"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

giovedì 22 maggio 2014

Quitaly, di Quit the Doner, Indiana Editore

 Normalmente su questo blog vengono postate recensioni di narrativa; quel poco di saggistica che è apparso era legato a scrittori e/o artisti (sostanzialmente, se non ricordo male, si trattava di biografie o libri intervista). Poi ho letto questo Quitaly, e in questo caso faccio (volentieri) un'eccezione, per due motivi. Il primo: mi è piaciuto davvero tanto, e spero che più gente possibile abbia l'opportunità di leggerlo. Secondo: non sono così convinto che non si tratti di letteratura. Sicuramente siamo di fronte ad un'ottima scrittura, nonchè ad un ottimo uso della scrittura. Se devo mettere insieme un pugno di riferimenti cui accostare questo libro, mi vengono in mente: il giornalismo letterario latinoamericano, Hunter Thompson e i reportage di David Foster Wallace. Giusto per rendere l'idea. Che si tratti di feste vip romane, di quartieri rossi a Bologna, di fiere off del design, del Lucca comics, dell'ultimo raduno degli irriducibili fan di Berlusconi, della discesa degli alpini a Piacenza, dell'analisi del fenomeno settario del grillismo o di altro, Quit the Doner riesce in un miracolo che è di pochi: unisce un'analisi approfondita (non seria, o non fintamente profonda, non aforistica, o facilmente tagliente ma vuota) e documentata con un'ironia e, soprattutto, un'autoironia che sulla pagina scritta non è esattemente facilissimo riportare. In più mette insieme un po' di autofiction (che come tale è sempre presunta, ma nel suo caso, a sensazione, mi pare quasi sempre reale) e un pizzico di giornalismo gonzo. Rispetto al padre del Gonzo Journalism, il leggendario Hunter Thompson, la parte goliardica ed estrema è molto ridimensionata, quasi un vezzo, un modo per strizzare l'occhio al lettore e cercarne la complicità, ma la parte di analisi del fenomeno oggetto d'analisi è, al contrario di Thompson, molto più approfondita o, per meglio dire, pare esserlo in maniera più tecnica, come se l'autore non si affidasse solo al suo istinto ed alla sua intelligenza critica (come Thompson appunto) ma sapesse sempre di cosa parla. Nel senso: come se fosse sempre addentro all'argomento trattato. E questo è dovuto sicuramente all'esperienza sul campo, ad un serio lavoro di documentazione, all'intelligenza ed all'istinto di cui sopra, ma anche, a parer mio, ad una base di conoscenze delle scienze sociali di stampo quantomeno universitario (psicologia? filosofia? sociologia?). L'impressione è di cominciare a leggere il diario di un simpatico cazzeggiatore (e forse anche un po' cazzaro, verrebbe da pensare) per poi ritrovarsi nel bel mezzo di un trattato di sociologia o di dinamiche psicologiche di massa o di qualcosa di molto simile, per poi scoprirsi - mentre ci si riscopre a ripetersi in testa: "E' proprio quello che ho sempre pensato io, allora non sono solo! Certo però lui le dice meglio..." - a ridere per un'iperbole, una battuta, un giro di parole che, miracolo, non hanno nulla di forzato, ma sembrano realmente pronunciate nel mezzo di un discorso tra amici la sera davanti ad un bicchiere di qualcosa che può andare dal chinotto al whisky.
  Quindi, a Foster Wallace, al Giornalismo Letterario Latinoamericano e ad Hunter Thompson, aggiungo un altro riferimento: Woody Allen.
  Nell'ultimo non-pezzo giornalistico (nell'ultimo racconto insomma, ma che è anche l'unico, e che fa da cappello a tutto il resto e in una certa misura ne illustra la filosofia, o almeno una parte di essa) l'autore gioca sull'accostamento che evidentemente molti hanno fatto con Foster Wallace. Alla fine sembra di capire che lo consideri un autore terribilmente sopravvalutato e quindi ne prenda le distanze. Non so se lo sia, sopravvalutato, Foster Wallace, sicuramente è pretenzioso e complicato, ama gli orpelli e i bizantinismi, ed è cervellotico all'inverosimile però, tralasciando il giudizio sulla narrativa, è un saggista-reporter insuperabile, e in questo, piaccia o meno all'autore, Quit the Doner è indubbiamente molto simile all'americano, sopravvalutato o meno che sia.
  Un'ultima annotazione: la copertina. Se piace Gipi (e a che non piace Gipi, adesso?), ovviamente vi piacerà anche la copertina, ma non è solo questo. Cattura perfettamente una delle caratteristiche della scrittura di Quit the Doner: se da una parte entra e vive i suoi reportage, dall'altra riesce al contempo a mantenere uno sguardo aereo, superiore, dell'occhio esterno che fissa dentro un'acquario e lo studia: uno sguardo un po' alla Kurt Vonnegut.
  Dicevo, forse non è letteratura, ma comunque non ne sono sicuro. Ma avevo una voglia matta di consigliarlo.

