"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

giovedì 31 dicembre 2015

La sfilata dell'amore, di Sergio Pitol, Gran Via edizioni, trad. di Stefania Marinoni

Nel 1973 il protagonista, Miguel Del Solar, storico, fresco autore del libro L'anno 1914, torna dall'Inghilterra e si trova di fronte al lussuoso Palazzo Minerva, colonia Roma, Città del Messico, dove ha abitato da bambino. Ed è il luogo (il palazzo Minerva appunto), rivissuto con gli occhi della memoria, che gli riporta alla mente un fatto di sangue accaduto nel lontano 1942. Una festa nell'alloggio di Delfina Uribe, donna sofisticata ed intellettuale, proprietaria di una rinomata galleria d'arte, maestra d'eleganza di quegli anni spudorati e sinistri che lanciano il nuovo Messico nella modernità cosmopolita e patinata che l'elite internazionale richiede come palcoscenico delle proprie vanità, si trasforma in tragedia: un ragazzo, Erich Maria Pistauer figlio adottivo del misterioso zio di Del Solar, Arnulfo Briones, viene ucciso in strada da un colpo di pistola. Assieme a Pistauer viene ferito gravemente anche il giovane figlio di Delfina, Ricardo, che di lì a poco morirà a causa delle conseguenze del ferimento, e Balmoràn, un sinistro giornalista. Ma, cosa accadde realmente quella sera? Il fiuto dello storico di Del Solar (che intanto comincia a farsi solleticare dall'idea di scrivere un altro libro, questa volta sul 1942, l'anno in cui il Messico entrò in guerra dichiarando guerra a Germania, Italia e Giappone) lo porta ad intuire che quella sera, per il breve tempo degli attimi della sparatoria, emerse in superficie un intricato mondo sotterraneo che avviluppava, soffocandola, la società dell'epoca, Ma cos'era realmente quell'insieme di interessi, passioni, odi e quant'altro che sfociò in un omicidio (e, forse, anche in uno successivo, quello di Arnulfo Briones, anni dopo) apparentemente senza motivo? E perchè gli inquilini dell'epoca paiono così reticenti a parlarne? Ognuno, sollecitato da Del Solar, si perde in ricostruzioni parziali e superficiali che fungono da espediente per parlare di sè, delle proprie glorie o delle proprie disgrazie, delle piccinerie che asfissiano il corso della storia (e, più in generale, della Storia). Immigrati europei che fuggono dalla guerra, tedeschi che non lasciano trapelare le loro simpatie politiche, intellettuali a la page, giornalisti paranoici, messicani altolocati che vivono gli ultimi fulgori del loro (ormai finto) benessere e figli di gente semplice che giunge ad occupare la nuova ribalta, odi, pregiudizi ed invidie. Il centro del maelstrom è forse un castrato dalla splendida voce che avrebbe incantato le platee di mezzomondo finendo poi in disgrazia per peccati indicibili? O i mille traffici misteriosi di Arnulfo Briones? Qualcuno voleva, per qualche interesse oscuro, affondare la famiglia Briones? O il bersaglio era la nuova moglie (tedesca) di Arnulfo? O forse il figlio di Delfina Uribe e, attraverso di lui, la stessa famiglia Uribe? Sono reali le recriminazioni della logorroica zia Eduviges o sono solo il frutto di una mente pettegola e limitata, ormai votata al decadimento? O hanno sostanza le allusioni velenose di Balmoràn? Del Solar passa da uno degli inquilini all'altro, più volte, scava con pazienza, sempre convinto che quell'episodio criminale nasconda qualcosa di più di un improvviso scatto di violenza insensata, immaginando che possa essere preso a simbolo di un'epoca ormai passata, ma ancora troppo vicina per essere scandagliata a fondo dalla lente della ricerca storica. Viene rimbalzato da una voce dissonante ad un'altra fuori dal coro e il mosaico che cerca di comporre non trova forma. Chi era Martinèz, il tirapiedi di Briones? Che ruolo aveva? E quali erano gli affari che costrinsero Briones ad una vita piena di segreti e ad una morte, forse, violenta? Pitol, con la sua affabulatoria maestria ci porta per mano tra le beghe di un condominio e, così facendo, ci apre uno squarcio sulla storia recente del Messico, ma solo per allusioni, per ipotesi, per ellissi; assieme a lui dobbiamo farci largo in un mare di punti di vista umani, troppo umani, tra versioni che sembrano avere come unica finalità quella di non portare mai alla verità.
  Le verità, specie quando troppo vicine nel tempo, sono parenti scomodi che si preferisce non mostrare in società, al massimo alludervi, per poi tornare a parlare di sè stessi.
  Pitol tesse un romanzo complesso e corale, intrigante, che porta il lettore da un inquilino all'altro per non portarlo (apparentemente) da nessuna parte.

