"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

lunedì 14 novembre 2011

La gamba sinistra di Joe Strummer, di Caryl Férey, e/o edizioni

  A McCash manca l'occhio destro, perso in un pub di Belfast, sfondato dal calcio di un fucile, ma questo è un avvenimento di molti anni prima, quando ancora credeva nell'Ira. Poi è finito in Francia e si è ritrovato a fare il poliziotto. Adesso, nel momento in cui facciamo la sua conoscenza, è steso su un lettino con un dottore che lo rimprovera per non aver mai pulito la sua protesi (l'occhio di vetro), e per non averla mai cambiata. McCash è scosso da dolori lancinanti che gli perforano la cavità oculare e gli strapazzano il cervello, la sua "bestia" personale. Da sotto la benda di cuoio nero gli sgorga liquido giallastro che non lascia intendere nulla di buono. McCash è stanco, rassegna le dimissioni ad un passo dalla pensione, ripensa amaramente alla moglie che lo ha abbandonato (con tutte le ragioni, tra l'altro). E' il classico tipo che, per noia o per destino, le donne le ha perdute. Come ogni noir che si rispetti sta raschiando il fondo dell'esistenza, con le unghie, quello strato putrido di sozzura che si accumula inevitabilmente col passare dei giorni, a voler vivere. Ed è ad un passo da premere il grilletto che spazzerà via ogni cosa, sozzura, esistenza e tutto il restante. Quando apre una busta. All'interno della busta c'è una lettera. La lettera lo mette al corrente di avere una figlia, Alice, una bambina speciale dice la lettera, che aggiunge che la madre della bambina, la scrivente, sta per morire di cancro, lasciando la bambina da sola nel mondo. Aggiunge dove trovarla, e lo prega di prendersene cura. Poco dopo essere giunto in incognito nel paese dove la bambina risiede presso una famiglia temporanea, McCash s'imbate nel cadavere di una bambina di poco più piccola di sua figlia, portata dal fiume, con un passamontagna rosso in testa. Caryl Férey pare sia uno dei nomi di punta del noir francese (polar), anche se qui da noi prima di questo libro è stato tradotto solamente Zulu, per la Mondadori (attualmente disponibile nella collana Piccola Biblioteca Mondadori). Ha vinto tutti i premi francesi dedicati alla letteratura noir. Eppure a me non sembra totalmente un noir, questo La gamba sinistra di Joe Strummer, anche se lo è, ma non a tutti gli effetti. Dopo il ritrovamento del cadavere della bambina ovviamente si innesca il meccanismo dell'indagine che andrà a scavare nelle miserie morali e nei vizi della provincia francese, come da copione. C'è poi anche uno spostamento di scena, in Marocco, secondo la lezione di Jean Christophe Grangé. Eppure non ha nulla del noir alla Derek Raymond, nè tantomeno di quello alla Izzo, come erroneamente rivendicato in ultima di copertina. Nonostante il protagonista sia un duro dal cuore tenero, provato (provatissimo!) dalla vita, sommerso dai rimorsi più che dai ricordi e sempre in cammino su quel terreno che divide la vita dalla non vita, nonostante dissemini la sua strada di morti senza darsi troppa pena, forse proprio perchè la distinzione tra morte e vita per lui non ha più un gran significato, nonostante la bontà umana non la s'intravveda neppure da lontano e il paesaggio sia quasi sempre scuro e piovoso, l'impressione che se ne ha è che non sia un noir. Intendo dire un noir per davvero. Il nucleo del male, non lo si sfiora mai. C'è il vizio, c'è la corruzione, c'è la violenza, ma il vero centro nero dell'esistenza pare non essere mai messo a fuoco. Alla fine, la causa della morte della bambina col passamontagna rosso e di tutte quelle che verrano in seguito a cascata si verificherà essere semplicemente grettezza, non però avulsa da un coacervo di sentimenti addirittura positivi seppur distorti.Il vizio e le perversioni di provincia (uguali identiche ai vizi ed alle perversioni delle metropoli), non sono altro che un'occasione, e non hanno nulla della grandezza del male, sono solo passatempi che aiutano a rimanere vivi, a vincere la noia, ad intessere relazioni di potere o ricattatorie. Il male vero, sarebbe a dire il mare di morti che ne consegue, compreso quella della bambina, è una sorta di danno collaterale non voluto e non previsto da nessuno dei protagonisti. Eppure questo libro è una lettura piacevole (e anche in questo non è un noir che, per sua stessa natura, è disturbante), scritto non in maniera eccelsa ma certamente trascinante, con un'ottima scansione delle scene ed un buon ritmo. Per dire, poi, quanto non sia noir, termina in un finale che potrebbe quasi essere una sorta di happy end.
  Un bel giallo, solido anche quando pare non esserlo, capace di trasciare il lettore nell'oscura provincia francese e nelle sue perversioni, seguendo un protagonista che è bidimnesionale al punto giusto per farci da Virgilio nel suo personale inferno.
  La sua qualità, dicevo, non si trova nella qualità della scrittura, buona ma non eccelsa, nè in altro che riesco ad indentificare, però lascia la voglia di correre a comprare Zulu, l'altro libro di Férey tradotto in italiano, quantomeno per cercare di capire dove risieda il quid che permette all'autore di immergerci nel suo mondo, anche se un po' sgangherato, e a non lasciarci andare fino all'ultima riga.







