"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

lunedì 28 settembre 2015

Avventure di un romanziere atonale, di Alberto Laiseca, Arcoiris edizioni, trad. di Loris Tassi

  Alberto Laiseca è un folle, l'enfant terrible della letteratura argentina, un rabdomante di storie, atmosfere, neologismi, un irregolare per eccellenza: un eccentrico. Il suo modo di avanzare nella narrazione pare essere un flusso continuo di invenzioni, narrative e stilistiche, quasi il suo narrare fosse un fenomeno di scrittura automatica, un'iperbole continua che supera regolarmente sè stessa con quella successiva. Non è che non parli della realtà, tutt'altro, descrive anzi il sostrato primigenio delle realtà che racconta (nel caso di Avventure di un romanziere atonale si tratta di una satira verso il mondo dell'arte e dell'editoria nel primo racconto che dà il titolo al libro, e di una sarcastica critica dell'essere umano e della Storia nel secondo racconto), ma la realtà, secondo Laiseca, per poterla vedere come realmente è, ha bisogno di essere spogliata.

"Una mujer vestida es una mujer abstracta" ("una donna vestita è una donna astratta")

Per spogliare la realtà, bisogna forzarla, leggerla sotto la lente deformante della caricatura, slabbrarne le bordature fino a farla fuoriuscire, fino a farla colare su un piano narrativo caricaturale e caotico che, in un certo senso, finisce col violentarla. Se la realtà indossa una maschera (o più maschere), allora compito dell'autore è strappargliela, con ferocia quando fosse il caso (e per Laiseca è sempre il caso), col ghigno sardonico di chi sa che la parodia dei generi è la chiave più salda per forzare una narrazione che altrimenti si limiterebbe a descrivere la superficie delle cose. 
Lo scrittore deve dare un nome alla realtà, deve scavarla fino a farne emergere lo scheletro primordiale, anche a costo di reinventarla (vedi i numerosi neologismi, la magistrale miscellanea di epoche - e non solo epoche - che confluiscono in L'epopea di re Teobaldo, il secondo racconto del libro).

"... La semantica composta dal seme delle lettere che si combinano per far germinare nuove sillabe destinate a dare il nome a tutti gli oggetti del cosmo, compito, questo, che gli Dei assegnarono agli uomini al principio del mondo..."

  Il romanziere, l'amico Coco Pico della Mirandola, Dona Clota e l'editore Ferochi, sono i quattro personaggi che bastano a Laiseca per creare la sarabanda del primo racconto che compone questo Avventure di un romanziere atonale. Il romanziere del titolo è uno sfigato, "un maledetto idiota che non sapeva che i libri si devono solo scrivere, non vivere", che affitta una stanza (in precedenza adibito a gabinetto o, per essere più chiari: a cesso) presso la pensione di Dona Clota (dalla incommensurabile e regale crocchia di capelli: "di certo era venuta al mondo prima la crocchia e poi lei"). Per vivere fa le pulizie - e non nel senso che lavora come sicario ma che lavora per una impresa di pulizie -, è destinato allo squallore di un fallimento che dal piano pratico si riversa inevitabilmente su quello onotologico (e viceversa), fino a quando un amico, Coco Pico della Mirandola, non intercede per lui presso l'editore Ferochi, in fase autopunitiva e alla perenne ricerca di un tracollo finanziario e/o psicologico per espiare il suo passato (recente e remoto) di perfetto stronzo. Il romanziere è la feroce caricatura dello scrittore (prima aspirante e poi affermato), ed è infatti catalogato come "maledetto idiota", che però si crede - passivamente - un genio. Ferochi, quella dell'editore, che si dice "stufo dei geni: ci servono scrittori che sappiano scrivere", ma che poi fa fortuna pubblicando un romanziere che, pur non essendo un genio, anzi, essendo un maledetto idiota, viene inteso dal mondo proprio come summa del genio contemporaneo. Ci penserà il mondo a inghiottire ogni cellula di queste avventure e a porre fine alla follia che le guidava.

