L'esistenza descritta vive di una geografia ben precisa e sempre uguale a sé stessa: l'appartamento, le passeggiate, sempre le stesse strade, il negozio di libri usati: pochi punti che delineano la topografia entro la quale il proprio corpo si muove, metodicamente, quasi barcollando, con un'andatura balbuziente, da vecchio che si adatta all'idea di impaurirsi del mondo esterno, che sempre si pone in una condizione di autoauscultazione dei propri acciacchi, dei segni che il proprio corpo gli invia per metterlo in allarme, ma quella mappa diviene da subito la tela sulla quale Levrero riporta per intero la propria vita mentale (intendo dire mentale prima ancora che interiore), i ricordi, le storie che si aprono come riflessioni improvvise per poi a volte, spesso, non terminare in nulla, gli appunti per storie da sviluppare, le morti degli amici che gli giungono come attutite da una lontananza a volte geografica a volte temporale, gli accenni - pochi - asfittici alla figlia, la scrittura come àncora di salvezza ma al contempo così terribilmente difficile da praticare. Il reale dunque, pur se descritto nella sua mera quotidianità, viene percepito come in bilico, costantemente sul punto di sfaldarsi. Ed è proprio il concetto stesso di reale che il romanzo rende "luminoso", quel non esaurirsi in sé stesso o, per meglio dire, nella percezione che normalmente ne abbiamo: altre dimensioni si aprono su quella presente, e lo stesso essere umano, lo stesso autore, nel raccontare la banalità di una vita quasi bidimensionale, permette agli squarci "luminosi" di brillare in tutta la loro forza. Non solo la realtà è più complessa e dimensionata di quanto siamo soliti pensare ma lo stesso essere umano lo è. Levrero, autore quasi sconosciuto in Italia (incomprensibilmente), scrive un diario che, come tale, non finisce e abbozza un romanzo, non terminato anzi, appunto, solo abbozzato, e parlando direttamente a sé stesso e quindi al lettore (e viceversa), ci descrive non tanto la sua biografia quanto l'idea stessa di biografia ossia, l'impossibilità di una biografia come accademicamente la si intende. La biografia come avventura mentale, totalmente mentale, avventura nella quale il corpo, il piano fisico è un incidente di percorso che permette lo sviluppo, e l'avviluppo, di un'esistenza mentale. In Levrero l'aspetto intangibile dell'esperienza umana diviene corposo, acquista dimensioni, colori, consistenze, mentre la vita fisica scivola in un ruolo di secondo piano: il corpo serve in fondo solo per portare in giro il proprio cervello e per trascendere sé stesso. Il romanzo luminoso è un'avventura, a volte parapsicologica, esoterica, fantastica, ed è un romanzo d'amore, una riflessione sulle donne e su Dio, sulle paure che vivere comporta, è un modo di entrare direttamente nei gangli neuronali dell'autore, nelle sue fobie, negli errori percorsi e schivati, ed è ovviamente un diario, un appuntarsi (un aggrapparsi, direi, a) il quotidiano per immergersi in quella zona che alla fine è il proprio io, o la propria psiche, o quello che nel tempo abbiamo costruito per definirlo "io", noi stessi.
L'ordine ossessivo da seguire secondo rituali precisi agganciano il reale alla percezione dell'autore come se seguire un certo percorso fosse condizione necessaria per permettere a quello stesso percorso di esistere: in questo senso è la meccanica creatrice dello scrittore che (apparentemente controvoglia, o quasi) prima immagina, poi crea. La realtà che viene narrata dietro ad ogni aspetto banale e quotidiano nasconde non solo un complicato ricettacolo di ragionamenti e rimandi che le permette di crearsi, ma anche uno squarcio (anzi, numerosi) su universi inquietanti, apparentemente statici eppure in constante, lento, movimento, continenti (anzi, dimensioni) che invece di collidere si sovrappongono, scivolano a formare una realtà che non può essere descritta, perché in certe dimensioni, forse, non esistono le parole, o comunque da questa dimensione non riusciamo a raggiungere le parole corrette per descriverla. Per questo all'autore non resta che la possibilità di balbucear, di cercare continuamente di aggiustare il tiro, di cercare il termine adatto e, continuamente, vedersi costretto a portare esempi, girare al largo per circoscrivere qualcosa che non può essere catturato. Eppure, questa balbuzie inevitabile e terribilmente umana, nella tecnica superlativa di Levrero, si trasfonde in uno stile preciso e totalmente "luminoso". Appunto.
La realtà è un insieme di percorsi mentali che a volte possono, o no, condurre ad uno scarto, un aprirsi di prospettive che modificano la realtà stessa. E un'operazione alla colecisti può tradursi in paura della morte e realizzarsi in un capolavoro "luminoso" che ci racconta di un vecchio scrittore, del suo appartamento a Montevideo, della sua amata, e del suo diario. Solo Levrero potevo farlo.
Uno dei libri che non si può non leggere, in attesa di altre traduzioni di Levrero, e di altri lettori di Levrero.
QUI potete trovare un articolo dal blog di EdizioniSur di Raul Schenardi e una traduzione di Loris Tassi per farvi un'idea di chi sia stato Mario Levrero.
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