  Il rischio di spaesamento lo corre in particolar modo il lettore italiano che, non conoscendo presumibilmente lo sfondo storico e politico del Messico dell'epoca, si trova a leggere un testo che continuamente vi allude. Il testo, nell'ottima traduzione di Stefania Marinoni, avrebbe dovuto essere arricchito da un apparato di note che chiarisse il contesto storico. Resta l'opera meritoria dell'editore Gran Via, che ha portato al lettore italiano un gioiello della letteratura messicana.

Sergio Pitol (1933) è uno dei principali scrittori messicani viventi. Sin dagli inizi ha affiancato all'attività letteraria la carriera diplomatica e l'attività di traduttore (Austen, Vittorini e Conrad tra gli altri). Dal suo esordio nel 1959 ha pubblicato venticinque opere di narrativa. In Italia sono stati tradotti: La vita coniugale e Il valzer di Mefisto, e La Divina.

domenica 13 dicembre 2015

Il cartello, di Don Winslow, Einaudi editore, trad. di Alfredo Colitto

Ottantamila vittime, e tutto ciò che abbiamo fatto è stato incoronare un altro re. E il nuovo re è il vecchio re.

  Torna Don Winslow e il suo Signore della frontiera, Art Keller, e le porte dell'inferno si spalancano per la seconda volta sul palcoscenico della (narco)follia umana. Dopo Il potere del cane la guerra alla droga torna ad essere la protagonista della narrazione dai toni secchi ed epici di Don Winslow e, ancora una volta, il risultato è un libro magnifico, disturbante, teso allo spasimo, violento, cupo ed adrenalinico, un romanzo di genere (un genere per certi versi creato dallo stesso Winslow) che però non si sottrae dal condurre i propri lettori ad una riflessione non tanto sulla sorte della guerra alla droga (che è quella di Don Chisciotte coi suoi mulini a vento) quanto sulla stessa natura umana. Art Keller è lontano, si occupa di curare le api in un convento e in cuor suo, se pensa a qualcosa, se immagina un futuro, lo immagina uguale a quel suo presente: immutabile, cadenzato, silenzioso e, soprattutto, pacifico. Il suo destino però è un altro. Adàn Barrera lo vuole morto, ha messo una taglia sulla sua testa, e così facendo lo richiama nel campo da gioco. Se ne Il potere del cane, Barrera traghettava il narcotraffico nell'era moderna,  impastandolo con l'economia legale fino a renderli indistinguibili l'uno dall'altra, ora deve riconquistare il suo posto all'interno del composito e movimentato puzzle di cartelli in lotta tra loro per tornare ad essere il Signore dei cieli o, per dirla all'italiana, il Capo dei capi. Ma negli anni trascorsi, il narcotraffico ha superato la modernità stessa e si è proiettato in un futuro che è a tutti gli effetti la peggior caricatura di medioevo possibile; Il Messico diventa così una sorta di Dune, un presente a tal punto folle da risultare fin troppo simile ad un futuro incarnato in una anarchia violenta e primitiva nella quale l'unica legge è quella della bruta sopraffazione. Ogni messicano sa che può morire di morte violenta in qualsiasi momento, senza alcun motivo apparente. O semplicemente senza alcun motivo effettivo. La guerra è dilagata e ha inglobato in sè ogni aspetto della società messicana, dalla sfera politica fino alla realtà dell''uomo comune. I narcos sono semidei cafoni e sociopatici che possono decidere della vita o della morte di chiunque, e come gli dei dell'antichità si sfidano per dimostrare l'un l'altro la propria onnipotenza. I Los Zetas passano da essere la milizia privata del Cartello del Golfo a vero e proprio cartello a sè, sparigliano le carte ed innalzano lo scontro ad un grado di barbarie mai visto. I morti si contano a decine al giorno, la tortura rappresenta un mezzo accettato per estorcere informazioni o anche solo per dimostrare la propria forza, per intimorire il nemico e la popolazione civile o, semplicemente, come sfogo di una perversione mentale che finisce con l'infettare collettivamente l'inconscio della nazione. La spirale di violenza si autoalimenta dei propri crimini generando nuovi criminali. L'uso politico della violenza e delle barbarie al servizio del commercio di droga che, col tempo, pur rimanendo il motore immobile che tutto muove, passa in secondo piano. Non è più solo questione di droga, è questione di potere in quanto tale. Si tratta di una guerra civile