"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

venerdì 17 agosto 2012

La figlia del boia, di Oliver Potzsch, Neri Pozza editore

Siamo nel 1659, a Schongau, in Baviera e in riva al fiume viene trovato agonizzante Peter Grimmer, il figlio undicenne del barconiere. Morirà poco dopo, a causa di un taglio che gli ha squarciato la gola. Sulla spalla, però, chi lo soccorre nota un segno. Nel giro di nulla la popolazione si lascia prendere dall'isteria collettiva perchè il segno sulla scapola del piccolo Peter è senza dubbio un segno tracciato da una strega. Se ci sono le streghe in azione, come nella stessa città era capitato anni prima, vuol dire che c'è lo zampino del diavolo e, forse, il diavolo stesso che se ne va in giro per la città a sgozzare bambini. Viene incolpata ed incarcerata Martha Stechlin, la levatrice, e conoscitrice di erbe e medicina naturale. Tanto basta. La gente ha già deciso, è lei la strega e come tale deve bruciare, ma non prima di essere torturata. La tortura è prevista dalla legge in quanto mezzo per far confessare l'incriminato. E la tortura è il mestiere di Jakob Kuisl, il boia di Schongau. Jakob Kuisl, tra le altre è cose, è il tristristrisnonno (o qualcosa del genere) di Oliver Potzsch, l'autore di questo libro. E' un uomo alto, alto quasi due metri, barba nera e dita come artigli, e dotato di forza prodigiosa. Ma non solo. Anch'egli, come la Stechlin, che ha messo al mondo i suoi tre figli, s'intende di erbe e, oltre che temuto dalla popolazione locale, è anche ricercato per le sue qualità di guaritore. Jakob Kuisl non crede alla colpevolezza della Stechlin, ma se non riuscirà a dimostrare la sua innocenza dovrà essere lui stesso a torturarla prima e a darle la morte dopo. Di lì a poco muore un altro bambino Anton Kratz, di fronte alla porta di casa, anche lui assassinato, e anche lui con sulla pelle il simbolo magico. L'isteria a questo punto è fuori controllo. Aggiungiamo a tutto questo, una classe di commercianti cittadini corrotta ed in lotta al suo interno e con la controparte della città vicina, la costruzione di un lazzaretto inviso a buona parte della cittadinanza, un magazzino dato alle fiamme, e la figura del diavolo che si aggira effettivamente per la città in cerca di altre piccole vittime. Si sta parlando del diavolo in carne ed ossa, con la sua proverbiale zoppìa ed una mano fatta di ossa, coperto da una mantella nera e da un cappello piumato. Il boia, aiutato dal giovane medico Simon Fronweiser e dalla figlia Magdalena, si getta a capofitto in un'indagine impossibile, contro il tempo, contro le credenze dell'epoca, contro i maneggi dei commercianti e contro sè stesso, oltrechè, ovviamente, contro il diavolo. Il romanzo, solido, caso editoriale in Germania, non è certo il nuovo Il nome della rosa, ma è una lettura di quelle che - scusate il luogo comune - quando le cominci non riesci a smetterle. Ed è la verità. D'altronde, il medioevo, una cittadina coi suoi intrighi ed i suoi veleni, una storia d'amore, un gruppo di orfanelli minacciati dal diavolo in persona, un'epoca in cui bastava un sospetto per passare da stimato cittadino ad adepto del maligno e in cui la tortura era considerata il mezzo più idoneo per verificare la veridicità degli argomenti degli accusati, tutto questo mescolato assieme nelle giuste proporzioni non può che dare come risultato un romanzo intrigante. Come va a finire è facile da immaginare, ma anche altrettanto inutile, perchè non è quello il centro dell'interesse (come in realtà non lo è mai, o come non dovrebbe esserlo mai), il bello è il viaggio nel tempo che il libro ci concede, anche se si tratta di un tempo buio e folle all'inverosimile ma poi, a ben vedere, ce ne si rende conto mentre si legge, un tempo non così diverso dal nostro, purtroppo.

 Oliver Pötzsch è nato nel 1970 e vive a Monaco di Baviera con la sua famiglia. Ha lavorato a lungo come sceneggiatore per la televisione tedesca ed è un discendente dei Kuisl, la dinastia di boia a cui appartiene anche il protagonista del suo romanzo, realmente esistita e che ha svolto il mestiere per 300 anni.

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