"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

lunedì 12 maggio 2014

La vita umana sul pianeta terra, di Giuseppe Genna, Mondadori editore


  A vederlo, nella foto in copertina sono sicuro che la maggior parte dei lettori non è in grado di riconoscerlo. Io, in libreria, non l'ho riconosciuto. Ho visto il libro, registrato involontariamente il volto anonimo in un bianco e nero sgranato e sono passato oltre. Solo in un secondo momento mi sono reso conto del nome dell'autore, Genna, uno dei miei favoriti, ed è stato allora che mi sono soffermato a leggere la quarta di copertina e ho dato un nome a quel volto, banale, a grana grossa. A quasi settant'anni dalla morte, il volto di Hitler lo riconoscono tutti, anche i bambini, Anders Behring Breivik, dopo aver ucciso a sangue freddo, guardandoli in faccia, 69 ragazzi tra i 14 ed i 20 anni, sull'isola di Utoya, e aver causato la morte di altre 8 persone nell'esplosione di un'autobomba nei pressi dei palazzi del governo, in centro, ad Oslo, il 22 di Luglio del 2011, è come se fosse evaporato dall'immaginario collettivo, di più, come se fosse svanito a sè stesso, agli occhi del mondo, dalla coscienza stessa che il mondo porta con sè. Eppure ha causato 77 morti in un solo giorno, ha pianificato negli anni l'azione, ha studiato le modalità degli attentati di Al Qaeda e ne ha riprodotto le tecniche e le strategie, ha raccimolato, perso e nuovamente messo insieme una quantità ingente di denaro per procurarsi armi ed esplosivi, è entrato in contatto con nazisti deliranti in tutto il mondo, ha scritto un memoriale di oltre 1500 pagine per lasciare traccia del suo (non) pensiero. Era certo di morire nell'attentato, portando a compimento quella che si era scelto come missione, non credeva di sopravvivere per raccontarlo. Sapeva che l'avrebbero ammazzato, ma così non è stato. Ora, il suo stesso esserci ancora, non è altro che semplice testimonianza di sè stesso, di quel 22 Luglio e di tutto il resto dei suoi giorni che non contano nulla. Ma proprio il sopravvivere a sè stesso ci consegna quello che Genna (trinità del noir internazionale: Ellroy, Peace, e Genna appunto) riconosce (quasi per istinto più che per deduzione razionale) come un enorme vuoto, un male che s'incarna nell'assenza di altro (come Hitler, appunto: l'Hitler di Genna, una non persona, un vuoto, e così Breivik, una non persona). Non esistono nella biografia di Breivik episodi che originino la sua follia, soltanto casi nei quali si è potuto intravvedere la sua mancanza di "essere". Il male, ci dice Genna, il male con la maiuscola, Il Male, quello che il cristianesimo incarna nel demonio, in realtà non è altro che vuoto, assenza, uno spazio bianco dove l'esistenza non riesce ad incidere il proprio passaggio. Un vuoto che ha qualcosa di siderale, che rimanda agli scorci (ampli) del racconto di fantascienza che contrappuntava il Dies Irae, un male che non è solo terrestre, che giunge da lontano, ma non come virus caduto sulla terra da altri mondi, è un male che, in quanto vuoto, racchiude sè stesso in un abbraccio che forse non perdona, ma tutto comprende e tutto divora, e digerisce. L'autofiction caratteristica di molti lavori di Genna qui funge da stampella, un po' è racconto di Genna stesso che si inocula nel vortice nero della vicenda Breivik, lo studia, a distanza, lo segue, lo "annusa" fino a sfociare in un viaggio in una Norvegia che è un'oltretomba gelida  più che un paese vero e proprio, e un po' funge da sguardo radente sulle miserie umane, sui corpi in disfacimento, sugli squarci di realtà putrefatta dove si aggirano i relitti tanto della società quanto del genere umano. I delitti del Kebab, in Germania, i tossici nelle periferie milanesi, tutte italiane, i componenti sinistri ed allucinati di una internazionale nera che non ha bisogno di altri riconoscimenti se non i gangli digitali che connettono, comunicano, creano un network che è un enorme cervello, un contenitore "pieno di vuoto", un "non contenitore", un acquario muto dove galleggia anche Andres Behring Breivik, che il 22 Luglio 2011 deve assumere droghe per vincere la paura, che ha bisogno della musica nelle orecchie, sparata nelle cuffie, per non sentire il silenzio esploso che si ritrova non per forza in testa, ma da qualche parte dentro di sè. Genna compone un romanzo che non è una detection, e non è, in questo senso, un romanzo d'inchiesta, e forse ha anche poco di autofiction (ma è una sensazione, questa, e pertanto prendetela come tale), forse si tratta di una riflessione sul Male portata avanti "a la Genna". Sicuramente, per quanto la scrittura di Genna sia totalmente letteraria, si tratta di uno sguardo, un occhio che ci osserva dal gelo dell'universo, dal suolo di Marte e più in là, al largo dei bastioni di Orione, oltre le porte di Tannahuser, forse è l'occhio rosso e disperatamente inumano di Hal 9000 che, inespressivo, morto, bovino quanto quello di Breivik, tutto vede e tutto ingloba, tutto abbraccia.

