"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

domenica 26 gennaio 2014

Bangkok uccide, di John Burdett, Giano Editore

  E' difficile immaginare un luogo che sia al contempo più noir ed esotico di Bangkok, quantomeno nell'immaginario di noi elementari e  banali farang. John Burdett, avvocato inglese che ha esercitato a lungo la professione ad Hong Kong lo sa benissimo, e ha intessuto una storia (la terza, dopo Bangkok 8 e Bangkok tatoo, a cui sono seguiti The godfather of Kathmandu e Vulture peak: in italiano Il picco dell'avvoltoio, per Bollati Boringhieri - tutti incentrati sulla figura del detective Sonchai Jitpleecheep  ) pensata e scritta ad hoc per il pubblico occidentale (o forse per sè stesso che, in fondo, è la stessa cosa): uno snuff movie ( "Pochi crimini ci fanno temere per l'evoluzione della nostra specie. Ne ho sotto gli occhi uno proprio ora") che ritrae una splendida prostitua thailandese fare sesso e venir uccisa all'acme dell'estasi sessuale da un uomo - presumibilmente un farang - con un capuccio nero. Sonchai Jitpleecheep, detective (ma fondamentalmente monaco mancato) mezzo farang, figlio di una ex prostituta thai attualmente tenutaria di un locale-bordello e di un reduce del Vietnam, chiama in aiuto la sua collega dell'Fbi e amica Kimberley Jones, esperta nel campo degli snuff movie e, contro il parere del suo superiore Vikorn (un uomo che ha fatto della corruzione una forma d'arte, con tanto di codice d'onore e regole ferree), si getta in un'indagine che comincia con un video di spettri che fanno "sesso e cose indicibili tra loro" e finisce con una resa dei conti tra spettri (uno) e umani (tanti). La detection si divide tra gli sforzi del monaco-investigatore nel cercare di individuare l'uomo col cappuccio e, soprattutto, i mandanti dell'atroce delitto e la ricostruzione della vita di Damrong, la prostituta che viene uccisa nel video. Damrong aveva lavorato nel locale della madre di  Sonchai Jitpleecheep, ed era stata per breve tempo sua amante, avvolgendolo in un'ossessionante storia fatta di sesso che Sonchai non ha più saputo cancellare dalla memoria; scopriamo che Damrong era stata sposata con un americano, che era passata dai piccoli bordelli cittadini ai video porno fino al principale e lussuoso club-bordello di Bangkok. Tornando indietro nel tempo veniamo messi a conoscenza della sua infanzia terribile, fatta di povertà, abusi e vendita ai circuiti internazionali di schiavitù sessuale minorile. Accompagneremo il protagonista nei luoghi più sordidi della capitale thailandese e in quelli più turistici (sempre che esista una differenza tra le due tipologie), conosceremo Lek, un poliziotto trans in attesa dell'operazione tanto agognata che lo renderà finalmente donna a tutti gli effetti, ci domanderemo quale sia l'identità e il ruolo nella storia di uno strano monaco hi-tech che entra ed esce da un internet cafè, attraverseremo la frontiera cambogiana scoprendo un paese che è, agli occhi degli stessi asiatici, primitivo, oscuro ed esotico, dove bande di vecchi khmer rossi si vendono al miglior offerente pronti a qualsiasi bassezza e, soprattutto, quasi senza accrogercene, scivoleremo poco alla volta nel modo di pensare di una cultura che è agli antipodi di quella