"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

sabato 22 febbraio 2014

Il viaggio del Naga, di Tew Bunnag, Metropoli d'Asia

  Il Naga è un'entità presente già presso i culti animisti pre-buddisti ed è raffigurato come un serpente a sette o a nove teste, rappresenta le forze oscure dell'universo, ma non solo: è un elemento dell'acqua che ne definisce la forza nutriente e, al contempo, quella distruttrice. In un certo senso è il protagonista di questo libro, che dà il via all'intrecciarsi degli eventi (apparendo in sogno) e li conclude sommergendo tutto e tutti e dispensando morte, distruzione e tragedia, ma nel libro, così come nelle credenze, è una presenza carsica che scorre invisibile sotto lo strato ordinato della narrazione e solo ogni tanto lascia emergere il capo (o i capi, sette o nove che siano) inquietante. Allora, Don è un monaco che, in seguito ad un sogno sinistro avente per protagonista appunto il Naga, lascia i voti e torna nella metropoli dalla quale era fuggito anni prima dopo aver ucciso accidentalmente un bambino. Marisa è una star, l'attrice dalla bellezza divina che tutto il paese conosce e idolatra, la bellezza pura in cui ogni ragazza thalinadese si rispecchia, e si trova ad una svolta della sua carriera: prima di scivolare in ruoli di secondo piano e sempre più marginali decide di reinventarsi produttrice. Arun è un pittore, un artista tormentato che rifugge il mondo nella stessa misura in cui non riesce a comprenderlo. Questi tre personaggi sono, senza saperlo, comunque non fino in fondo e certamente non tutti (l'unico che lo sospetta è Don, grazie al suo sogno), sono, dicevo, in balìa delle forze del Naga. Neppure noi lettori ce ne rendiamo conto e, se anche arriviamo a sospettarlo, comunque ce ne dimentichiamo presto grazie alla maestria ed alla misura con cui Bunnag segue e centellina le storie dei tre personaggi e l'intreccio che, poco alla volta, viene intricandosi. I tre s'incontrano al funerale di un sinistro e ambiguo personaggio pubblico, Pi O, il re dell'industria del divertimento (leggi:sesso), che in modi differenti ha toccato ognuna delle loro vite. L'opinione pubblica è divisa tra chi lo ritiene un uomo di successo e un buon datore di lavoro per i suoi dipendenti e chi lo vede come un semplice lenone senza scrupoli che sfrutta i corpi di chi lavora per lui per arricchirsi. I tre diventeranno amici, uniti da un terzo personaggio che evito di menzionare per non svelare troppo della trama, e si troveranno a fare i conti con il proprio passato e i propri demoni, aiutandosi l'un l'altro, fino a quando il Naga non deciderà di riemergere del tutto, mettendo a soqquadro l'intera Bangkok, e dando così un nuovo ordine alla realtà ed alle loro vite. Per quanto possa apparire scontato, il pregio principale della scrittura di Bunnag è la misura (in fondo è quanto ci si aspetta da uno scrittore orientale, almeno secondo i nostri pregiudizi, in questo caso positivi), il ritmo apparentemente piano secondo il quale fa muovere i personaggi, svela poco alla volta le loro storie senza peraltro mai scivolare nella tensione tipica dei thriller, ma senza neppure permettere che l'attenzione del lettore possa patire delle cadute. I personaggi sono ben delineati, apparentemente senza sforzo, nelle vicende e nelle psicologie che li caratterizzano, e Bangkok, la grande metropoli poggiata su paludi ancestrali che non aspettano altro che tornare ad imporre la loro presenza selvatica sulla modernità, svolge un ruolo anch'essa di coprotagonista, fungendo di volta in volta da specchio per gli stati d'animo di Don, Marisa e Arun, alternando sprazzi di lusso e modernità ad abissi di sfavillante povertà che, come le paludi, pare essere sempre sul punto di prendere il sopravvento e cannibalizzare ogni cosa in un'orgia di fame e malattia. I miasmi. L'inedia. L'ingiustizia sociale. Il kharma che tutto avvolge, come una nebbia collosa, e tutto giustifica, nella sua logica inoppugnabile ma distorta. Bangkok è tutto questo, e altro ancora, è l'industria del sesso che si è incarnata nello spirito stesso della città, che è divenuta qualcosa di molto simile ad una filosofia di vita, ammorsata saldamente al kharma, alla quale le persone si aggrappano come ad un'ancora di salvezza. Ogni abitante cerca a suo modo di strapparsi via dal fango delle paludi, per poi finire con l'accettare con inclinazione tutta orientale (altro pregiudizio) il volere del fato, o del Naga, o semplicemente del kharma. La città è un continuo tendersi di braccia per trovare un appiglio, per tirarsi via, per vincere la fame, e nel contempo un'apparente immobilità dove l'atavico si muove a braccetto con l'ipermoderno. Bangkok è il pozzo nel quale ci si tuffa (per sopravvivere, per perdersi, per dimenticare e farsi dimenticare) e dal quale si tenta di fuggire in cerca delle uniche cose che la città non può dare: pace, e ordine. Il libro è davvero ben riuscito, e la bravura di Bunnag sta nel miscelare i vari dosaggi narrativi senza che il lettore abbia modo di rendersi conto della maestria che serve per ottenere un simile esempio di equilibrio. Non immaginatevi una tipica storia come i nostri pregiudizi (di nuovo) di farang potrebbero farci sospettare, tutta pause, tempi immobili e saggezza millenaria: qui i monaci hanno dubbi, un passato tragico e un futuro ignoto, gli artisti non seguono un ideale classico di bellezza da imitare il più possibile alla perfezione, ma si lasciano rodere dalle loro inquietudini e dalle imperfezioni, struggendosi perchè la propria arte sia capace di riportarle al pubblico, per poi mettere in dubbio che la loro stessa arte sia davvero importante, e le attrici hanno un'anima da salvare, un passato da nascondere o da mostrare, a seconda dei momenti, e un futuro incerto.

  Spero che la casa editrice, Metropoli d'Asia, prosegua nel tradurre l'opera di Tew Bunnag, un autore che vale sicuramente la pena di seguire. A questo proposito vi consiglio di andare qui a leggere un interessante articolo di Tommaso Pincio su Bunnag.


Tew Bunnag: Personaggio poliedrico e cosmopolita, Tew Bunnag è nato a Bangkok nel 1947 da una nobile famiglia thailandese. Autore di saggi sul Tai Chi Chuan e di racconti, con Il viaggio del Naga firma il suo primo romanzo, già tradotto in Spagna e pubblicato negli Stati Uniti.

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