"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

martedì 15 gennaio 2013

Banksy L'uomo oltre il muro, di Will Ellswoth-Jones / Wall and piece, di Banksy, L'ippocampo editore


Cosa c'è dall'altra parte del muro o, per meglio dire, chi è l'uomo al di là del muro? Il meccanismo è lo stesso che porta Leopardi a fantasticare sull'infinito oltre la siepe: la siepe ti dà il senso del finito e tutto ciò che c'è oltre diventa giocoforza infinito. L'identità di un individuo lo connota e dunque, in un certo senso, lo limita: Banksy è ciò che campeggia oltre la siepe, è la mancanza di indentità, cioè l'infinito, vale dire che si trasforma in quello spazio informe entro il quale la fantasia può reclamare libero sfogo e scatenarsi. Banksy è un artista o è l'arte? E' un graffiti artist (o stencil artist o street artist) o è la stessa graffiti art (o stencil art o street art)? Il tema dell'identità priva di confini misurabili si intreccia in questa biografia (ovviamente non autorizzata) con il tema dell'arte, dell'arte per tutti, dell'arte di strada e del mercato dell'arte, del denaro e della fama che il successo porta inevitabilmente con sè e dei dilemmi morali che ne conseguono. La scrittura di Ellsworth-Jones è indubbiamente elegante, e ha il pregio di non essere altezzosa, scivola via al servizio del contenuto, ma non è certo una scrittura letteraria, e Banksy L'uomo oltre il muro non ha nulla del romanzo (e infatti non lo è), ma al contempo è assolutamente narrativa. Fascinosamente narrativa. Ci racconta la storia di un uomo di cui non conosciamo praticamente nulla, se non le sue opere (per questo rimando a Wall and piece, e lo consiglio vivamente), e di cui quel che poco che sappiamo sono testimonianze e a volte addirittura semplici congetture di chi l'ha conosciuto, o dice di averlo conosciuto, e di chi ha lavorato con lui in tempi in cui Banksy non era nessuno. Ora, è una star planetaria, un nome che ha creato un mercato dove mercato non esisteva, che ha dato lustro ad una forma d'arte - la street art - che forse avrebbe preferito rimanere nell'anonimato ribelle e romantico di un certo vandalismo da strada. Banksy è l'uomo che, nato in una filosofia che prevede che le opere siano di tutti, alla portata di tutti e abbiano una durata limitata, si trova d'un tratto, forse suo malgrado, obbligato a gestire e controllare ogni aspetto della propria attività, dal mercato delle opere da lui certificate, a quello delle opere a lui semplicemente attribuite, alla comunicazione coi media fino all'organizzazione di eventi e di mostre. Vive nella contraddizione di dovere (e volere) controllare ogni aspetto della sua produzione quando il credo della street art è l'esatto opposto. Deve convivere con il peso della ricchezza quando la street art considera sè stessa come una forma d'arte totalmente gratuita. Deve gestire una fama mondiale e al contempo garantirsi l'anonimato. E', questo libro, la fotografia di un insieme di contraddizioni che si scontrano tra loro nel miracolo incredibile di riuscire alla fine a convivere tra loro, e queste contraddizioni tutte insieme formano poco alla volta un'immagine, che è l'immagine di Banksy appunto, ma che per quanto affascinante possa risultare rimane una foto fuori fuoco, l'ombra scura proiettata da un cappuccio sul volto di un uomo che non possiamo vedere e che - speriamo - non vedremo mai (non vi dice niente il nome di Benno Von Arcimboldi o quello di B. Traven?). E qui troviamo uno dei risvolti più interessanti del libro e che non riguarda direttamente Banksy quanto piuttosto i suoi fans (quindi ciò che possiamo definire "altro da Banksy"): quando un giornale ha pubblicato delle foto che pretendevano di ritrarre il vero volto di Banksy, la gente ha sommerso il sito del giornale accusandoli di aver rovinato tutto. Il fascino di un mistero che, per assurdo, non funziona in quanto in attesa di essere svelato ma, esattamente all'opposto: un mistero che emana fascino perchè deve rimanere tale. Un gran bel libro che, letto dopo aver avuto modo di vedere l'opera (o, per meglio dire, le opere: vedi Wall and piece) di Banksy, ci catapulta direttamente in un mondo che credevamo lontano, quello di un'arte di strada che spesso è confuso (e a volte invece lo è veramente) con l'imbrattamento, col vandalismo, e ci accompagna in un viaggio nel genio di un artista che con immagini semplici e provocatorie riesce a parlare direttamente alla gente (e non solo al cuore ma, cosa non disprezzabile, anche al cervello), a tutta la gente, all'esperto d'arte, al laureato, al notaio, così come al ragazzino che non sa neppure chi sia Van Gogh, al muratore come alla casalinga.
  Un genio senza lineamenti.

 Will Ellsworth-Jones è uno dei più grandi giornalisti inglesi. Caporedattore, poi corrispondente da New York per il Sunday Times ha ricoperto in precedenza posizioni di primo piano nello staff per il Telegraph, The Indipendent e Saga. E' autore di We will no fight, un saggio sugli obiettori di coscienza della prima guerra mondiale. Vive a Londra.





Qui di seguito il film documentario (ma ovviamente, parlando di Banksy si tratta di qualcosa di più di un semplice documentario e di difficile catalogazione) Exit Trought The Gift Shop, di Banksy, finalista ai premi oscar 2011.


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