"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

mercoledì 12 novembre 2014

Le notti di Reykjavik, di Arnaldur Indridason, Guanda editore

  Gli slittamenti di luogo e tempo paiono essere diventati il marchio di fabbrica di Arnaldur Indridason (Le abitudini delle volpi, Cielo Nero e Sfida cruciale). Dopo aver fatto tornare Erlendur nei luoghi dove ha trascorso l'infanzia e perso il fratello in un tormenta di neve (Le abitudini delle volpi), alla ricerca quindi del proprio passato, nel tentativo, se non di farci pace, almeno di scendervi a compromessi, dopo aver descritto le indagini dei colleghi lasciati soli a Rekjavik in una sorta di montaggio parallelo (Cielo nero) ed essere tornato indietro nel tempo, fino ai giorni della storica sfida di scacchi tra Spassky e Bobb Fisher (Sfida cruciale), per seguire le indagini di una giovane marion Briem (il futuro capo di Erlendur), lo scrittore isalndese questa volta incasella un nuovo tassello del puzzle della vita del suo protagonista, riportandolo ai suoi esordi in polizia, quando, giovane agente della stradale, si trova ad indagare suo malgrado su due casi che, al principio, paiono non aver alcun punto in comune.Il giovane Erlendur è già taciturno, ombroso, riflessivo, profondamente segnato dalla tragedia della scomparsa del fratellino e da questa ossessionato nell'intimo. Comincia a collezionare e a leggere tutti i libri che gli riesce di trovare sulle scomparse avvenute in Islanda durante nevicate o altri eventi naturali, è totalmente impermeabile alla febbre americana che in quegli anni colpisce la sua terra, non possiede televisione, non ama gli hamburgher, non ama le pizze, e non si cura di avere un qualche cosa di anche vagamente simile ad una vita sociale. Tra una rissa da sedare, un incidente stradale e una violenza domestica (quasi tutte causate dall'alcool), Erlendur trova il tempo e la muta concentrazione (nonchè un certo compassato ardimento) di approfondire la morte, apparentemente per annegamento, di Hannibal, un senzatetto che aveva avuto modo di conoscere durante le sue ore di servizio. Hannibal annega vicino alla sua dimora (tubazioni del teleriscaldamento) in una quantità d'acqua che pare insufficente, al giovane agente, per causarne la morte. Da questo primo vago sospetto, oltrechè (se non soprattutto) dal suo interesse per la vicenda umana di Hannibal, Erlendur, si immerge nel sottobosco della vita sociale della capitale islandese, quello dei senza tetto, e lo sonda con il suo personale stile, quasi in punta di piedi, attento alle esistenze di coloro coi quali entra in contatto, ma al contempo inflessibile nella sua volontà di giungere ad una soluzione. La scomparsa di una donna che pare "una gioielleria ambulante" nello stesso week end in cui Hannibal muore, è un ulteriore stimolo per l'indagine di Erlendur. Inoltre, in questo ennesimo volume della saga che verte attorno, non solo alla figura di Erlendur ed alle sue indagini ma, quasi di pari passo, e sicuramente con pari dignità, anche alle sue vicende umane, assistiamo (quasi col fiato sospeso, pur sapendo perfettamente quali saranno gli sviluppi successivi) al primo incontro tra il protagonista e quella che sarà, prima sua moglie, poi la madre dei suoi figli, ed infine una ex moglie terribilmente rancorosa. E' un flashback inquietante e poetico che, ben sapendo che influsso avrà sulla vita di Erlendur (i due figli e le loro storie travagliate, la droga, le incomprensioni, la rabbia ed il nipote), ci stupisce per la levità con cui la vita ti pone di fronte a dei bivi che si riveleranno essenziali nel caratterizzare le nostre esistenze. A volte, paiono come soffi di vento gelido che giunge dolcemente dalle foreste innevate e silenziose e finiscono per rivelarsi vere e proprie tempeste nelle quali si perde tutto, non solo i fratelli, ma anche i propri figli e, infine, sè stessi.
  L'ennesimo libro, perfettamente calibrato, di Indridason. Questo volume e arricchito dal commento di Camilleri che ci rende noto di aver già letto 5 libri della serie di Indridason. Con tutto il rispetto per Camilleri e per il suo Montalbano, i libri di Indridason li leggo a prescindere da qualsiasi consiglio.

Arnaldur Indriðason (Reykjavìk 28 Gennaio 1961)è uno scrittore islandese, noto particolarmente per i suoi romanzi polizieschi che hanno come protagonista il personaggio di Erlendur Sveinsson.
La traduttrice delle sue opere in italiano è Silvia Cosimini. Tutti i romanzi tradotti in italiano sono stati pubblicati dalla casa editrice Guanda.
Vive a Reykjavík, è sposato e ha tre figli. Dal 1981 al 1982 ha lavorato come giornalista al Morgunbladid. In seguito ha lavorato come giornalista indipendente e come critico cinematografico. Si è laureato in storia nel 1996 all'università islandese.
Ha iniziato la sua carriera di scrittore nel 1997 pubblicando il primo romanzo della serie dedicata al commissario Sveinsson. Ha vinto numerosi premi, fra i quali Glasnyckeln e Gold Dagger.
Su questo blog è già stato recensito il suo romanzo La signora in verde e Le abitudini delle volpi 

Nessun commento:

Posta un commento