Alejandro Zambra scrive bene, è fuor di dubbio, ma si ha sempre l'impressione che si trovi a scrivere lungo una china rischiosa che separa il futile (ed il volatile, il poetico) dall'essenziale. Mi spiego, o almeno ci provo. Ha quella capacità metapoetica di rivoltare le frasi come calzini e reimpostarle ad effetto, come se, così facendo, avesse trovato la formula giusta per scoprire una qualche essenziale verità che se ne sta acquattata e nascosta dietro la realtà, alle spalle delle parole che la realtà compongono. Tutto questo con una scrittura elegante, moderna, fluida e accessibile. Non per niente è uno dei giovani scrittori più promettenti del Cile e dell'America latina (Granta dixit). Poi, però, se ci pensi a fondo, se levi dalla superficie l'effetto ipnotico lasciato dallo stile e dal ritmo, e ti domandi se davvero, dopo averlo letto, ne sai di più, se realmente ti ha portato per mano in territori di cui ignoravi l'esistenza, o che immaginavi fossero reali, da qualche parte, ma non avevi idea di come fare a raggiungerli, ecco, in quel momento ti viene il dubbio. Non è una certezza, beninteso, è una titubanza che ti frena un attimo prima di consacrarlo, anche solo con te stesso, nell'intimità della tua testa, come un grande. Per un attimo, un attimo lungo, lunghissimo al limite della non finitezza, ti resta l'impressione di essere stato preso elegantemente per il culo. O, per meglio dire, di essere stato il protagonista di un gioco di prestigio al quale non sapevi neppure di assistere. Il protagonista è presumibilmente l'autore, che ricorda la notte in cui si trovò con la propria famiglia e con tutte le famiglie del rione e di Santiago del Cile per strada, ad aspettare che la successiva scossa di terremoto spazzasse definitivamente via le loro case, le loro vite, la città e, con gli occhi di bambino, l'universo intero. La notte in cui conobbe Claudia, la nipote di Raùl, il vicino di casa single, presunto democristiano, silenzioso e, a suo modo, misterioso (misterioso nel suo non essere misterioso, ma solo riservato, apparentemente). Quello è il punto che Zambra sceglie per portare avanti una sua personale riflessione su sè stesso, sulla sua famiglia e sulla storia del suo paese. Qui però, al contrario del libro di Pron (Lo spirito dei miei padri si innalza nella pioggia), che toccando diversi registri e dilungandosi in elenchi lunghissimi ed apparentemente superficiali rimane però ossessivamente legato ad un'indagine meticolosa e drastica, la storia va sfilacciandosi, rimanendo in superficie e solo di tanto in tanto affondando (o dando l'impressione di farlo) secondo quella tecnica del calzino rivoltato citata in precedenza. Il protagonista, bambino, viene incaricato da Claudia - che non è proprio amica in quanto più grande, non è per nulla fidanzatina nè altro - di seguire lo zio e di farle rapporto settimanalmente. Poi, saltiamo temporalmente e, senza aver scoperto nulla delle motivazioni e delle conclusioni di quell'indagine, ritroviamo il protagonista adulto, con un matrimonio alle spalle che cerca tanto disperatamente quanto passivamente di rimettere in piedi (se non il matrimonio vero e proprio, la relazione con la moglie). Conosciamo la famiglia di lui, persa in una strana immobilità che pare averla permeata da sempre, come se sotto la dittatura quell'immobilità, quell'atarassia che sfiorava (o sfociava ne) l'ignavia avesse consentito la sopravvivenza stessa della famiglia, senza scossoni apparenti, traumi, drammi nè morti. Se nel libro di Pron la mancanza di senso dell'esistenza del figlio viene sublimata dalla lotta e dalla sconfitta dei genitori (e quindi il suo raccontarla diventa atto a sua volta dovuto, e portatore di senso), qui l'assoluta mancanza di ideali e di posizioni del padre lascia il protagonista senza nulla da dire, senza