"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

domenica 2 febbraio 2014

Si sente? Tre discorsi su Auschwitz, di Paolo Nori, Marcos y Marcos edizioni

  Chi sia Paolo Nori non c'è bisogno di stare a specificarlo, però credo sia utile enucleare una linea di demarcazione tra la sua opera narrativa e la saggistica che poi, direi, può rientrare tutta, o quasi, sotto il titolo generico di "discorsi", dal momento che buona parte della saggistica pubblicata è la stesura dei suoi discorsi pubblici tenuti in differenti occasioni. Siccome, dicevo, è utile concentrarsi sulla linea che divide un genere dall'altro (i "discorsi" dalle "storie"), qui va sottolineato come questo confine in realtà è un po' come se non esistesse. Nel senso: esiste, ma è mobile, una sorta di muro di gomma nel quale narrativa e saggistica si compenetrano a vicenda (soprattutto i "discorsi" fanno ampio uso e di stile e di brani dei testi tratti dai romanzi), si sostengono a vicenda e finiscono per divenire qualcosa di molto simile gli uni agli altri. Ma non solo. Non è tanto una questione di similitudine quanto piuttosto che, insieme, formano un corpus unico estremamente coeso, dove lo stile sicuramente è il trait d'union, dove gli argomenti che sottendono le "storie" vengono poi sviscerati nei "discorsi" e, nei "discorsi", fanno riferimento più che esplicito alle "storie" (i brani citati di cui sopra). Poi c'è un altro aspetto da prendere in considerazione, oltre l'autoreferenzialità (sia stilistica che tematica) dell'autore: vale a dire l'universo noriano di riferimento: l'Emilia e la Russia, il suo viaggio in Russia, il suo lavoro di traduttore, sua figlia Irma, la mamma di Irma, Francesca, Charms, Chlebnikov, le sue gatte (belle), il suo essere anarchico, suo padre che faceva il muratore ed è morto di tumore, Basilicanova, Parma, Bologna, i modi di dire emiliani (fiondare, ad esempio, al posto di fottere, o trombare, o scopare), la Achmatova e via discorrendo. Spesso, nei suoi "discorsi", che parlino del rapporto tra noi e i governi o di letteratura russa o dell'olocausto, ritroviamo gli stessi esempi, le stesse citazioni, il suo tipico e apparente divagare, svagato e ironico (testardo, come a dire: io sono questo qui, se vi sta bene, sono così, altrimenti potete pure smettere di leggere e fare qualcos'altro di più utile all'umanità), spesso, a ripensarci, una volta letti, a tornarci indietro con la mente si fa fatica a distinguere uno dall'altro. Perchè sono così coesi appunto. I romanzi sono pieni di autobiografismo (anche se rimangono romanzi e non autobiografie, ovviamente), il suo stile è un coacervo di parlato e modi dire e volontarie sgrammaticature (più che altro di-sintassature, se così si può dire), e i suoi discorsi sono colmi dei suoi romanzi che a loro volta rimandano nei concetti e nel "sentito" ai temi dei discorsi. E via discorrendo. Questo per dire che Si sente? è un volumetto pubblicato dalla Marcos y Marcos nel quale si raccolgono tre discorsi di Paolo Nori tenuti a Cracovia durante la manifestazione "Un treno per Auschwitz" (organizzata dalla fondazione Fossoli): Esattamente il contrario, nel 2009, Noi la farem vendetta, nel 2011, Birkenau nel 2013. I tre discorsi sono quanto non ti aspetteresti di sentire in un'occasione come il ricordo della tragedia della Shoah, almeno a prima vista. Lo stile di Nori è quello della divagazione, della ripetizione, del parlato apparentemente distratto e confuso, dei fili che si perdono dentro una parentesi all'interno della quale si apre una seconda parentesi e così via. Data la tragicità dell'argomento può essere un modo criticabile di esrpimersi, ma Nori è così. Se vi va, lo seguite, altrimenti liberi di fare altro. D'altronde, se ci si lascia trasportare dall'affabulazione un po' balbuziente dell'autore, dal suo argomentare come se si fosse tutti attorno ad una tavolata a ragionare in una taverna, se si mollano gli ormeggi e si decide che sì, alla fine dei conti, ci sta bene di seguirlo nei suoi sproloqui, siamo disposti a fidarci, ci rendiamo conto che poi proprio sproloqui non lo sono, affatto, che i suoi discorsi sembrano ripetersi da un libro all'altro ma poi, a tirar le somme, il significato di ognuno è differente dall'altro, ed è un significato profondo che difficilmente si può portare a galla, vien da pensare, in un modo diverso, più lineare e standard rispetto a quello colloquiale, quasi leggero, di Nori. In questo libro i tre discorsi parlano, rispettivamente: di eugenetica, di vendetta, e di bottoni (o di Birkenau, ma secondo la logica noriano è lo stesso, e vedrete che non ha tutti i torti), ma in realtà parlano tutti e tre in egual misura anche se con focus differenti di qualcosa di intangibile, di quegli slittamenti di senso che proviamo nella vita di tutti i giorni e che, a volte, non rendendocene conto, portano a mostruosità quali Auschwitz, o Birkenau. Parlano del perchè le opnioni ripetute da chi ci sta attorno finiscono per diventare nostre, anche se non ce ne rendiamo conto - nostro malgrado potremmo dire -, del perchè dei semplici bottoni possono essere la storia di una famiglia e del perchè vivere in un mondo già bello e costruito sulle opinioni e le battaglie di altri può essere (anzi, è) una disgrazia,  parla di come l'unica vera condanna per il comandante del campo di Auschwitz non potesse essere altro che essere sè stesso. Sè stesso e nient'altro. Essere quella cosa terribile lì, quell'essere osceno che è stato. Ci racconta di come il reiterarsi delle cose inevitabilmente porta con sè lo smarrimento del senso delle cose reiterate: ogni tanto dovremmo ricordarci che siamo vivi. Ogni tanto dovremmo vedere il mondo come dei deficenti, come se lo vedessimo per la prima volta, smontando in un sol colpo tutte quelle strutture (storture, a volte) mentali che distanziano inevitabilmente e definitivamente (tragicamente) il mondo degli adulti da quello dei bambini (che hanno il diritto di piangere, tra l'altro: chi leggerà il libro, capirà). Ogni tanto dovremmo essere fieri del nostro essere deficenti, del nostro pensare per conto nostro, del nostro amare i libri, di quel nostro inconsapevole essere sudditi fieri e felici di quell'impero che è la letteratura, dove sono i nostri autori preferiti a fare le leggi che seguiremo per tutta la vita, o per parte di essa.

