"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

domenica 18 gennaio 2015

Come diventai Monaca, di Cesar Aira, Feltrinelli editore

Quello che posso dire è che alla fine il(-la) protagonista non diventa monaca. Il titolo forse è un gioco di parole che può capire solo chi conosce il vesre, la parlata popolare del Rio de la Plata: per chi, come me, non lo conosce, c'è la nota esplicativa del traduttore a fine romanzoa spiegare il probabile gioco di parole del titolo, ma sconsiglio di leggerla se non a termine del libro, per non guastarvi il finale. La storia: si tratta di un anno, il sesto, nella vita di Cesar, il protagonista e narratore, un bambino che parla di sè al femminile, e di tutto ciò che durante questo suo sesto anno di vita sulla terra gli è capitato tra capo e collo (così direbbe Salinger, credo). Il romanzo, ambientato in Argentina tra Pringles e Rosario, si apre con un'ondata di avvelenamenti da cibo e termina con una serie di omicidi di bambini, rapiti, violentati e abbandonati nei campi da presunti vampiri. Il padre di Cesar lo accompagna a mangiare un gelato: è la prima volta per Cesar che fino ad allora non ne ha mai assaggiato uno e non sa cosa aspettarsi. Certo non il sapore terribile che si ritrova in bocca alla prima cucchiaiata. Il padre si inalbera, si sente offeso, si era immaginato di vedere la gioia e lo stupore affiorare sul volto del figlio, e non riesce a credere alla sua ottusità. La prende come una questione personale: ha messo al mondo un figlio talmente strambo (parla di sè, essendo maschio, come se fosse una femmina) da essere l'unico bambino al mondo incapace di apprezzare il gelato. S'infuria, ma quando alla fine -non per verificare la veridicità delle giustificazioni del figlio (cioè che il gelato è sì freddo, ma ha un sapore nauseante) bensì per dimostrargli di essere nel torto - assaggia a sua volta la coppetta di gelato alla fragola, la sua rabbia diviene cieca e si rivolge selvaggiamente contro il gelataio. Il gelato, in effetti, era disgustoso. Andato a male, o peggio. Cesar aveva ragione. Finisce con il padre che, in un accesso di folle rabbia, uccide il gelataio e finisce in carcere, condannato ad otto anni (forse così pochi perchè in fondo tutti i torti non li aveva), e con Cesar in ospedale curato per avvelenamento (in quel periodo, come detto, l'Argentina era vittima di una demenziale ondata di avvelenamenti alimentari). Da qui prende il via questo breve romanzo del poliedrico (nonchè prolifico) scrittore argentino Cesar Aira. Le vie (narrative) attraverso cui si snoda il romanzo, pur non essendo confuse, ci confondono. I morti ci sono, e da subito, c'è in sottofondo la follia collettiva degli avvelenamenti e la violenza cieca e mostruosa delle morti dei bambini (la faccenda misteriosa dei "vampiri"), ma non è un romanzo noir nè tantomeno horror. L'occhio del narratore, cioè Cesar, non percepisce la brutalità e l'insensatezza del mondo che lo circonda come tale o, per meglio dire, non dà a tali caratteristiche il peso ed il giudizio che ci potremmo aspettare; il suo narrare, per quanto sia testimone e protagonista di eventi per lo più incredibili, è quasi esclusivamente un raccontare veicolato al proprio interno. In questo senso si può intendere come un romanzo, seppur strampalato, di formazione o un racconto (non tanto per quanto) d'infanzia. Ma tutto il romanzo gioca in un territorio fuori dagli schemi: dalla lunghezza (romanzo breve o racconto lungo?), all'identità sessuale del protagonista (maschio o femmina?), al presunto o effettivo biografismo della narrazione (Cesar è Cesar Aira l'autore del libro o no?), al finale che chiude una storia in maniera sorprendente e spiazzante (senza però lasciare l'amaro dubbio che l'autore si sia inventato in fretta e furia un finale perchè stufo della sua stessa storia, come spesso avviene). Si tratta piuttosto di una biografia dell'anima, o qualcosa del genere. Mi spiego: non penso che Cesar Aira (l'autore) si sia avvelenato mangiando del gelato alla fragola all'età di sei anni, nè tantomeno che suo padre abbia ucciso a mani nude il gelataio, nè il resto degli accadimenti narrati ritengo siano nè verosimili nè comunque, anche qualora lo fossero, attribuibili alla vita dell'autore. I pensieri del protagonista si. Lo stupore quasi estatico di fronte allo scorrere incomprensibile del mondo, la tendenza (al limite - o oltre il limite - del patologico) all'invenzione, alla manipolazione del reale per poterlo in qualche maniera maneggiare con una grazia infantile che ogni volta rinnova il miracolo della creazione. Costruirsi un mondo su misura partendo da quello imperfetto e a tratti terribile che ci tocca calpestare ogni dannato (e/o benedetto) giorno, sostituire storie ed illusioni a quanto ci scorre di fronte agli occhi per poter prendere le distanze dal mondo quel tanto che basta per riuscire a viverci. Più in generale, questo Come diventai monaca può (e, a mio avviso, deve) essere considerato una biografia interiore dello scrittore (o, più in generale, dell'artista), intendendo lo scrittore con la S maiuscola, qualsiasi scrittore (qualsiasi artista). La maestria di Aira sta nel fottersene altamente della veridicità dei fatti che descrive e riportare con attenzione maniacale e (anatomo-)patologica la realtà assoluta di ciò che il suo protagonista prova, di come lo prova, di come lo interpreta e di come lo risputa al mondo modellato, cambiato, distorto, abbellito. Nella scrittura di Aira emerge lo stupore-non stupore della realtà vista dallo spazio quando per spazio intendo quello interiore di Cesar, che però, in un certo senso è uno spazio siderale, che dista dal mondo reale distanze infinite, pur rimanendo paradossalmente inner.
  Quando gustare un gelato alla fragola può creare interi universi narrativi (forse brevi, se consideriamo il numero di pagine un metro di misura, ma certamente ricchissimi).

Cesar Aira: scrittore e traduttore argentino (n. Coronel Pringles, Buenos Aires, 1949). Annoverato tra i più influenti autori latinoamericani, ha all’attivo più di sessanta pubblicazioni; tra queste racconti, romanzi e testi teatrali, ma anche numerosi saggi e articoli di critica letteraria. Oltre a essere un prolifico traduttore, A. è considerato un esperto dell’opera di O. Lamborghini e A. Pizarnik (suoi connazionali) e dei grandi poeti del simbolismo francese (fra tutti S. Mallarmé). Tra i lavori più recenti si ricordano Las aventuras de Barbaverde (2008), El error (2010) e El marmol (Il marmo, Sur edizioni: 2014) (2011); gran parte della sua produzione è disponibile per il mercato italiano. Allego qui un'intervista a Cesar Aira apparsa sul Blog di Suredizioni e, sempre sul medesimo blog, l'elenco di pagine che trattano di Aira: qui.