"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

venerdì 21 settembre 2012

Monsieur Pain, di Roberto Bolano, Sellerio editore

  Monsieur Pain è un libro strano. Bolano lo scrisse nel 1981 o 1982, col titolo "La pista degli elefanti" (titolo che ha lasciato per l'epilogo di questo libro, un compendio di voci che mette o non mette un punto fermo alla storia) per uno di quei concorsi letterari con cui riusciva a raccimolare qualche pesos quando la fama letteraria era solo una chimera. Glielo pubblicarono, passò inosservato e presto finì nel dimenticatoio. Immagino che vendette poco o niente. Eppure è un libro notevole - e lo era quindi anche prima che Bolano diventasse Bolano - ma nel suo essere di indubbio valore è a anche un libro misterioso, strano. Tutti i suoi personaggi (o quasi tutti) sono reali, storicamente esistiti, il contesto dei fatti altrettanto, eppure è il ritratto di un incubo dove la realtà sfuma ben presto in paranoia, e da lì, in un balzo lento e progressivo, alla follia. Siamo a Parigi, nell'anno 1938, e Cesar Vallejo, il più grande poeta peruviano, colui che Thomas Merton definì "il più grande poeta universale, dopo Dante" si trova ad agonizzare in ospedale, come lui stesso aveva predetto in un suo poema: " Morirò a Parigi mentre fuori piove / in un giorno di cui ho già il ricordo". Il male è sconosciuto, nessuno riesce a capirne l'origine nè le cause, eppure il poeta è sul limite imperfetto che lo porterà di lì a poco al cimitero di Montparnasse: i medici però non sanno che pesci pigliare, sanno che soffre di signhiozzo, niente di più. La moglie di Vallejo si rivolge ad un amica, Madame Reynaud, che a sua volta si rivolge a Pierre Pain, il Monsieur Pain del titolo, un mesmerista che aveva tentato, invano, di curare suo marito. Pain, che non ha idea di chi sia Vallejo, si interessa del caso, e assicura a Madame Reynaud che farà quanto in suo potere per aiutare il marito della sua amica, ma a quel punto cominciano ad accadere fatti insoliti, poi inquietanti ed infine minacciosi, ma connotati da quella forma di minaccia che aleggia nell'aria senza giungere ad acquisire una qualche forma chiara. Due uomini, forse degli spagnoli, anzi, sicuramente degli spagnoli, lo seguono. Lo vanno a cercare nella pensione dove alloggia. Quando finalmente Pain, Madame Reynaud e Madame Vallejo si incontrano e si recano alla clinica dove giace il poeta peruviano, il medico personale di Vallejo, che incredibilmente non se ne cura, o se ne cura il minimo necessario, prende di mira Pain e lo umilia trattandolo come un ciarlatano, si frammette in maniera anche fisica come una barriera tra Pain e la stanza dove giace Vallejo. Poi giungono altri medici, tra cui un luminare, il dottor Lemiere, che avrà modo di senteziare: " Tutti gli organi sono intatti, non vedo cosa possa nuocere alla salute di quest'uomo ": tra questi medici Pain crede di riconoscere i due spagnoli. Il centro dell'azione, come il Castello dell'agrimensore K. ne Il castello di Kafka, è un luogo irraggiungibile, ed è la stanza d'ospedale dove si trova Vallejo. La porta che la separa dal corridoio, i medici che gli impediscono di entrare, la donna all'entrata dell'ospedale, l'energumeno che lo scorta fuori, i due spagnoli che cercheranno con lui un accordo che rappresenterà anche una forma di velata minaccia, la scomparsa improvvisa di Madame Reynaud, ogni cosa sembra complottare contro di lui, come se qualcuno, qualche forza esterna, misteriosa e forse superiore, esigesse che la morte del poeta (del Poeta con la P maiuscola, simbolo della purezza della poesia e dell'animo umano; Poeta esule, incorruttibile, meticcio, marxista e povero) si compisse ad ogni costo, ed avvenisse in quella data maniera, a Parigi, esattamente come aveva scritto lo stesso Vallejo anni prima, quasi che il complotto fosse finalizzato a far sì che si realizzasse la sua stessa predizione. E' un libro, Monsieur Pain, a tratti ipnotico, inquietante, è un ritratto oscuro di un'epoca in bilico tra modernità, tecnologismo, e sapienze occulte, cenacoli segreti e bohème in fondo già conscia di sè stessa e di ciò che avrebbe rappresentato di lì a poco. La storia, se dovesse mai essere tradotta in pellicola, sarebbe ritagliata su misura per David Lynch, la scrittura stessa di Bolano, qui non ancora affinata all'affabulazione perfetta dei suoi capolavori, sembra voler riportare sulla pagina immagini ed atmosfere dei film di Lynch, e molte scene che Bolano descrive fino all'esasperazione, con una lentezza ed un'attenzione spasmodica ai particolari volutamente portate all'eccesso, sono la trasposizione della medesima tecnica utilizzata dal regista, dove l'angoscia viene portata non fino al limite della sopportazione o della giusta misura, ma poco più in là, oltre, per poi esplodere in una sorta di vuoto pieno di sottintesi che, immancabilmente, rimanda ad altro, normalmente altrettanto inquietante ed indefinito. Per assurdo, quella che parte come un'opera terribilmente letteraria, quasi conformista nell'ambientazione e, almeno inizialmente, nel linguaggio, è forse l'opera di Bolano più esplicitamente filmica.


Roberto Bolano è nato a Santiago del Cile 28 Aprile 1953, ed è morto a Barcellona il 14 Luglio 2003. Semplicemente è Bolano, L'ultimo classico, un Borges elettrico, il cantore del caos e dell'esilio, degli intrecci sospesi, del destino in mano al caso. Se avesse un senso questo aggettivo in letteratura, direi semplicemente: il migliore.
Chi volesse approfondire e documentarsi su tutti gli aspetti legati a quest'autore può andare ArchivioBolano. E' il sito più completo (e complesso) che si possa trovare.
  Di Bolano in questo blog sono stati finora recensiti: I dispiaceri del vero poliziottoIl Terzo reich, La pista di ghiaccio.

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