"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

martedì 26 settembre 2017

Strani tipi sotto casa, di Antonio Dal Masetto, Le Lettere editore, trad. di Antonella Ciabatti

Mentre Juan Rodolfo Wilcock, argentino bonaerense, si trasferiva in Italia e, naturalizzato, diveniva uno dei massimi scrittori italiani, Antonio Dal Masetto, nato ad Intra nel 1938, si trasferiva in Argentina e scrivendo, come giornalista e come scrittore, in spagnolo, si affermava come uno dei più interessanti narratori argentini.
  Il 1978, anno nel quale è ambientato Strani tipi sotto casa (scritto nel 1998 e pubblicato in Italia nel 2002 dall'editore Le Lettere) fu l'anno dei mondiali di calcio farsa, della festa che doveva imporre un'immagine moderna e festosa dell'Argentina a livello internazionale, ma che in realtà stava coprendo le mostruosità della dittatura militare e l'orrore sotto vuoto spinto dei desaparecidos, delle torture, dei bambini strappati ai genitori fatti scomparire e adottati dai gerarchi del regime. Il paese produceva morti e, assieme a loro, le madri disperate di Plaza de Mayo, capaci di sfidare la dittatura a volto scoperto con la forza del loro pianto rabbioso.
I mondiali di calcio furono il ghigno svergognato del regime contro la propria popolazione martoriata e l'intento parossistico e demente di intercettare uno sguardo benevolente della platea politica internazionale. Su questo paradossale palcoscenico si muovono pochi personaggi che, kafkianamente, si scontrano con una realtà che, al contrario che in Kafka, non è più una preveggenza metafisica degli orrori che verranno, ma è già essa stessa orrore quotidiano. Pablo lavora come giornalista, è giunto dalla provincia e, lentamente, si sta ricavando la propria nicchia nel mondo (quel mondo, assurdo e necrofilo che comunque è, in quel momento, la realtà). In una Buenos Aires totalmente assorbita dalla follia collettiva dei mondiali di calcio non sono solo i generali ad usare la manifestazione per i loro fini, ma è la stessa popolazione che li fa propri per soddisfare un desiderio di normalità che è ormai merce rara, una finta normalità festosa nella quale risultare vincitori, almeno per un giorno. Ana, amica di Pablo, lo avverte che ci sono dei tipi strani che stazionano sotto casa sua. Tutto prende avvio (e vi trova la sua naturale conclusione) da questa semplice presa d'atto. Forse, quei tipi strani sotto casa, sono lì per lui, per Pablo, forse lo sorvegliano. Se lo sorvegliano, però, lo fanno con l'intento di essere ben visibili agli occhi di tutti; se lo sorvegliano, parte del loro compito è far sapere al sorvegliato di essere tale. Nei brutali meccanismi psicologici che s'instaurano in certi casi è bene che non solo il sorvegliato abbia coscienza di esserlo, ma che anche chi non lo è viva nel terrore di esserlo. C'è un cacciatore dunque, che si staglia sotto il sole: ma qual'è la preda?
  Non essendoci nessuna preda dichiarata, ma solo la presenza del cacciatore, allora tutti sono prede, almeno a livello potenziale. Ma quello che conta è quello che viene vissuto dalle possibili prede, è il riflesso atavico della paura che funziona come un orologio svizzero, che scandisce i rintocchi dell'incubo, che scalza ogni certezza e riporta l'essere umano allo stato primitivo dove solo l'istinto di sopravvivenza e sopraffazione hanno significato e portanza. Pablo, inizialmente nega l'evidenza, prima di tutto a sé stesso e poi ad Ana. L'evidenza, ovviamente, per sua propria natura però finisce per imporsi. Quei tipi strani ci sono. Sono lì. Si danno il cambio con altri tipi strani. Sorvegliano qualcuno. Pablo?
  Il libro sta tutto qui, scritto con uno stile asciutto e convenzionale, che lascia spazio solo a quanto chirurgicamente descrive, trova la sua forza ipnotica nel succedersi degli avvenimenti, che poi è soprattutto un sovrapporsi di stati mentali, di paure che giocano a nascondino con sé stesse per godere la dubbia ricompensa di ritrovarsi. E ritrovarsi sempre uguali e, di volta in volta, ingigantite. E', il libro di Dal Masetto, la cronaca puntuale dello sgretolarsi della realtà di fronte ad una semplice minaccia, all'ombra di una minaccia: i tipi strani diventano creature diaboliche non tanto per quello che fanno, o dicono, perchè non fanno né dicono nulla, ma piuttosto per quanto accade nelle strade attorno, le urla, gli strepiti e poi il marciapiede vuoto e una Ford Falcon che si allontana: è il contesto che rende dei semplici tipi strani in potenziali carnefici. L'orrore non è mai mostrato, il pericolo incombe, ma non mostra il proprio volto, ed è questo celarsi che sfoglia poco alla volta la maschera di tranquillità borghese e fa riemergere l'istinto primordiale della fuga e della sopravvivenza. Pablo è uno come tanti abbiamo detto, l'uomo nella folla - e nella follia -, non è caratterizzato in maniera particolare, all'autore non interessa, lo abbozza appena, non deve fare nulla Pablo, non è interessante di per sé stesso, è una parte all'interno di un meccanismo. E' quella parte che ad un certo punto scopre di essere porzione di quel dato meccanismo che, sa, lo porterà ad essere stritolato. A stritolarsi da solo prima che altri lo depongano definitivamente da essere umano. Non necessita, la narrazione, di mostrare la tortura, lo strazio delle carni, i voli dagli aerei, i corpi in caduta libera, non servirebbe nemmeno farne cenno, è cosa risaputa, a quello ci pensa già il Mondiale di calcio, quel Mondiale che è come il pagliaccio di It: basta la sua presenza per stendere un velo tetro su ogni altro aspetto. Quel mondiale che è l'unico referente della realtà storica durante la quale si svolgono i fatti: se non ci fossero i riferimenti alle partite, alle squadre, alle sfide, al procedere della competizione a connotare storicamente il realismo del racconto, potremmo tranquillamente leggerlo come una narrazione fantastica ambientata in un mondo irreale e d'ombra, creato dall'immaginazione cupa di uno scrittore imbestialito.

