Scritto nel 1972, Mumbo Jumbo è una follia: contorta, sperimentale, incomprensibile; e incredibilmente lucida. Riportare qui la trama è un'impresa, e forse servirebbe a poco, non tanto perché, come ovvio, la trama non sia realmente importante, e non lo è, come non lo è mai d'altronde, quanto perché la commistione di generi e il caos (controllato) della narrazione di Reed rende oggettivamente difficile seguirla. Mi spiego: è difficile seguirla, coerentemente. In realtà si segue altro, che forse non è neppure il sottotesto, quanto il punto di vista. La sovversione letteraria in questo libro viene attuata dal cambio a 180° del punto di vista. Una rivoluzione copernicana. Non è un libro sulla cultura black né, per quanto per certi versi possa dispiacere al lettore in cerca di più o meno facili esotismi, un libro sul voodoo (e neppure sul jazz o sul dixieland) e tantomeno è un semplice libro con protagonisti di colore. Vado oltre, non è un libro sulla negritudine: Mumbo Jumbo si spinge follemente (la ironica follia - o la folle ironia - cervantina che non ci permette di capire fin dove ci troviamo di fronte alla realtà e fin dove siamo noi a scivolare nella follia, e a credere in essa) a rileggere la storia del mondo sotto una lente totalmente diversa da come il mondo l'ha sedimentata nel corso della sua storia. Il centro non è più la cultura occidentale, non c'è l'illuminismo nè la rivoluzione francese a fungere da perno, la realtà non si articola attorno ad interpretazioni marxiste nè fideistiche/cattoliche: la storia del mondo, a guardarla bene (ci dice Reed), è una lunga lotta tra il freddo razionalismo occidentale (il suo cercare una logica, progredire per gradi, confidare in un finalismo storico, nello scientismo, eccetera) e un principio dionisiaco-animista-caotico incarnato nell'epidemia di Jes Grew che di tanto in tanto emerge dal suo sonno carsico e, come un virus, invade le nazioni, facendole ballare, riportandole in contatto col ritmo matto e ossessivo che è il cuore pulsante del mondo. Quel ritmo che è il mondo primigenio, che dà la vita e porta alla morte, l'eco del caos pre-BigBang che ancora tutto permea, pur sotto un'apparenza di ordine e logica. Reed, nella sua partigiana e orgoglioso rilettura della realtà, va oltre, si spinge a cannibalizzare il punto di vista occidentale e a farlo proprio: c'è una cultura che, dall'inizio della storia, ha plasmato il mondo, e non è quella occidentale, bensì quella africana. Per fare questo imbastisce una storia che è un pazzo collage che ruota attorno ad una finta detection portata avanti da investigatori che (ovviamente) non sono tali: Papa LaBas e Black Herman. Siamo negli anni 20 e l'epidemia di Jes Grew si sta espandendo per gli Stati Uniti. La reazione bianca viene portata avanti dall'Ordine Wallflower in una complicata alleanza con i Cavalieri Templari. Jes Grew è musica, abbastanza virale e potente da mettere in forse la stessa sopravvivenza della società occidentale così com'è conosciuta, può sbriciolarne i pilastri, ma per raggiungere la massima potenza d'urto ha bisogno delle sue parole, del Testo. Jes Grew si espande in cerca del proprio Testo. Il testo dell'Opera. Attorno a questo scenario apocalittico, la grande guerra segreta tra l'Opera e l'Ordine Wallflower s'incarna in una serie di personaggi tanto sbilenchi da risultare, a volte, perfettamente credibili. La Grande Cospirazione muove le sue pedine, infiltra androidi neri nei giornali e nella vita pubblica e culturale perché questi smorzino la forza rivoluzionaria della Black Renaissance, ridicolizza la febbre di Jes Grew dipingendola come semplice isteria tardo adolescenziale con radici selvagge, neo animismo patologico, cerca in ogni modo di depotenziarla, utilizzando personaggi oscuri e improbabili che sembrano usciti pari pari dalle indagini sull'uccisione di JFK. Sullo sfondo del presente storico della narrazione, la Guerra Sporca degli Usa contro Haiti, e nel passato la reinterpretazione della mitologia egizia e del mondo magico esoterico in chiave black. Quindi: il dixieland e il jazz come possessione voodoo, come Jes Grew, che si allarga a macchia d'olio, che costringe i bianchi a ballare fino allo sfinimento, fino a crollare in terra esanimi e a morirne, o a non essere più sé stessi. Quindi: la reazione bianca attraverso l'Ordine Wallflower, smontare il contagio, limitarlo, denigrarlo culturalmente e non solo. La guerra sporca ad Haiti. Le antiche guerre tra dei egizi che incarnavano principi opposti (e in questa maniera pure lo spirito razionalista occidentale viene inglobato dalla cultura africano-egizia). La ricerca del testo dell'Opera. La magia come la vera Via, o semplicemente come la vera vita. Non c'è nulla di strano o affascinante nella magia che compare in Mumbo Jumbo, è semplicemente un altro modo di vivere: il modo di vivere. Anzi, il vero modo di vivere. La magia, o una certa forma di essa, sta nella capacità di Reed di combinare un pastiche che stravolge ogni aspetto delle certezze occidentali, demolendole (da notare le numerose note bibliografiche) e costringendo (in maniera divertita ma anche violenta, arrogante) ogni lettore a vedere il mondo con occhi nuovi, neri, africani, ascoltando un ritmo che è il cuore pulsante della storia, della vera storia di Jes Grew, del Mumbo Jumbo, del Libro, dell'Opera.
Ishmael Reed è nato nel Tennessee nel 1938. Tra gli
scrittori afroamericani più conosciuti della sua generazione, è autore
di romanzi, poesie e saggi, tra cui The Complete Muhammad Ali, una biografia del leggendario campione di boxe.
"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)
domenica 3 aprile 2016
Mumbo Jumbo, di Ishmael Reed, Minimum Fax editore, trad. di Anne Meservey
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