  Qui di seguito, stralci del brano Il mondo visto dallo spazio, dei Delta V che, ovviamente non ha nulla a che vedere con La vita umana sul pianeta Terra, ma che rende l'idea, credo, di quel senso metafisico indecifrabile che sempre sottende i libri di Genna:


                                 ... il mondo visto dallo spazio e' solo un'illusione / un punto poco fermo in preda alla sua rotazione / e' il sogno di un illuso che non si e' piu' risvegliato / e noi fantasmi non crediamo che al nostro passato / ... qui non rimane piu' niente da chiedere, non sento / piu' quelle frasi che devo risolvere / la vita vista dallo spazio perde ogni ragione / e' il pianto di un bambino solo senza protezione / e' scudo alzato a riparare i colpi del destino ...

* (aggiungo QUI il link alla pagina del sito di Giuseppe Genna, dove abbiamo avuto l'onore di essere ospitati. Inoltre, in fondo al post, il commento dell'autore a questa recensione: è superfluo sottolineare che ricevere l'attenzione e i complimenti dell'autore del libro recensito è sempre una sensazione più che vagamente inebriante. Se poi, lo scrittore in questione è uno dei tuoi favoriti e si chiama Giuseppe Genna, allora si rischia l'infarto o, in alternativa, di montarsi la testa. Sperando di evitare entrambi i rischi, ringrazio calorosamente Giuseppe Genna per l'attenzione che ha posto verso questo blog. Speriamo vivamente di averlo ancora tra i nostri visitatori.)



Giuseppe Genna è nato il giorno, l'ora e il minuto dell'esplosione della bomba a Piazza Fontana. Giuseppe, il primo nome, e Carlo, il secondo, gli sono stati assegnati in onore di Stalin e Marx. Ha trascorso l'adolescenza in una sezione di zona del Pci, e la prima giovinezza in compagnia della destra radicale. E' stato redattore della rivista "Poesia", ha lavorato a Montecitorio nel '95 studiando gli atti della Commissione P2, ed ha creato e diretto il sito dei libri Mondadori.
l suo sito è Giugenna
Ha pubblicato : Catrame (serie noir, Arnoldo Mondadori Editore, 1999), Nel nome di Ishmael (Mondadori, 2001, finalista al Prix Méditerranée svoltosi in Francia), Assalto a un tempo devastato e vile (peQuod, 2001; ristampato da Mondadori nel 2002 e in versione estesa da Minimum Fax nel 2010), Forget domani. Racconti dell'italian lounge (Pequod, 2002, in collaborazione con Igino Domanin), Non toccare la pelle del drago (Mondadori, 2003), I Demoni (Pequod, 2003, in collaborazione con Michele Monina e Ferruccio Parazzoli), Grande Madre Rossa (Mondadori, 2004), Il caso Battisti (con Valerio Evangelisti e Wu Ming 1, Nda 2004), L'anno luce (Marco Tropea, 2005), Costantino e l'impero (Marco Tropea, 2005, in collaborazione con Michele Monina), Dies Irae (Rizzoli, 2006), Medium (online, 2007), Hitler (Mondadori, 2008), Italia De Profundis (minimum fax, 2008), Le teste (Strade Blu, Arnoldo Mondadori Editore, 2009), Discorso fatto agli uomini dalla specie impermanente dei cammelli polari (duepunti, 2010), Fine Impero (minimum fax, 2013)
  E' fiero di annoverare come amici più cari disoccupati, ex terroristi, anziani ed etilisti

2 commenti:

  1. Mamma mia, ma come posso ringraziarti per l'accoglimento TOTALE? Qualunque ipotesi da te formulata è corretta: non c'è autofiction e si tratta proprio della meditazione sul Male condotta come dici tu. Sei il primo a recensire il libro e davvero ti ringrazio!!!! <3

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  2. Gentilissimo Giuseppe Genna, ovviamente sono io che ringrazio per il tuo commento al post. Sono davvero emozionato da quanto hai scritto e, senza saperlo, mi hai fatto uno splendido regalo di compleanno. Il mio giudizio sul libro credo sia chiaro, quindi i complimenti di rito, non perchè di prammatica ma perchè già esplicitati, mi permetto di saltarli. Ti ringrazio invece per i tuoi libri, per la qualità della tua scrittura e soprattutto per quell'indagine metafisica sul Male e, spesso, sull'incarnazione del Male nella storia recente italiana di cui il nostro paese ha un disperaato bisogno. Sicuramente ne abbisognamo noi lettori. Io, di certo.
    Vorrei che considerassi che le pagine di questo blog saranno liete di ospitarti, quando e se vorrai, e se lo riterrai opportuno. In passato ho avuto l'onore di pubblicare un racconto praticamente introvabile di Marco Galiazzo: poter pubblicare materiale tuo, fosse narrativa o critica, sarebbe un ulteriore sogno che si avvera.

    Un saluto.

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