Pablo dunque è l'uomo, un uomo, che cade. Dapprima, che teme di cadere, poi che scopre di cadere (forse di essere in caduta da sempre), poi che sa di cadere, e infine diventa esso stesso caduta.

  La macchina narrativa di Dal Masetto mette in atto qualcosa di basilare, e complesso: ci mostra il meccanismo stesso del terrore che si fa materiale poco alla volta che prende atto di sé stesso, un insieme di cadute che si specchiano l'una con l'altra e formano un maelstrom nel quale Pablo, e tutti noi (perché il protagonista è Pablo, ma siamo tutti noi, potenziali prede di fronte al cacciatore), veniamo inghiottiti. Anzi, ci autofagocitiamo. La paranoia è il passo di danza che accompagna la caduta, lo sprofondo, lo sfaldamento delle basi del reale. La paranoia è il ritmo che scandisce i pensieri, le singole frasi del racconto, ne determina il ritmo, è il demiurgo che scolpisce la realtà e le dà forma di terrore strisciante. E quando la realtà perde consistenza resta a fissarci negli occhi ciò che dietro il reale si nasconde: l'abisso. L'atavico abisso che ci accompagna da sempre. La paura di essere prede quando si ha la certezza di non essere cacciatori. Dal Masetto, avendo descritto la paura sotto la dittatura argentina, ha raccontato la paura universale che possiede ogni uomo sotto ogni dittatura in qualsiasi parte del mondo in qualsiasi tempo.    

Antonio Dal Masetto. Nacque a Intra (Verbania) nel 1938 da genitori contadini. La sua famiglia emigrò in Argentina nel 1950 e si stabilì nella città di Salto. Qui imparò lo spagnolo leggendo libri della biblioteca del paese. Uno dei temi principali delle sue opere è quello dell'immigrazione, come in Oscuramente fuerte es la vida o La tierra incomparable (premio Biblioteca del Sur 1994). Da giovane lavorò come imbianchino, gelataio, impiegato pubblico, venditore ambulante, e giornalista. Il suo primo libro di racconti, Lacre, venne menzionato dal Premio Casa de las Americas. In italia sono stati tradotti E' sempre difficile tornare a casa (Einaudi 2004), El bosque (Le lettere 2004) e Il sacrificio di Giuseppe (La nuova Frontiera, 2009).
Fino alla morte, avvenuta il 2 novembre 2015 all'età di 77 anni, ha collaborato con la rivista Página/12 di Buenos Aires.