occidentale (ma, teniamone conto, pur sempre con gli occhi di un occidentale: peggio, di un inglese), dove la reincarnazione è una realtà talmente banale che risulta normale intravedere oltre il profilo di una persona una catena ininterrotta di morti e rinascite, dove la prostituzione è diffusa ed accettata come qualcosa di inevitabile (esattamente come la povertà ed il dolore) e, in fondo, non particolarmente esecrabile se permette di sopravvivere e far sopravvivere i propri cari (e magari garntire loro un'istruzione e una vita più dignitosa), e questo perchè in fondo viene considerato più grave vendere la propria anima (peccato tipico dei farang) piuttosto che non il proprio corpo (tra l'altro consideriamo che, nel bene e nel male, qui il senso cristiano del peccato non hanno la benchè minima idea di cosa sia), una cultura che non ha avuto l'illuminismo e considera la magia come un dato di fatto da maneggiare con estrema attenzione (ma anche con una certa imprudente disinvoltura), e in cui la linea di demarcazione tra luce ed ombra, tra razionalità e sovrannaturale, e tra vita e morte, è un confine impalpabile in continuo movimento, che si adatta di volta in volta alla situazione contingente e alle necessità psicologiche delle persone. Questo libro e l'intero ciclo di  Sonchai Jitpleecheep sono chiaramente stati scritti dalla mano di un occidentale, per (come già si è detto) un pubblico occidentale e, credo, siano stati concepiti come divertissement esotico in cui l'autore, grazie alla sua esperienza in Asia, funge da Virgilio e conduce per mano il lettore in un mondo che, ai nostri occhi, non è nè più nè meno un inferno dantesco che esiste secondo logiche che fatichiamo a comprendere (e quindi ad accettare). La scrittura è scorrevole ma non particolarmente innovativa nè interessante, ed è personale nella misura in cui l'autore vi distribuisce una certa ironia che ben si sposa con il senso dell'accetazione del destino tipico thai. Giusto per smentire il commento tratto dal Boston Globe riportato in quarta di copertina: lo stile di Burdett non è particolarmente veloce (dimenticatevi Ellroy o Peace - altro autore inglese trasferitosi in terra asiatica, e lui sì un maestro di stile) e non ha nulla a che vedere con un videogame. Forse, e sottolineo forse, ha dei punti di contatto con Conrad giusto nel senso di avventura e di esotismo che scaturisce dal romanzo, ma sinceramente ho i miei dubbi anche su questo punto.
  Il libro è godibilissimo, scritto in maniera scorrevole e piacevole (a parte gli ammiccamenti in cui il protegonista si rivolge direttamente al lettore, che sono onestamente stucchevoli e tendono ad abbassare la percezione della qualità del libro ad un thriller da bancarella, o supermercato, cosa che in realtà non è affatto), i riferimenti onestamente mi pare siano più che altro cinematografici pur rumanendo lo stile e la struttura strettamente letterari, la detection funziona, sempre sospesa tra razionalità e logica magica orientale, intoltrandoci in un inferno che nonostante tutto esiste, nostro malgrado e, sempre nostro malgrado, non smette di emanare un certo fascino sinistro e, a tratti, poetico (di quella poesia maudit che forse esiste solo negli occhi di noi stupidi farang)



