"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

domenica 7 febbraio 2016

Dell'eleganza mentre si dorme, di Emilio Lascano Tegui, Barney edizioni, trad. di Raul Schenardi

  Ripescare cadaveri nella Senna significa divenire una piccola celebrità locale, soprattutto se sei un bambino e il fascino della morte, da quel momento in avanti, ti è saltato in collo e non ti ha più abbandonato. La voce narrante del libro vive a Bougival, un borgo alle cui spalle scorre la Senna, dispensatrice più che altro di corpi gonfi e banchettati dai pesci, e Bougival è, per la narrazione, un mondo a sé, distante in ugual misura da Parigi come da New York, o da Buenos Aires, vale a dire lontanissimo. Da tutto. Una distanza siderale che lo divide dal resto dell'universo, come se il borgo stesso fosse sprofondato in un fossato (se non proprio un buco) spaziotemporale dal quale potrebbe, forse, solo spiare il resto dello scorrere del tempo, se solo ne fosse interessato. Bougival (che possiamo immaginare sia la trasposizione letteraria di Concepción del Uruguay, la cittadina della provincia argentina di Entre Rìos, nel quale l'autore è nato) è il palcoscenico della storia-nonstoria narrata da Lascano Tegui, ma al contempo è parte integrante della mente del narratore (e, quindi, presumibilmente dell'autore): lo spazio della narrazione è essa stessa narrazione, così come la storia che viene narrata è al contempo oggetto e soggetto della narrazione. La storia è la mente distorta (o l'anima piagata, o la fantasia, o più fantasie malate) del narratore. Il libro si apre con la premonizione di un delitto (secondo il procedimento utilizzato da Oscar Wilde ne Il delitto di Lord Savile), sussurrata con leggerezza, quasi si trattasse di un futile pettegolezzo e, dopo un ondivago dipanarsi di micronarrazioni dai tocchi noir, esistenzialisti, amenamente gotici, aforismi e considerazioni su aspetti a volta profondi e spesso (quando non al contempo) frivoli, si risolve con la conferma della predizione iniziale. Il delitto finale diventa quindi non tanto una forma d'arte quanto una parodia della stessa, unico sbocco al tedio cinico nel quale l'animo del narratore galleggia (non nuota, verbo che denota un'attitudine troppo attiva), lasciandosi pigramente trasportare da un pensiero ad un altro, da un aneddoto al seguente.

I pesci - mi riferisco a quelli della Senna - che arrivano a Bougival sono vecchi e stanchi. Conoscono l'intero trattato dell'arte della pesca. Quando mi metto a fischiare sulla riva, vedo che si divertono saltando fuori dall'acqua per godersi la musica. Invece, quando passano accanto alle canne tese non si girano affatto. I pescatori sono gente noiosa, non sono neanche capaci di fischiare.

  Il cocchiere, interlocutore privilegiato del narratore, è un prete spretato, che non riesce a concepire "romanzi se non in carrozza", inanella storie lugubri, immorali quando non addirittura amorali, e così gli altri personaggi che compaiono in maniera casuale nelle pagine a scansione diaristica del libro non sono altro che figure appartenenti a qualche narrazione o che, a loro volta, danno vita a nuove divagazioni, figure vuote che reagiscono agli urti della vita secondo asettiche logiche di azione-reazione, uomini o donne persi nell'umida brughiera di Bougival come negli anfratti più oscuri della propria esistenza, incapaci di offrire una resistenza (e tanto meno una resilienza) vera e propria agli urti ai quali vengono sottoposti. Passivamente soccombono agli orrori quotidiani. O, come nel caso di Gabriela, si riparano nella pazzia da orrori che pur sconvolgenti finiscono col colorarsi delle grigie tinte del quotidiano. Anche il sesso, pur se intinto nel sale della perversione e del proibito, finisce col lasciare il retrogusto amaro della delusione. Lo sguardo del narratore è quello di un dandysmo nichilista da bohème che, se nel diario si incarna spesso in un tono aforistico brillante, velocemente si spegne in una visione sartriana del mondo che diviene, pagina dopo pagina, sempre più cupa e paradossale. L'universo scruta Bougival con distacco, senza il minimo interesse, e questo sprezzo viene percepito dagli "abitanti del libro" che si sentono - e sono - orfani di un senso che permetta loro di muoversi alla ricerca di qualcosa di definitivo; il non senso ed il rimpianto che possiede le anime degli abitanti di Spoon River, è pane quotidiano per gli abitanti di Bougival già in vita. L'unica forma di ribellione che è data al narratore-protagonista è certo dandismo di maniera che marca un distacco dalle cose del mondo e da sé stesso. Il piacere del paradosso, il superamento della morale comune, una ricerca di stile pur se in una microcosmo (waste land) dove sono gli appetiti più bassi a farla da padrone (eros e thanatos), queste sono le armi che l'uomo si riserva per innalzarsi non già di fronte al destino quanto piuttosto rispetto al resto dell'umanità dolente che quel destino compone.

Bougival è popolato di vecchie. Le loro grandi facce riempiono i vetri delle finestre. Dio mio, come sono vecchie!... Ormai neanche la morte può convincerle, moriranno soltanto il giorno in cui si saranno stancate di sentir suonare le campane.

  E' lo sguardo, non la struttura, che rende l'opera di Lascano Tegui degna di elevarsi oltre il mero esercizio di stile, anche perché l'esercizio di stile è il fallimento di una terra desolata che non sa far altro che inghiottire un cadavere dopo l'altro, per poi risputarli nel corpo liquido della Senna.
  Lo stile di Lascano Tegui rimarca la sconfitta di un dandy (e il richiamo, l'ennesimo, a Wilde è d'obbligo) incapace di sopportare con leggerezza la mostruosità del reale, divenendone schiavo. I topoi del dandismo rimangono di maniera, una pratica che si svuota ma che eroicamente si ripropone come unica risposta ad un universo grottesco e senza senso.



   Emilio Lascano Tegui: nato in un paesino della provincia argentina di Entre Rìos, in una famiglia  modesta che presto si traferì a Buenos Aires, fu traduttore per l'Ufficio internazionale delle Poste. Poco più che ventenne viaggiò a piedi in Francia, Italia e NordAfrica, dove pubblicò (attribuendosi il titolo di visconte) una raccolta di versi accolta con entusiasmo dai circoli intellettuali. Nel 1913 visse a Parigi, dove strinse amicizia con Apollinaire e Picasso, e per sbarcare il lunario fece vari mestieri - venditore ambulante, arredatore, meccanico, dentista - mentre esponeva dipinti in importanti mostre collettive. In seguito ricoprì in veste di diplomatico diversi incarichi ufficiali che lo condussero a Boulogne sur Mer, Cherbourg, Parigi, Caracas (dove realizzò un gigantesco murale) e Los Angeles. Squisito maestro dell'arte culinaria, bon vivant, collaborò per tutta la vita a importanti pubblicazioni in patria e all'estero e fu uno dei precursori della nuova sensibilità modernista. Oltre a Dell'eleganza mentre si dorme, pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1925, nel 1936 diede alle stampe altri due romanzi singolari, El libro celeste e Album de familia, e nel 1924 i versi di Muchaco de San Telmo. Dandy, provocatore, cosmopolita, morì a Buenos Aires.

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