  Paolo Nori è nato a Parma nel 1963. Ha pubblicato
  Le cose non sono le cose (Fernandel 1999, DeriveApprodi 2009), Bassotuba non c’è (DeriveApprodi 1999, Einaudi 2000, Feltrinelli 2009 e, in ebook, Sugaman 2013), Spinoza (Einaudi 2000), Diavoli (Einaudi 2001), Grandi ustionati (Einaudi 2001, Marcos y Marcos 2012 e, in audiliobro, Marcos y Marcos 2013), Si chiama Francesca, questo romanzo (Einaudi 2002, Marcos y Marcos 2011), Gli scarti (Feltrinelli 2003), Pancetta (Feltrinelli 2004), Learco. In un’ora, nove romanzi in musica con Learco Ferrari, in un’ora (con Fabio Bonvicini, audiolibro, Luca Sossella 2004), Ente nazionale della cinematografia popolare (Feltrinelli 2005) I quattro cani di Pavlov (Bompiani 2006), Noi la farem vendetta (Feltrinelli 2006), La vergogna delle scarpe nuove (Bompiani 2007), Siam poi gente delicata (Laterza 2007), Mi compro una Gilera (Feltrinelli 2008), Pubblici discorsi (Quodlibet 2008), Baltica 9 (Laterza 2008 – con Daniele Benati), I libri devono essere magri (illustrazioni di Giuliano Della Casa, Tre lune 2008),  Esattamente il contrario (illustrazioni di Fausto Gilberti, Drago Edizioni 2009), I malcontenti (Einaudi 2010), A Bologna le bici erano come i cani (Ediciclo 2010), La matematica è scolpita nel granito (Perda Sonadora 2010 e, in ebook, Sugaman 2010), La meravigliosa utilità del filo a piombo (Marcos y Marcos 2011), Presente (Einaudi 2012, insieme a Andrea Bajani, Michela Murgia e Giorgio Vasta), Tredici favole belle e una brutta (Rizzoli 2012, illustrazioni di Yocci), Garibaldi fu ferito. E noi? (Il Sole 24 ore 2012), La banda del formaggio (Marcos y Marcos 2013), La Svizzera (ilSaggiatore 2013), Mo mama. Da chi vogliamo essere governati (Chiarelettere 2013), Si sente? Tre discorsi su Auschwitz (Marcos y Marcos 2014).
Ha tradotto e curato l’antologia degli scritti di Daniil Charms Disastri (Einaudi 2003, Marcos y Marcos 2011), l’edizione dei classici di Feltrinelli di Un eroe dei nostri tempi di Lermontov, delle Umili prose di Puškin, delle Anime morte di Gogol’, di Padri e figli di Turgenev, di Oblomov, di Gončarov e della Morte di Ivan Il’ič, di Tolstoj, l’antologia di Velimir Chlebnikov 47 poesie facili e una difficile (Quodlibet), l’edizione, per Voland, di Chadži-Murat di Tolstoj e delle Memorie del sottosuolo di Dostoevskij e è autore, insieme a Marco Raffaini, di una Storia della Russia e dell’Italia (Fernandel 2003).
Ha curato il numero di Panta Emilia fisica (Bompiani 2006), è stato tra i redattori del settemestrale di letteratura comparata al nulla L’accalappiacani (1-5, DeriveApprodi 2008-2010).
Ha scritto e interpretato la commedia Lunga, la strada, per la regia di Gigi Dall’Aglio (2007), nonché diversi spettacoli fondati sulla lettura (uno dei quali Learco, con Fabio Bonvicini, è diventato un cd audio per Luca Sossella editore, 2003), che sono andati in scena in diversi teatri italiani dal Teatro Argentina di Roma (con I Bogoncelli), al teatro Mercadante di Napoli (Lunga, la strada), al teatro Valli di Reggio Emilia (Quel canchero di Majakovskij, con Umberto Petrin), alle Papesse di Siena (Musica adeguata, con Marco Raffaini), al festival GNAM di Parma (I libri devono essere magri, con Giuliano Della Casa), alla Palazzina liberty di Milano (Noi e i governi, con le mondine di Novi).
Dal 2006 ha tenuto, prima a Reggio Emilia poi a Bologna, i corsi della scuola elementare di scrittura emiliana e della scuola media inferiore di scrittura emiliana e, all’Argentiera (SS), a Rimini, a Genova, a Paullo (MI), a Torino, a Milano, i corsi della scuola elementare di scrittura emiliana all’estero. Eccetera...

2 commenti:

  1. bellissimo sito, anche se il complimento è un pò di parte.... ciao e buon lavoro di traduzione m rivelli

    RispondiElimina
  2. Ciao Massimo, e grazie per i complimenti!

    RispondiElimina