Carel Férey è nato nel 1967. Si è imposto all'attenzione del pubblico con Haka e Utu, due noir ambientati tra i Maori, per i quali ha ricevuto prestigiosi premi, e con Zulu, pubblicato in Italia da Mondadori nella collana Strade Blu.

2 commenti:

  1. Ciao dvd illevir!

    Finalmente ti ho trovato e quasi per caso (ma poi esiste il caso?)!
    Ti scrivo sui commenti di questo post perché non ho trovato altre possibilità.
    Io sono l'autore del blog http://cheleggo.blogspot.com/
    che tu segui da un po' di tempo anche se non mi hai dato la possibilità di contattarti, quanto meno per ringraziarti dell'interessamento.
    Ora finalmente scopro che anche tu scrivi un blog (molto interessante!!!) ed ho approfittato per iscrivermi e per inserirlo fra i blog raccomandati dal mio.
    Insomma, complimenti e a presto,

    Stefano

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  2. Ciao dvd (Davide?),

    continuo sul tuo blog la nostra conversazione a distanza. Ti ringrazio per i complimenti. Ho visto che scrivi molto e che hai numerosi blog! Hai colto nel segno dicendo che sono un ammiratore di Bolaño, oltretutto vivo in Catalogna ed ho l'opportunità di leggerlo in lingua originale e di conoscere fisicamente i suoi luoghi. Collaboro con l'Archivio Bolaño e con il blog SUR della casa editrice MinimumFax in qualità di traduttore (proprio in questi giorni sto traducendo un testo sul cileno). Dici di conoscere la traduttrice italiana di Bolaño, mi farebbe molto piacere entrare in contatto con lei, magari puoi fare da tramite. E poi vorrei chiederti un'altra cosa: hai detto che non te la senti di scrivere dei "mostri sacri", io ti prego di farlo. Non si tratta di entrare in competizione con i maestri, ma di parlare ad altri lettori. La lettura, come sai, è un viaggio solitario e può essere di conforto a volte incontrare tracce di altri viaggiatori, anche se lontani nello spazio e nel tempo, anche mantenendo "un rapporto bislacco col flusso temporale" come dici nella tua bella recensione di Pedro Paramo.

    Infine Torino: non sono di là, sono romano, ma ho avuto il piacere di vivere lì per un anno e riesco sempre a trovare una scusa per ritornarci. È una città che amo molto. È una città piena di libri!

    A presto,

    Stefano

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