"Quando si trova un coniuge ammazzato, la prima persona inquisita è l'altro coniuge: questo la dice lunga su quel che la gente pensa del matrimonio."
pag.48 / Famiglia I
Ma:
" I tempi corrono, ed oggi la situazione è più complessa. Tra gli inquisiti non c'è più solo l'altro coniuge, ma i figli. E' bene accertare se fra costoro qualcuno sappia usare armi da fuoco, mazze ferrate, o abbia una modesta competenza in fatto di veleni. "
pag.48 / Famiglia I
Per poter recensire qualsiasi libro di Manganelli (o almeno tentare di farlo, avvicinarsi a farlo) è necessario inoltrarsi nel mistero della sua arte: comprendere (o almeno tentare di farlo, avvicinarsi a farlo) come sia possibile ricercare la menzogna in letteratura (o per meglio dire: la letteratura come menzogna; Feltrinelli 1967) e, lungo la strada di quella "quête", incappare nella verità sottile che sempre sottende la realtà. Rimanere italiano nella stessa identica misura nella quale Manganelli è forse il più internazionale dei nostri scrittori, di un'italianità pazientemente sopportata ma non subita, grazie ad un'ironia paradossale che, invece di nascondere la mostruosità del reale nazionale, lo svela, relegandolo a deforme mobilio da celare nel casalingo stanzino degli orrori. L'italianità in Manganelli è quel modo provinciale di essere bestiale a tal punto da lasciar stupefatti che possa sfociare in qualcosa di anche solo limitrofo al concetto di civiltà. Eppure tutto ciò non lo tange, lo porta a reagire con la scrittura, sornione eppure di una precisione da cecchino. Smonta il mito Pasolini, con una grazia feroce che ha la potenza del knockout. Pone sotto la sua lente la famiglia (degli anni '80) e la percuote di sberleffi così chirurgici che, una volta letti, paiono ovvi. La lente con la quale Manganelli scruta la realtà è deformante o, al contrario, la lente è perfettamente liscia ed è la realtà ad essere deforme? La famiglia, le tasse, l'aborto, Pannella, Almirante, la Domenica, le vacanze, l'Italia del benessere e dell'inganno perenne in primo luogo verso sè stessa. Carosello, Pertini, i democristiani, il sedere. Il vilipendio, lo zio. Altro mistero, nel mistero Manganelli, questo genio dal cognome disneyano (potrebbe tranquillamente essere un superiore o un sottoposto del commissario Basettoni, non solo per l'onomatopea ma anche, se non soprattutto, per la fisiognomica) è lo stile. Ricco all'eccesso di barocchismi ed inventiva linguistica, sovraccarico anche (se non soprattutto) quando non necessita, un'esplosione continua di aggettivazioni ricercate e, talvolta, desuete, lo stile è sapientemente manovrato dall'io narrante (tanto più ovviamente in questi pezzi giornalistici): dovrebbe risultare tedioso, saccente e farraginoso: lo sfoggio di un erudito tricheco da biblioteca. Niente di più lontano dalla realtà. L'ironia e il gusto del paradosso si sfogano innanzitutto sul periodare stesso dell'autore che, per primo, è oggetto della propria selvaggia volontà demitizzante. La letteratura, appunto, come menzogna, e come tale, per quanto alta, mai degna di seriosità.
"Come tutti gli italiani degni di questo nome, io sono un cittadino mediocre, diciamo pure scadente. "
pag.93 / Tasse I
"... incapace di frequentare metodicamente le biblioteche nostrane, di compilare schede, di catalogare argomenti, di redigere note, ho dovuto ridurmi a fare il genio. Miserabile fine, per chi era nato per gli studi.Ma in questo modo mi sono esentato da tutto ciò che non so fare, che è, appunto, tutto."
pag.106 / Tesi di laurea II
Com'era ovvio fin dall'inizio di questo post, il mistero resta, la recensione non è possibile, si può scavare ad oltranza, ma non è possibile trovare la fonte dalla quale scaturisce il genio di Manganelli. Il genio d'altronde, lo si può ammirare, studiare, registrare, fors'anche imitare (vanamente), ma mai comprendere. Chi conosce Manganelli, chi lo ha letto, e lo legge e rilegge (nota per chi ancora non lo conosce: è inevitabile rileggerlo, e rileggerlo ancora), può capire cosa intendo. Manganelli non è mai solo contenuto, e mai solo stile: questa raccolta di articoli non è solo una fotografia di una nazione misera e miserevole, e a suo modo buffa, anche se controvoglia, e neppure un semplice esercizio di stile: è altro. Un mammifero italiano appunto, suo malgrado.
" Non dispongo di una famiglia, e ne sento la mancanza. Non ho, ad esempio, una moglie indifesa da percuotere a sangue per motivi di minestra, e bambini da terrorizzare con mirabili malumori cosmici."
pag. 51 / Famiglia II
Fu anche recensore e critico e collaborò con numerose riviste di quegli anni: “Il Giorno”, “L’Illustrazione italiana”, “Grammatica”, nonché la rivista “Quindici”. Manganelli fu anche traduttore, di Poe in particolare, su suggerimento e proposta di Calvino. Tra le sue opere più importanti ricordiamo: Hilarotragoedia (1964), Agli dei ulteriori (1972), Pinocchio: un libro parallelo (1977), Centuria (1979), Angosce di stile (1981), Laboriose inezie (1986), Improvvisi per macchina da scrivere (1989), Esperimento con l’India (1992), Il rumore sottile della prosa (1994), La notte (1996), L’infinita trama di Allah. Viaggi nell’Islam 1973-1987 (2002).
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