vera e propria che solo pochi individui hanno deciso di scatenare ma che tutti i messicani si trovano a combattere. Art Keller è mosso dalla sete di vendetta nei confronti del vecchio nemico di sempre Adan Barrera, ma col cambiare della alleanze e delle nuove priorità che, col mutare dello scenario politico, si vengono ad imporre, si troverà nella scomoda situazione di suo alleato. Juarez, centro della narrazione di Winslow, passata l'ondata di femminicidi, si trova ad essere sommersa da una realtà che pare essere fuggita direttamente dalla mente di un pazzo sanguinario: ormai le morti si ripetono incessantemente col passo funebre di una grigia normalità, il comando delle operazioni pare essere sfuggito di mano anche ai cartelli e gli omicidi che vengono commissionati alle gang locali non si capisce più da chi siano stati ordinati. I singoli sicarios, spesso giovani poco più che bambini, non capiscono per chi stanno lavorando, e al contempo non sanno da chi guardarsi le spalle. Non sapendo chi è il tuo capo e chi il tuo possibile assassino, si diffida di tutti e, spesso, si uccide tutti. La paranoia prende possesso di Juarez, di tutta la regione e delle menti dei suoi cittadini. Keller, osteggiato dalla polizia messicana corrotta, si dibatte in una corsa contro il tempo per uccidere Barrera, ma Los Zetas e la loro brutale follia omicida lo obbligano a cambiare, almeno temporaneamente, obiettivo. Vedrà morire giornalisti, donne, amici e si vedrà condannato a sopravvivere ad ognuno di loro. Si domanderà sempre più spesso se la guerra, quella guerra, ormai non lo abbia reso uguale ai narcos che combatte. Sull'impianto della reale storia recente della guerra al narcotraffico, il libro intesse la parabola umana di Art Keller e della sua utopica e sporca lotta contro i suoi personali mulini a vento, ma Il cartello è molto di più. Uno squarcio su un inferno reale, sulla pochezza di mezzi che l'umanità ha per opporsi a tale voragine, uno sguardo antipsicologico  e antisociologico sulla realtà messicana e sulle persone che quella realtà hanno creato ed imposto ad un intero paese. Il potere del cane e Il cartello sono l'Iliade e l'Odissea della guerra al narcotraffico e due opere imprescindibili della moderna letteratura e Winslow è il moderno Omero che canta una realtà fatta di dei sadici che al riparo dei loro personali monte Olimpo scatenano una carneficina dietro l'altra per soddisfare la vanità atavica di chi deve dimostrare di possedere il potere assoluto. La droga, che crea la ricchezza che tutto muove, diventa solo il mezzo per soddisfare tale vanità, e la violenza a sua volta il mezzo per ottenere la droga (o, per meglio dire, le plazas dalle quali farla transitare). I morti, innocenti o meno, non sono altro che i sacrifici che questi moderni dei sociopatici esigono come tributo alla loro follia. Perchè in Messico, perchè a Juarez? Perchè è il punto di incontro tra il paese che è il maggior consumatore mondiale di droga e il paese dal quale transita il maggior quantitativo di droga al mondo. Ormai la supplica Salvami dalla spada, dal potere del cane, non ha più senso. Nessuno è escluso, tutti sono coinvolti.

  Non sono le persone a governare il cartello, ma è il cartello a governare le persone.



Don Winslow (New York, 1953) è uno scrittore statunitense.
Viene considerato come uno degli autori più rappresentativi del poliziesco americano contemporaneo. È l'autore, tra gli altri, dei libri L'inverno di Frankie Machine e Il potere del cane, entrambi editi in Italia da Einaudi (collana Stile libero), rispettivamente nel 2008 e nel 2009.
Scrittore e regista teatrale e televisivo, nonché diverse volte attore e guida di safari, Winslow è stato anche un investigatore privato e consulente di studi legali ed assicurazioni. Vive in California, a San Diego, località in cui sono ambientati diversi suoi romanzi.
Ha esordito con il romanzo A Cool Breeze on the Underground, ancora inedito in Italia. Da The Death and Life of Bobby Z è stato tratto nel 2007 il film omonimo (uscito in Italia come Bobby Z, il signore della droga).
I diritti de L'inverno di Frankie Machine sono stati acquistati da Robert de Niro che ne trarrà un film, impersonandone il protagonista. Dal libro Le belve è stato tratto un film da Oliver Stone.