John Burdett è nato in Gran Bretagna e vive in Asia. Ex avvocato, ha scritto A Personal History of Thirst, The Last Six Million Seconds, Bangkok 8, un romanzo che ha venduto piú di centomila copie negli Stati Uniti ed è stato tradotto in 19 paesi, e Bangkok Tattoo. Bangkok uccide è apparso nelle classifiche americane dei romanzi piú venduti del 2007

sabato 4 gennaio 2014

Il dio di Gotham, di Lindsay Faye, Einaudi Stile Libero

  Non ho mai letto Michael Connelly e non ho alcuna intenzione di farlo,e pertanto non posso esprimermi sulla sua opera, ma quando scrive di essere entrato nel mondo creato dalla Faye fin dalle prime pagine e di non essere più stato in grado di allontanarsene fino all'ultimo capitolo, non posso che essere d'accordo con lui. Il Dio di Gotham è un vortice perfettamente creato nel quale il lettore viene risucchiato e centrifugato a dovere, per poi esserne sputato fuori solo all'ultima riga dell'ultima pagina (vale a dire a romanzo ormai concluso, quindi dopo l'ultima riga della postfazione storica). In un certo senso, non siete voi che comprate il libro e lo leggete, e ne godete, e certo non siete voi a decidere liberamente quando aprirlo e soprattutto quando chiuderlo. Al contrario, il lettore è un giocattolo (un pupattolo, per restare al mondo de Il dio di Gotham) nelle mani del libro (forse ancor più del libro che dell'autrice), che ne fa quello che vuole, lo strattona, lo porta indietro nel tempo alla metà del 1800 in quella New York filmata da Scorsese in Gangs of New York, dove la povertà più estrema e la conseguente violenza (unico mezzo per aggrapparsi ad una sopravvivenza diaria) erano pressochè l'unica realtà possibile, con una città che cresceva a ritmi insostenibili e un mare di immigrati che, per sfuggire alla carestia di patate in Irlanda, si riversava oltreoceano sulle sponde della terra promessa in cerca di una speranza di vita, o di una morte più dignitosa. Nel 1845 viene creato il corpo delle "stelle di rame", vale a dire il primo corpo di polizia della città di New York, in discreto ritardo sulle altre città di pari grandezza ed importanza, e Timothy Wilde ne entra, suo malgrado, a far parte. T.W. e suo fratello Valentine sono rimasti orfani da piccoli, a causa di un incendio (estremamente frequenti all'epoca) che ha portato via i loro genitori in un'oscena e colpevole vampa: da allora i due sono cresciuti agli antipodi: V.W. è divenuto un forte sostenitore del partito democratico, del quale rappresenta già una sorta di autorità locale - giovane virgulto dalla sicura e billante carriera futura -, lavora per il corpo dei vigili del fuoco, nel quale si distingue per spavalderia e sprezzo del pericolo, e si dedica pervicacemente ed in pari misura all'alcol, alle bravate, alle cattive compagnie, alle droghe ed ai piaceri carnali, mentre Timothy, il fratello minore, è un ragazzo intelligente e oculato, che disprezza il fratello (nella stessa misura in cui lo ama) e che lavora come oste al Nick's Oyster Cellar dove ha imparato ad ascoltare la gente, a capirla e a classificarla con pochi sguardi. Mette da parte giorno dopo giorno i risparmi che, nei suoi sogni, serviranno a porre le basi per la sua futura vita insieme a Mrs Mercy Underhill, la figlia del pastore protestante, giovane, carina, intellettuale e benefattrice di chiunque si trovi in stato di necessità (quindi verso buona parte della città e la quasi totalità della zona dei Five Points) a prescindere dal credo religioso, verso la quale nutre un'adorazione tale da non essere mai stato in grado di confessarle il proprio amore (amore che, ad essere sinceri, sfocia nella devozione vera e propria). Ogni giorno T.W. ascolta i clienti berciare contro i ratti papisti irlandesi che infestano la città, mangiapatate che in quel momento vengono considerati un gradino sotto i cittadini di colore, adepti del retrogrado e demoniaco culto papista, sbarcati a New York per violentare, uccidere, rubare, prostituirsi e, in buona sostanza, corrompere sotto ogni punto di vista la cosidetta buona società protestante nella quale si riconoscono i nativi. Bene. Essendo frequenti gli incendi, come poco fa accennato in parentesi, uno di questi, enorme e dai tratti infernali, rade al suolo un intero quartiere, lasciando in cenere la taverna Nick's, il lavoro di oste, l'alloggio e tutti i soldi pazientemente messi da parte da Timothy in vista del futuro idilliaco che gli vorticava per la corteccia cerebrale. In più, gli cancella una parte della faccia, riducendogliela come carne cotta al barbecue. Poco dopo nasce il corpo delle "stelle di latta", il primo embrionale e abborracciato corpo di polizia della città di New York, e i fratelli Wilde ne entrano a far parte da subito, grazie agli agganci politici di Valentine. La nuova vita, il nuovo lavoro, la nuova miseria nella quale Timothy precipita vengono presto scossi da una bambina coperta da una camicia da notte inzuppata di sangue che, sul finire del turno, gli va a sbattere contro. A questo punto siamo