"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

domenica 30 ottobre 2016

L'uomo che non fu giovedì, di Juan Esteban Constaìn, Fazi editore, trad. di Andrea Rigato

La Chiesa Cattolica, nella persona del suo massimo rappresentante, Papa Benedetto XVI (attraverso il caldeggiamento di Bergoglio, all'epoca arcivescovo di Buenos Aires), intende, per la seconda volta (la prima nel 1958), valutare la santificazione di Gilbert K. Chesterton, lo scrittore umorista cattolico inglese, morto nel 1936. L'io narrante di questo libro, in tutto o comunque in larga parte sovrapponibile all'autore, in quanto conoscitore dell'antica lingua britannica viene incaricato in gran segreto di tradurre l'incartamento (il cui testo è, in parte, vergato nella antica lingua britannica di cui sopra) che avrebbe dovuto dare il là, già nel 1958, all'iter interno vaticano per poter iscrivere lo scrittore londinese tra i santi del calendario. Ma, dietro la volontà vaticana risiede un segreto, un compito che Chesterton avrebbe svolto in favore dell'allora Papa Pio XI, della Santa Madre Chiesa e della comunità cattolica tutta. Non sta qui svelare quale sia la natura del segreto in questione, dal momento che proprio tale segreto è il motore immobile attorno al quale move la trama e l'altre sottotrame, posso solo spingermi a dire che tale segreto ha a che vedere con le esperienze giovanili di Chesterton con la tavola ouija. Il grande umorista non ha infatti mai fatto mistero di essere stato scapestrato in gioventù e, sotto l'impulso del fratello Cecil e di una curiosità che spesso sfogava nella sventatezza, di aver trafficato con l'aldilà e lo spiritismo. Quindi: abbiamo un piano del presente (il presente in cui il maggiordomo del papa, Paolo Gabriele, sottrae una montagna di documenti segreti al Vaticano: vedi Vatileaks) in cui l'io narrante (in tutto o in parte riconoscibile con l'autore stesso) viene incaricato di tradurre un incartamento del 1958 nel quale si proponeva  Gilbert K. Chesterton quale soggetto ideale per la santificazione. Poi: un piano del passato nel quale un Chesterton ancora in vita, siamo nel 1929, viene incaricato da Pio XI di un compito (segreto, segretissimo) a favore della Chiesa tutta. E inoltre due punti fermi: la proposta di santificazione del 1958, e quella attuale, sulla quale viene chiamato a lavorare il protagonista ("Percy Thrillingthon"), proposta attuale che altro non è che una ripresa di quella precedente, all'epoca interrotta perchè papa Giovanni XXIII ad un certo punto, nel suo sforzo di aprire la Chiesa al mondo ed alla purificazione, aveva rivolto la sua attenzione e le sue energie a più altri intendimenti, nel caso specifico al concilio vaticano secondo. Tutto questo, e molto altro, in meno di 190 pagine (189 per essere precisi). "Detto chiaramente, senza giri di parole, quello che il papa voleva", ovvero il segreto che è motore immoto del romanzo, lo si scopre in apertura del capitolo VIII a pagina 132. Nelle restanti 57 pagine avviene tutto, sia sul piano del 1929 che su quello del presente. Ora, la buona notizia è che, pur citandolo in diverse occasioni, questo non è un libro scritto da Dan Brown o, peggio ancora, "alla Dan Brown". Il mistero c'è, il segreto pure, c'è la Chiesa, le sue alte sfere, gli accenni alle guerre intestine, ai vari scandali, dalla pedofilia, allo Ior, c'è Benedetto XVI e c'è pure Bergoglio, ma l'approccio ironico e disincantato di Constaìn ci permette di tenerci alla larga dal solito complottismo di maniera. Il tono è fintamente colloquiale o, forse, fintamente erudito (non che non lo sia, ma finge a tal punto di non esserlo da far venire il dubbio che poi, così erudito, non lo sia per davvero). La storia viene