  Questo è il suo sito.

domenica 6 dicembre 2015

Honky Tonk Samurai, di Joe R. Lansdale, Einaudi editore, trad. di Luca Briasco

E' così che tutto comincia sempre: dal molto piccolo, diceva Egg Shen (interpretato da Victor Wong, in Grosso guaio a Chinatown). E in quest'ultima avventura di Hap Collins e Leonard Pine, tutto comincia da un evento apparentemente "molto piccolo": un padrone (pessimo) che picchia il proprio cane. Di fronte a una tale scena, Leonard non si trattiene e spedisce il padrone del cane all'ospedale. Il cane, ribattezzato Buffy, diventerà parte integrante dello strano nucleo famigliare di Hap (che nel corso del libro andrà aumentando). Intanto Marvin è divenuto capo della polizia di Laborde e ha ceduto la sua agenzia di investigazioni a Brett, la compagna di Hap, che ne aprofitta per lasciare il suo ultradecennale lavoro di infermiera. Fino a qui, appunto, è il "molto piccolo", che però non tarda a levitare e ad assumere, come sempre nelle avventure di Hap e Leonard, le dimensioni epiche di uno scontro tra bene (da poter scrivere, volendo, anche con la minuscola) e Male (irrevocabilmente con la maiuscola). Una anziana signora terribilmente sboccata ha assistito alla scena e ha registrato il pestaggio da parte di Leonard e con la registrazione si presenta all'agenzia investigativa chiedendo di indagare sulla scomparsa della nipote. Ovviamente, se Brett si rifiutasse di accettare l'incarico, il video finirebbe nelle mani della polizia e per Leonard si aprirebbero le porte della prigione. La nipote della vecchia signora si era da poco laureata in giornalismo e, non trovando lavoro nel campo dei suoi studi, aveva cominciato a lavorare in un autosalone di auto di lusso. Ad un certo punto però, era scomparsa nel nulla, non prima però di aver derubato la nonnina di soldi e titoli. A questo punto parrebbe ancora un'indagine semplice, qualcosa di "relativamente piccolo", ma in breve assumerà forme spaventose e difficilmente gestibili, al punto che per porre fine allo tsunami di violenza e delirio che si è riversato sulle vite dei protagonisti, occorrerà l'intervento di vecchi amici(-nemici) quali Jim Bobe Luke, l'investigatore cowboy, il giornalista sciupafemmine Cason Statler, la sexy assassina a pagamento Vanilla Ride e la new entry Booger.
  I morti abbonderanno, i cattivi saranno sempre più cattivi ed organizzati e i dilemmi di Hap lo tormenteranno ancora, e sempre di più: ha senso combattere la violenza con la violenza? Esiste ancora una differenza tra loro, i buoni, e i cattivi che combattono? Non sta forse diventando identico ai suoi nemici? E, anche se avesse ragione a fare quello che fa e ad essere quello che è, non è ormai troppo vecchio per continuare a condurre una vita di quel genere? Il tempo passa per tutti e, se l'ironia feroce * che sfreccia in ogni battuta dei protagonisti della serie non accenna a perdere il suo appeal (fino ad assurgere a vera e propria filosofia di vita), gli acciacchi però si fanno sentire, i dubbi aumentano con l'aumentare degli anni e, a volte il passato torna a presentare i suoi conti, in questo caso sotto le spoglie giovanili di una ragazza, Chance, che si presenta prima all'agenzia investigativa e poi alla porta di casa di Leonard, per conoscerlo. Quando finalmente riesce a parlargli, gli racconta che sua madre è morta, e lui è suo padre. Chance è la figlia che Hap non sapeva di avere, frutto di una vecchia relazione conclusasi perchè la sua compagna di allora era troppo dedita al bere; la figlia che pone Brett a dover guardare in faccia il frutto della propria maternità paragonandola con la nuova arrivata.

Chance, pensa Hap: un bel nome.

