"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

mercoledì 13 luglio 2011

Dov'è finita Dulce Veiga?, di Caio Fernando Abreu. La nuova frontiera

Chi sia Dulce Veiga e che fine abbia fatto lo si scopre solo dopo un certo numero di pagine (chi sia; che fine abbia fatto, se Dio vuole, lo scopriremo solo alla fine); all'inizio facciamo conoscenza con il protagonista. Non è che ti viene in testa che non avresti potuto assolutamente fare a meno di conoscerlo, che avresti perso chissà cosa nella tua vita. Mi spiego: a parte il fatto che di mestiere fa il giornalista, e pure per il rotto della cuffia, diciamo, in un giornale di quartordine o che quantomeno il protagonista ritiene tale, l'io narrante non è molto diverso dai protagonisti di mille altri romanzi del novecento. Non solo è un'antieroe ma, da com'è di moda da un po' di tempo a questa parte, è pure sfigato. Di più. E' abitato da una sfiga atavica, che lo circonfonde, lo vive e lo fa vivere e lui, il nostro protagonista, si lascia per lo più vivere e portar per mano dalla sua compagna Sfortuna. Dovrebbe essere al settimo cielo per aver trovato un posto da imbrattacarte, e forse lo è pure, vista la sua precedente condizione di disoccupato senza una lira, ma a suo modo, cioè in realtà la sua felicità viene costantemente bloccata dalla consapevolezza di qualcos'altro. Qualcosa di grigio, tedioso, assurdo, pesante e nauseabondo che lo invischia come pece. Qualcos'altro, che forse è la vita stessa, forse è la sua vita solamente o forse è il Brasile, forse San Paolo. Forse altro ancora. Fin qui, il romanzo non decolla e non rispetta le attese di un autore che viene considerato - in Brasile, in Sud America - uno dei più importanti dell'ultimo scorcio del secolo scorso. Barcolla tra il suo alloggio squallido abitato da insetti vari e la redazione del suo nuovo lavoro. Sappiamo che è stato lasciato da una donna, anche lei partita in cerca di qualcosa. Qualcosa di diverso, qualcosa che non sia San Paolo. E intuiamo che ha perso i contatti anche con un uomo, svanito nel nulla da un momento all'altro. Il protagonista, dunque, è una sorta di copia incolla di mille altri, carico di clichè (anche se dal nostro punto di vista di europei lo percepiamo in modo opposto, forse perchè abbiamo nella testa un'immagine del sud america e dei sud americani piuttosto datata e stereotipata). Il particolare che gli rende una certa tridimensionalità rispetto al clichè è la sua omosessualità, che scopriamo poco alla volta ma che intuiamo da subito.
  Fin qui, nessuna traccia di Dulce Veiga.
  Cercando disperatamente di mettere insieme un articolo ed un'intervista ad una band di giovani ragazze punk, si ritrova ad incappare in una cover di un vecchio successo di Dulce Veiga cantata dalle Vagine Dentate (questo il nome del gruppo punk femminista). Tornerà col ricordo ad un'episodio sepolto nel passato in cui lui e Dulce Veiga si trovavano nella stessa stanza. Si domanderà che fine ha fatto Dulce Veiga, scomparsa al culmine del successo in cerca (forse) di qualcosa, anche lei, di qualcos'altro, come amava ripetere spesso. Scoprirà un legame tra le Vagine Dentate e Dulce Veiga. Deciderà (o più che altro qualcuno deciderà per lui) di mettersi in cerca della cantante. Da qui in poi la storia decolla. Diventa una sorta di detection sbilenca che in un certo senso può ricordare certi film di Almodovar: per i personaggi assurdi, gli incastri improbabili, le situazioni sospese tra il tragico ed il grottesco. A questo punto la storia non ti lascia più scampo e ti costringe a seguirla fino in fondo. Ed è da qui in poi che anche il suo stile acquista un senso compiuto, quando nelle prime pagine dava l'impressione di qualcosa di stonato e, a volte, di pretenzioso. In realtà alla fine ti lascia qualcosa dentro. Che cosa? Innanzitutto la sensazione che quel qualcos'altro che tutti cercano nel romanzo sia in realtà il vero protagonista e che in fondo sia qualcosa che tutti noi cerchiamo, consapevoli o meno. Poi, che quel qualcos'altro è qualcosa di inafferrabile per molti, ma per altri invece diventa realtà già in questa dimensione. Infine ti lascia la voglia di leggere altro di Abreu. Qualcos'altro. Forse per tentare di capire. Capire quale sia il centro della sua opera e del suo mondo. Per capire se davvero sia un grande autore o quantomeno uno scrittore di culto. Per capire se siamo stati fregati, come il protagonista del romanzo, oppure no. Qualsiasi sia la risposta, rimane un libro da leggere.


  In più, in italiano, è stato pubblicato un altro suo libro, per la Quarup editore, I draghi non conoscono il paradiso.

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