già immersi nel bel mezzo di un puro romanzo d'appendice di fine ottocento - inizio novecento: potrebbe uscire a puntate su qualche giornale e ci scopriremmo stupiti di come sia stato idiota abbandonare questa forma di narrazione in favore di qualche stereotipato serial televisivo (non tutti lo ammetto, ma molti si). Trascorsa qualche decina di pagine dedicate all'introduzione dei personaggi, delle loro vicende essenziali e, soprattutto, a dipingere il quadro storico e sociale della New York del 1845, la macchina infernale che è Il dio di Gotham prende il via e non vi lascia più. Letteralmente vi maciulla. La bambina, Bird Daly, è una pupattola irlandese - per pupattola s'intende una minorenne che si prostituisce in una casa d'appuntamenti - e il sangue sulla vestaglia non è suo, è un'abile bugiarda e sostiene di essere scappata dal lupanare (leggi: bordello) in cui lavorava quando un uomo col cappuccio è entrato per fare a pezzi un suo amico, pupattolo a sua volta. Si dice certa che l'uomo col cappuccio, che si sposta su una carrozza nera, abbia fatto a pezzi molti altri bambini come lei (pupattoli, irlandesi), e dice anche di sapere dove li ha seppelliti. Bird è un'adorabile bugiarda, ma le sue parole vengono corroborate da una fossa scavata su sua indicazione ai margini estremi della città in espansione e nella quale vengono rinvenuti resti umani. Resti umani di bambini, in numero di diciannove corpi. Da qui, l'ottovolante (o il tagadà, o il tunnel degli orrori, o qualche altra diavoleria da Luna Park) parte e non vi resta che aggrapparvi forte, perchè scendere a metà della corsa non è un'opzione prevista. Sullo sfondo di una società ai suoi primordi, ancora per buona parte incapace di darsi un'organizzazione civile (al di là di forme semistrutturate e discretamente corrotte di partitismo che sono ancora molto vicine al banditismo) e quindi basata sulla legge del più forte e in balìa degli istirismi e delle paure di una popolazione ignorante e affamata, divisa da xenofobia e da odi religiosi (da notare: qui la minaccia non è l'islamismo odierno ma il cattolicesimo, visto e descritto con gli stessi toni scientifico-antropologico-demenziali con cui ora viene dipinto l'islam), la trama si muove con l'elegante agilità di una ragazzina sveglia e spigliata, sfrontata e allegramente cupa, a metà tra il feuilleton e il blokbuster hollywoddiano. Preti, pastori, puttane, tenutarie di bordelli, lampioni a gas, politicanti, corruzione, infanzia negata, miseria, deliri religiosi, prostituzione minorile, resti umani, corpi sventrati, best seller anonimi scollacciati ma realisti (Luce e ombra nelle strade di New York), odi e riconciliazioni famigliari, papisti e protestanti, donne angelicate e donne in carne ed ossa (spesso più in ossa che in carne), Londra come punto di fuga agognato e tranci di volti arrostiti dalle fiamme, madri assassine (Eliza Rafferty è una figura storica) e panettiere teutoniche dal cuore grande e caldo come un'enorme pagnotta, morti di fame e, infine, la nascita leggendaria di quello che sarebbe divenuto l'altrettanto leggendario NYPD (cioè il soggetto di tanti di quei serial televisivi poco sopra vituperati, e non tutti - ammetto - a ragione).
  La scrittura è rotonda e compiaciuta, forse un filo troppo leziosa, e i personaggi sembrano appena usciti da (o in procinto di entrare in) un filmone hollywoddiano e i loro lineamenti, mentre leggiamo il libro, cominciano già ad assumere le sembianze di qualche star del firmamento cinematografico e poi, volendo, ci saranno indubbiamente una montagna di altri appunti che si possono fare al libro, primo fra tutti che non è un capolavoro, macchissenefrega, non è che sia poi molto importante dal momento che, quando finalmente il dio di Gotham avrà mollato la sua presa su di voi, risputandovi attoniti e storditi su questa terra, vi ritroverete a sentire la mancanza di tutta quella sporcizia, quella violenza e quell'immondizia, e non vedrete l'ora di rituffarvi nel secondo libro della seri di Timothy Wilde (sempre sperando che in Italia venga tradotto).

N.B.: una curiosità: per quel che sono riuscito a capire, Gotham è un nome che viene affibbiato alle zone malfamate di NewYork a partire da Batman (a parte un villaggio del Notthinghamshire, in Inghilterra), quindi non ha nulla di storico e nel 1845, casomai qualcuno l'avesse pronuciato, sarebbe stato preso per tocco o, come minimo, come persona che si esprimeva con parole di oscuro significato, con ogni probabilità uno straniero. Questo particolare dà l'idea di cosa sia Il dio di Gotham, un romanzo feuilleton ottocentesco-postmoderno, un po' sullo stampo dell'ultimo Sherlock Holmes cinematografico.


Lyndsay Faye ha esordito nella narrativa con Dust and Shadow, un romanzo che vede Sherlock Holmes indagare sui delitti di Jack lo Squartatore. Il dio di Gotham è il suo secondo libro e il primo titolo di una nuova serie che ha per protagonista il detective Timothy Wilde. Ha alle spalle una carriera di attrice teatrale.