, ma senza saper immaginare come. Negli anni 80, a Cochabamba, al Colegio Don Bosco, Roberto è (era) un bravo ragazzo, per quello che può permettersi di esserlo un ragazzino di quell'età, ma sogna il delitto perfetto in un mondo che non esiste, in una città che non esiste, Rìo Fugitivo appunto, e immagina un ispettore, che non esiste, Mario Martinez, capace di risolverlo. Legge molto, solo gialli (ha saccheggiato quelli letti da suo padre e trovati in casa, e da allora non si separa dal genere), soprattutto Agatha Christie, e vive sospeso in una dimensione dove la divisione tra luce ed ombra, bene e male, "Chinatown" (la zona della classe presidiata dai cattivi elementi) e resto del mondo sfuma continuamente in una twilight zone nella quale ognuno, proprio malgrado, recita una parte (è quella parte, è quella storia che racconta di sè), incapace di capire se sia la parte giusta per sè e soprattutto di scegliersela fino in fondo (siamo noi a decidere chi siamo o non è, forse, l'ereditarietà a decidere al posto nostro, a nostra insaputa?) La famiglia di Roberto è intrappolata in un mondo di sogni mal riusciti: il padre sogna utopie golpiste destrorse, la madre sogna -come per miracolo - di vedere sparire il marito, Silvia, la sorella, sogna che il patrigno (il padre biologico di Roberto e Alfredo) si accorga di lei e si decida a considerarla una figlia e non un'intrusa e, in mancanza delle attenzioni paterne (o forse proprio per attirarle su di sè), non sa decidersi se dedicarsi al suo amore (finto)francese o se dedicarsi anima e corpo all'università, e Alfredo non si sà nè cosa pensi nè tantomeno cosa sogni (si arriverrà a supporlo, almeno questo, alla fine del romanzo). Alfredo è il fratello più giovane di Roberto, ed è un mistero, un angolo nero, un pugno chiuso, ognuno lo vede con occhi diversi, tutti lo interpretano, lui è un vulcano, è simpatico, attivo, ma al contempo sinistro: incendia un prato in cui rimarrà sfigurato un senzacasa, fa uso di sostanze illecite, si eclissa, scivola via dalle attenzioni di una famiglia troppo distratta dai propri problemi, reali o immaginari che siano fa poca differenza, anzi, non ne fà affatto.. Poi muore, Alfredo. Con un alfiere in mano. E ogni cosa cambia, senza in realtà cambiare davvero, almeno apparentemente. Roberto, una volta per tutte, si sente addosso i panni Mario Martinez e Cochabamba si trasforma sinistramente in Rìo Fugitivo (una Twin Peaks - un luogo oscuro dell'anima innanzitutto - in salsa latinoamericana). Chi ha venduto la droga che ha portato Alfredo alla morte? Quale dei compagni? O si tratta della figura (para)leggendaria dello Scacchista? O qualcun altro ancora? Cosa significa l'alfiere stretto nella mano di Alfredo? Chino è colpevole, o lo è Mauricio? Chi è, realmente, cosa? Ma questo splendido romanzo non è un libro giallo, il delitto perfetto non c'è, e se c'è non lo sappiamo, e se anche lo immaginiamo in realtà non frega niente a nessuno: Alfredo è morto per tutta una serie di ragioni e concause che non verranno mai totalmente svelate, punto. Il vero protagonista del romanzo è il romanzo stesso: mi spiego: le storie. Le storie che ognuno dei personaggi racconta agli altri e quelle che racconta a sè stesso. Tutti raccontano (anzi, tutti raccontiamo) una storia ma, soprattutto, tutti sono una storia, anzi, tutti siamo una storia. E la realtà è l'intreccio inestricabile delle infinite storie più o meno innocenti, più o meno manipolatorie che tutti noi raccontiamo e ci raccontiamo. C'è un ma, ossia: quanto, delle storie che siamo, dipende dall'ereditarietà? Vale a dire: le storie che si sono raccontati i nostri avi, e quindi le storie che sono stati i nostri avi, quanto influiscono sul nostro destino, sulle storie che noi, raccontandocele, siamo? In questo senso Rìo Fugitivo è un romanzo sul romanzo: racconta una storia (quindi un intreccio di storie) che si domanda cosa saremmo, se non fossimo storie. E la risposta, come il delitto perfetto, non c'è: è solo un libro, un romanzo, che diventa tale nel momento stesso in cui racconta delle storie, cioè racconta sè stesso. Proprio come capita a noi.

Edmundo Paz Soldán
Nato a Cochabamba nel 1967, laureato in Scienze Politiche, ha conseguito un PhD in Letterature Ispanoamericane presso la University of California Berkeley e recentemente ha vinto la prestigiosa Guggenheim Fellowship, che conferma la sua statura di talentuoso scrittore. Ha pubblicato i romanzi: Dias de papel (1992), Rio fugitivo (1998), Sueños Digitales (2001), El Delirio del Turing (2003) e Palacio Quemado (2006) Norte (2011), Iris (2014) e La materia del deseo (2002) (in Italia sempre per Fazi, nel 2008: La materia del desiderio). I suoi libri di racconti sono Las mascaras de la nada (1990), Desapareciones (1994) Amores imperfectos (1998) . Insieme ad Alberto Fuguet ha curato un’antologia di racconti di giovani scrittori latinoamericani residenti negli USA (Se habla español, 2002). Ha curato, insieme ad Gustavo Faveròn Patrian la raccolta di scritti su Roberto Bolano: Bolano salvaje (in italiano Bolano selvaggio, Senzapatria edizioni)  Vive nello Stato di New York e insegna alla Cornell University.