  E' ormai anche superfluo sottolineare come la serie di Lansdale demolisca - ghignando - buona parte dei miti americani: da quello della famiglia, a quello del successo a tutti i costi, alla superiorità razziale e/o sessuale. I problemi dell'America sono tutti interni, spazzatura umana che cresce e germoglia nel sottobosco di una società dove il benessere è l'unico metro di misura per giudicare un proprio simile e il modo in cui lo si raggiunge non è poi così importante. Leonard, è gay, è nero, ex soldato, privo di un'occupazione stabile. Hap è bianco, squattrinato, insicuro, privo di un'occupazione stabile. Sono moderni don Chisciotte, figli degli scarti sociali del maggior impero culturale sulla faccia della terra, l'incarnazione del fallimento del sogno americano. Sempre col sorriso (a volte sorriso amaro, a volte sghignazzo) sulle labbra. Lansdale usa gli strumenti che la cultura pop del suo paese gli ha somministrato a forti dosi per smontare quella stessa cultura che lo ha nutrito. Il suo è un progetto che parte dal basso, che nasce dalla letteratura popolare per rivolgersi a tutti, a chi quella letteratura consuma: violenza, sesso, armi, belle donne, battute veloci in pieno stile Die Hard o Arma Letale. La sua scrittura ha la velocità di un videogioco, la brutalità di un pugno nello stomaco e la schiettà volgarità di chi il politically correct non ha idea di dove stia di casa.

Un citazione particolare alla copertina - splendida - di Zerocalcare.

  *
  - Amore: quando le cose si mettono male diventa peggio che se ti pisciassero nella minestra

  - C'era un silenzio tale che avresti potuto sentire due tafani che scopavano

  - Cedette di botto, come il senso morale di un predicatore battista in uno strip club


Joe Lansdale è nato il 28 ottobre 1951 a Gladewater, Texas.
Grande lettore, Lansdale è stato influenzato da Mark Twain, Edgar Rice Burroughs e Jack London, ma anche da scrittori di fantascienza come Ray Bradbury e Fredric Brown. E' un grande appassionato di fumetti, di B-movie e letteratura “pulp” (etichetta con la quale è sbarcato in Italia, paese che lo ha adottato e dove ha una nutrita schiera di fans). Ha svolto diversi lavori dal contadino al buttafuori in locali pubblici, dal bidello all'operaio in fabbrica. Nel gennaio del 1997 aprì una sua scuola di arti marziali, e il Lansdale’s Self-Defense Systems è uno stile riconosciuto a livello internazionale. Ha pubblicato:  Una stagione selvaggia (Savage Season, 1990), Einaudi; Mucho Mojo (Mucho Mojo, 1994), Bompiani riedito da Einaudi, Il mambo degli orsi (Two-Bear Mambo, 1995), Einaudi, Bad Chili (Bad Chili, 1997), Einaudi, Rumble Tumble (Rumble Tumble, 1998), Einaudi, Capitani oltraggiosi (Captains Outrageous (2001), Einaudi, Sotto un cielo cremisi (Vanilla ride) (2009), Fanucci, La notte del Drive-In (The Drive-In, 1988), Einaudi; Mondadori Urania n. 1214, Il giorno dei dinosauri (The Drive-In 2, 1989), Einaudi; Mondadori Urania n. 1224, La notte del drive-in 3, La gita per turisti, 2008, Einaudi, Atto d’amore (Act of Love, 1980), La morte ci sfida (Dead in the West, 1983),Il lato oscuro dell'anima (The Nightrunners, 1983), Texas Night Riders (1983), Il carro magico (Magic Wagon, 1986), Freddo a luglio (Cold in July, 1989), L’ultima caccia (The Boar, 1998), Fanucci, Fiamma fredda (Freezer Burn, 1999), I Neri Mondadori n. 1, riedito nel 2007 dalla Fanucci con il titolo “Freddo nell’anima”, Il valzer dell’orrore (Waltz of shadows, 1999, Fanucci), Blood Dance (2000), In fondo alla palude, Fanucci – premio Edgar Award 2001, L’anno dell’uragano (The Big Blow, 2000), Fanucci, Fuoco nella polvere (Zeppelins West, 2001) Fanucci, La sottile linea scura (A Fine Dark Line, 2002), Einaudi, Bubba Ho-Tep (Bubba Ho-Tep, 2003), Addictions-Magenes Editoriale, Tramonto e polvere (Sunset and Sawdust, 2004), Einaudi, Flaming London (2005), Echi perduti (Lost Echoes, 2006), Fanucci, The Shadows Kith and Kin (2007), God of the Razor (2007), La lunga strada della vendetta (Batman: Captured by the Engines), Edizioni BD, La ragazza dal cuore d’acciaio (Leather Maiden, 2007), Fanucci, Laggiù nel profondo (Way Down There, 2007) Edizioni BD, Cielo di Sabbia, Einaudi, eccetera eccetera eccetera.



Allego il link del sito di Joe R. Lansdale: Qui.
  Qui e Qui i link ai precedente romanzi di Lansdale recensiti in questo blog