Un appunto all'editore: oltre ai complimenti per aver pubblicato un autore di sicuro valore, un'attenzione maggiore ai refusi (non so perchè ma mi pare soprattutto negli ultimi pezzi) renderebbe più piacevole la lettura (che già di per sè lo è.

 Quit the Doner (1982) nasce in una laboriosa cittadina del nord Italia famosa per il suo motto: << Non c'è un cazzo da ridere, questa è una laboriosa cittadina del Nord Italia >>. Si trasferisce giovanissimo a New York dove diventa famoso con lo pseudonimo di Notorius B.I.G. Stufo del successo e delle grupie, inscena la sua morte e si trasferisce a Parigi, dove assume la cattedra << Gattini virali via internet >> al Collége de France. Attualmente vive tra Londra e Instanbul, quindi a Bologna. Inviato e analista per Linkiesta, scrive a cottimo per Vice. Il suo sito è Quitthedoner.com.
Quit The Doner (1982) nasce in una laboriosa cittadina del nord Italia famosa per il suo motto: «Non c’è un cazzo da ridere, questa è una laboriosa cittadina del nord Italia». Si trasferisce giovanissimo a New York dove diventa famoso con lo pseudonimo di Notorious B.I.G. Stufo del successo e delle groupie, inscena la propria morte e si trasferisce a Parigi, dove assume la cattedra di «Gattini virali su internet» al Collège de France. Attualmente vive tra Londra e Istanbul, quindi a Bologna. Inviato e analista per «Linkiesta», scrive anche a cottimo per «Vice». - See more at: http://www.indianaeditore.com/collane/quitaly/#sthash.uHctRfue.dpuf
Quit The Doner (1982) nasce in una laboriosa cittadina del nord Italia famosa per il suo motto: «Non c’è un cazzo da ridere, questa è una laboriosa cittadina del nord Italia». Si trasferisce giovanissimo a New York dove diventa famoso con lo pseudonimo di Notorious B.I.G. Stufo del successo e delle groupie, inscena la propria morte e si trasferisce a Parigi, dove assume la cattedra di «Gattini virali su internet» al Collège de France. Attualmente vive tra Londra e Istanbul, quindi a Bologna. Inviato e analista per «Linkiesta», scrive anche a cottimo per «Vice». - See more at: http://www.indianaeditore.com/collane/quitaly/#sthash.uHctRfue.dpuf
Quit The Doner (1982) nasce in una laboriosa cittadina del nord Italia famosa per il suo motto: «Non c’è un cazzo da ridere, questa è una laboriosa cittadina del nord Italia». Si trasferisce giovanissimo a New York dove diventa famoso con lo pseudonimo di Notorious B.I.G. Stufo del successo e delle groupie, inscena la propria morte e si trasferisce a Parigi, dove assume la cattedra di «Gattini virali su internet» al Collège de France. Attualmente vive tra Londra e Istanbul, quindi a Bologna. Inviato e analista per «Linkiesta», scrive anche a cottimo per «Vice». - See more at: http://www.indianaeditore.com/collane/quitaly/#sthash.uHctRfue.dpuf
Quit The Doner (1982) nasce in una laboriosa cittadina del nord Italia famosa per il suo motto: «Non c’è un cazzo da ridere, questa è una laboriosa cittadina del nord Italia». Si trasferisce giovanissimo a New York dove diventa famoso con lo pseudonimo di Notorious B.I.G. Stufo del successo e delle groupie, inscena la propria morte e si trasferisce a Parigi, dove assume la cattedra di «Gattini virali su internet» al Collège de France. Attualmente vive tra Londra e Istanbul, quindi a Bologna. Inviato e analista per «Linkiesta», scrive anche a cottimo per «Vice». - See more at: http://www.indianaeditore.com/collane/quitaly/#sthash.uHctRfue.dpuf

Nessun commento:

Posta un commento