affrontata con un taglio post moderno, un (finto?) gonzo journalism ( finto a seconda che la narrazione sia o meno rispondente, in parte o in tutto, alla realtà), del tipo: vi racconto una storia, che è reale, e in parte lo è di sicuro (sulla santificazione di Chesterton, vedere QUI), in questa storia ci sono anche io, io narratore, ma non chiarisco fino a che punto tutta la storia sia reale, fino a che punto io narratore abbia preso davvero parte alla storia reale (spaziamo dallo zero al cento per cento). E per tenere in piedi questo mistero per un numero di pagine sufficienti a giustificare un libro, e non volendo ricalcare le orme di Dan Brown (direi che è il merito maggiore di Constaìn), mischio le carte, la tiro per le lunghe, affabulo, o cerco di farlo, incanto il lettore con la mia ironia. Non dico che Constaìn non ci sia riuscito, almeno in parte, tutta la vicenda storica infatti è ben trattata, con tono leggero ma senza mai permettere al lettore di perdere interesse nei confronti del plot; anche gli inserti di santificazioni - chiamiamole così - bislacche (tipo quella del paese che, al tempo delle crociate, intero si mosse in direzione della terrasanta, senza peraltro avere la minima idea di che direzione dover prendere, per poi giungere in Ungheria, scambiandola per la terra di Gerusalemme, e facendosi spogliare di ogni bene) sono piccole gemme digressive assai piacevoli, disarmanti a tratti. Le parentesi dedicate a sir Arthur Conan Doyle, a Lennon, a George Bernard Shaw, Mussolini ed alla vita privata di Chesterton, sono di indubbio interesse. Ma: un intero primo capitolo dedicato a Casanova ed alla sua fuga dai Piombi, è assolutamente dissonante rispetto al resto del testo. Gratuito. Non basta infatti riprendere il nome di Casanova qua e là nel corso della narrazione per giustificare un intero capitolo a lui dedicato, né il semplice fatto che l'azione in quel momento si svolgesse a Venezia è motivo sufficiente, ovviamente. Senza quel capitolo, la trama non cambia di una virgola, anzi, essendo già abbastanza complessa e costretta in un numero non altissimo di pagine, ne avrebbe tratto giovamento. La continua tecnica dell'eco, vale a dire la ripresa ossessiva di frasi e concetti ripetuti tali e quali alla lunga sono assolutamente snervanti ("basta nascere"), come è demenziale (e, anche in questo caso, gratuito) il vezzeggiativo col quale viene spesso indicato il maggiordomo del papa, Paolo Gabriele, "Paoletto". Il libro è indubbiamente interessante, leggero, fin troppo, anche confusionario, ricco, post moderno, ma soprattutto è assai paraculo. La necessità di piacere a tutti e a tutti i costi traspare indubbiamente oltre le intenzioni dell'autore, rendendo il tessuto del testo una palestra dove mettere in mostra tecniche che a volte non vengono maneggiate con sufficiente sapienza ( comunque indubbiamente non con la dovuta prudenza), e la foga di voler mettere molta carne al fuoco non ha permesso la lucidità necessaria per dare un maggior equilibrio alla struttura della narrazione. L'episodio della santificazione di un mostro sacro della letteratura come Chesterton è un espediente assolutamente ghiotto per mettere in moto una storia, ma la storia pare essere stata costruita per mettere in evidenza la bravura e la simpatia dell'autore. E questo non basta, non funziona, non è letteratura. E dire che il materiale per intessere un elogio dell'idiozia umana c'era tutto; immagino lo stesso materiale in mano ad un Hunter Thompson. Rimane il retrogusto dolciastro di troppo zucchero profuso a piene mani, e l'amaro di non veder chiarite le motivazioni che dovrebbero portare alla santificazione di Chesterton, né tantomeno i presunti miracoli a lui imputati.