nulla da scrivere nè da raccontare se non scampoli confusi della propria vita per lo più insignificanti. Claudia torna, ormai adulta, anzi ritorna dagli Stati Uniti e intrattiene una relazione per lo più anafettiva col protagonista, ma è lei la vera protagonista del romanzo, è lei che torna per spiegare e per raccontare la sua storia, la storia della sua famiglia al protagonista, perchè a sua volta la racconti, ma sà già che è così non avverrà, perchè non sarà la sua storia ad essere raccontata, ma quella dell'autore. In realtà, arriviamo a conoscere per sommi capi la storia di Claudia e ci chiariremo diversi punti interrogativi lasciati in sospeso all'epoca in cui lei e il protagonista erano bambini, ma questo, che dovrebbe essere il centro pulsante della narrazione, e il punto da cui tuffarsi ed immergersi in un mare più grande, più profondo e certamente più oscuro, rimane invece semplicemente una parte, una porzione, annegata nelle elucubrazioni un tantino troppo esistenzialiste (troppo manieristicamente esistenzialiste) del protagonista, che si barcamena tra rapporti da cui non riesce ad ottenere risposte definitive. Non le ottiene dalla (ex) moglie e non le ottiene dal padre, e neppure le ottiene dalla stessa Claudia. L'impressione che rimane è quella di una fotografia sfocata, ma non perchè i soggetti siano in movimento, quanto perchè il fotografo non ha avuto mano ferma, un quadro d'insieme fuori fuoco che ci rimanda una scena un po' cupa se non proprio triste. Eppurtuttavia una foto che ha un suo fascino, che ci cattura a studiarla, a domandarci fino a che punto i suoi difetti sono voluti e dove invece sono effetto della strategia compositiva del fotografo.
Alejandro Zambra è nato nel 1975 a Santiago del Cile, dove vive.
Poeta, narratore e critico letterario, insegna letteratura
all'università Diego Portales e scrive per il supplemento "Babelia" di
"El País" e per la rivista messicana "Letras Libres". Il suo primo
romanzo, Bonsai (Neri Pozza 2007), ha vinto il premio cileno
della critica. Nel 2010, Zambra è stato segnalato dalla rivista "Granta"
come uno dei migliori giovani narratori di lingua spagnola.
"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)
giovedì 29 agosto 2013
Modi di tornare a casa, di Alejandro Zambra, Mondadori editore
Etichette:
Alejandro Zambra,
Libros,
Modi di tornare a casa,
Mondadori editore
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Questo libro mi ispira davvero tanto. Grazie per averlo recensito così chiaramente. Un saluto
RispondiEliminaGRazie a te per il commento benevolo (fa sempre piacere, ammettiamolo)... e complimenti per il tuo blog.
RispondiEliminaHo avuto modo di dargli solo un'occhiata, ma l'ho messo tra i preferiti e non appena ho tempo lo leggerò a fondo.
Ciao
Buonasera! Quando scrive le recensioni di libri stranieri, sarebbe utile e, soprattutto, giusto che scrivesse anche il nome del traduttore.
RispondiEliminaGrazie a nome della categoria.
Saluti.
Francesco
Gentile Francesco, la ringrazio per l'appunto, che mi permette di tornare su un proposito che già mi ero prefissato e che, per ragioni di tempo (recuperare tutti i libri qui recensiti e modificare i post per inserire il traduttore mi costa tempo, tempo che, spesso, purtroppo, mi manca) non ho ancora messo in pratica. Conosco perfettamente l'importanza di una buona traduzione (mi viene in mente, uno su tutti, Bocchiola per Welsh) e in alcuni post di questo blog vi ho fatto riferimento. Comunque il non inserire il nome del traduttore insieme a quello dell'autore e della casa editrice sono d'accordo con lei che è attualmente una mia mancanza.
RispondiEliminaNon le prometto di porvi rimedio in tempi brevissimi, ma sicuramente lo farò.
Grazie ancora per il suo commento.
Spero di averla ancora tra i lettori di quest blog.
Un saluto,