 Juan Esteban Constaìn è nato nel 1979 a Popayán, in Colombia, da padre colombiano e madre italiana. A 37 anni è considerato un intellettuale di riferimento nel suo paese. È storico, professore universitario, giornalista per «El Tiempo», musicista e scrittore. Poliglotta (parla sette lingue compreso l’italiano), ha tradotto dal greco e dal latino molti libri, tra i quali Il breviario della storia di Roma (città che ama molto) di Eutropio. Ha esordito nel 2004 con Los mártires, una raccolta di racconti. Nel 2007 ha pubblicato El naufragio del Imperio e nel 2010 Calcio! Con L’uomo che non fu Giovedì ha vinto il Premio Biblioteca de Narrativa Colombiana.


domenica 9 ottobre 2016

Valporno, di Natalia Berbelagua, Edicola edizioni, trad. di Rocco D'Alessandro

I racconti riuniti in questa raccolta, uscita in Cile nel 2011 per l'editore Emergencia Narrativa, sono stati ricevuti dal mondo letterario latinoamericano come uno schiaffo in pieno volto (un po' come, all'epoca, Shangay baby di Zhou Wei Hui per la Cina) ma, al contrario di quanto si possa pensare, lo scandalo reale non risiede nel "porno" del titolo, quanto nel nichilismo che permea ogni narrazione, ogni gesto ed ogni pensiero dei protagonisti. In realtà, di sesso praticato, in questi racconti non ce n'è poi molto (e in diversi racconti non ce n'è punto) e quel po' che emerge è comunque raccontato dalla voce narrante dei vari racconti e mai dall'autrice in presa diretta. Lo scandalo risiede più che altro nella visione (dell'esistenza) che è la vera protagonista del libro nel suo insieme. Nichilismo, pazzia, esseri borderline che fanno della noia la loro peggior droga e, a volte, delle droghe una vera noia. E il sesso o, per essere più precisi, le parafilie che si muovono tra i vari racconti come bestie in caccia, non sono altro che un corollario di tutto questo. E' un po', la Berbelagua, un Bukowsky in gonnella, ma senza le corse ai cavalli e il vino a sollevare il morale. In realtà neppure il sesso ha (è) un sapore diverso dal resto dell'esistenza: più che altro, risulta incomprensibile. Nasce come un impulso tra gli altri, in corpo ad esseri umani che, non comprendendo il senso dell'esistere, si limitano a vivere di impulsi, passando da una situazione surreale ad un altra con la beata indifferenza di chi non ha idea di cosa stia capitando. Che si tratti di lunghe classificazioni dal gusto postmoderno di amanti (Dieci amanti) o di potenziali vittime (La comunità della frusta), di perversioni che colpiscono all'improvviso come se si trattasse di folgorazioni illuminanti (Perversioni della domenica), di lascive voglie insaziabili di sorelle mezzo sceme (Le Toledo), o di racconti allucinati di vere e proprie parafilie (Hitachi 917), il sesso è sempre qualcosa che piomba nell'esistenza senza un codice di decifrazione, travolge tutto per qualche tempo ma in fondo non cambia nulla. I racconti Avventure di una coppia moderna (quanto ricordano, i protagonisti, Sailor e Lula, di giffordiana memoria), Fino a che pazzia non ci separi e Offerta d'amore sono forse quelli che più degli altri esplicitano il senso nichilista dei protagonisti nei confronti della vita, nichilismo che qui si fonde con la demenza vera e propria (come già, ma con un effetto più ironico, ne Le Toledo): i protagonisti di questi racconti potrebbero tranquillamente essere usciti da un racconto allucinato di Barry Gifford, e in effetti alcuni racconti si caratterizzano per venature alienate quando non decisamente pulp (Sonata dell'odio e Il cervo pagano, sono addirittura su toni noir il secondo vira decisamente verso il gotico). Valparaiso, dunque, come gli Stati Uniti. Anche lo stile, asciutto e preciso, apparentemente leggero è più nord che sud americano: gusto per le lunghe liste, apparente mancanza di psicologismo, freddezza anatomopatologica dello sguardo, ironia tagliente. I padri illustri della Berbelagua pare dunque inevitabile cercarli negli States, in quella letteratura che, non di rado, ha fatto dell'eccesso (non senza un occhio strizzato al mercato) un marchio di fabbrica. Trasferire un canone letterario altrui nella propria letteratura nazionale è certamente un'operazione coraggiosa, la Berbelagua ci riesce, ma trasponendo materiali narrativi da un altrove importa nei suoi racconti una massa travolgente di disturbante cupezza in netto contrasto col titolo ammiccante (titolo che, nella miglior tradizione dell'editoria nordamericana, strizza appunto l'occhio al mercato).
  Ci troviamo immersi in un mondo che è il nostro, ma abitato da personaggi borderline che si muovono come zombie inconsapevoli del mistero che grava sulle loro teste, incapaci di negarsi ai propri impulsi come sono incapaci di cercare un senso qualunque al loro stare al mondo, che siano in gruppo, o in coppia, la loro natura intima è quella di essere solitari o, per meglio dire, soli. Soli in quanto persi, se non addirittura perduti.

  A volte la solitudine è terribile e mi vedo come una Sylvia Plath senza talento 
che soffre fissando lo spazio vuoto dove dovrebbe andare il forno
 e dove in verità non c'è nulla. A volte invece la solitudine attrae gente .

Natalia Berbelagua è nata a Santiago del Cile nel 1985. Ha pubblicato i libri di racconti Valporno (2011), La bella muerte (2013) e Domingo (2015). Alcuni suoi testi sono stati inseriti nelle antologie CI Fronteras di Editorial Universidad ALberto Hurtado, We rock, ocho historiasràpidas y pesadas di Ediciones B, Escritura y visualidad di Ediciones Altazor e nell'antologia personale El arte de las sonrisas di Suburbano Ediciones, Miami. Ha scritto sceneggiature per la tv cilena e tiene corsi di letteratura. Mentre lavora allo spettacolo di musica e poesia Chinoy y los poets, sta per essere pubblicata dalla casa editrice Pez Espiral la sua opera riunita. Da dieci anni vive a Valparaiso. In Italia è pubblicata da Edicola edizioni che vive e pubblica tra Italia e Cile.