  L'epopea di Re Teobaldo, il secondo racconto, è la lucidissima follia di chi ha capito cosa sia la vita umana sul pianeta terra e non ha timore a spiattellarlo in faccia al suo pubblico. Il periodo storico inizialmente pare essere compreso in una parentesi tra il 1000 e il 1.300 a.C., ma nel giro di qualche riga spuntano prima i treni, poi dinosauri, usati come armi da guerra (gli pterodattili al posto dei droni), poi tecnologie e riferimenti novecenteschi, una Russia musulmana, vengono citate armi di fantasia e non (superfrecce, fuochi greci, lanciafiamme, tigrizannute abbattimura, rettili da labirinto); ad un certo punto i due schieramenti che si affrontano vengono follemente descritti come due squadre di calcio, con tanto di spostamenti sulle ali e chi più ne ha più ne metta. Si apre poi un excursus sulla setta degli hasassini (da cui il termine "assassino"), discepoli di Hasan Tymosenko, il Vecchio della Montagna, adepti il cui credo prevede che il mondo sia uno schifo, che non esista nulla di sacro, e che quindi debba essere spazzato via con ogni tipo di violenza e nefandezza. La Guerra di Teobaldo contro la Russia (una Russia arabeggiante retta da Saladino) diventa presto una parodia che mescola le guerre atomiche ipotizzate da Zecharia Sitchin nei suoi libri pseudoscientifici, le partite di calcio, le reali guerre storiche, seppur di epoche diverse, e certi scenari post apocalittici alla Dune. Il risultato: un ritratto delirante ma tragicamente preciso della natura umana e della sua storia su questa terra. La guerra immaginata da Laiseca, diventa una summa di tutte le guerre passate presenti e future - comprese quelle di fantasia - in tutti gli angoli del mondo. La guerra di Teobaldo é la caricatura di ogni guerra, di tutte le guerre, di qualsiasi guerra. Il delirio si concreta ulteriormente dal momento che la lucida follia del racconto si riversa sulle strutture narrative e sugli stili impiegati dall'autore. Mi spiego: l'impressione è che Laiseca parta a briglia sciolta, da una frase che gli suona bene e lo ispira, senza che per forza abbia un senso particolare, e su quella ne inanella altre, accostandole per (diciamo così) gemmazione spontanea: a quel punto la storia si crea da sola, come appunto in un esperimento di scrittura automatica. Storia grottesca, ironica, selvaggia, delirante, violenta, comica. Personaggi folli, crudeli, in mondi frenetici, picari, degenerati, violenti, immorali. Poco alla volta che però il racconto prende forma tra le mani dell'autore, quasi suo malgrado, è l'autore stesso che deve seguirla a perdifiato, per non farsi disarcionare, e adatta stili e strutture a quanto di volta in volta si compatta progredendo nella narrazione. Una narrazione quasi involontaria, forse inconscia, che inventa un mondo che a sua volta modella la storia che si sta formando. E' come assistere ad un'eruzione vulcanica ed al conseguente modificarsi del paesaggio, tutto in presa diretta.
  L'autore è al contempo esterno (quanto più non si potrebbe) ed interno (anche qui, quanto più non si potrebbe) al suo narrare. L'autore è il ghigno feroce di chi, unico, ha il coraggio di guardare in faccia la realtà per quello che è, e non ne soccombe.
  Laiseca è unico nel suo genere, un po' genio, un po' pazzo, eccentrico, inimitabile.

 Alberto Laiseca, scrittore argentino, nasce a Rosario nel 1941. Trascorre la sua infanzia a Camilo Aldao, tra le province di Cordoba e Santa Fe. Dopo aver svolto diversi lavori, pubblica nel 1976 il suo primo libro Su turno para morir. Aventuras de un novelista atonal è il suo secondo libro, del 1982. Seguiranno: Matando enanos a garrotazos, Poemas chinos (1987), La hija de Kheops (1989), La mujer en la muralla (1990), Por favor ¡plágienme! (1991), El jardín de las máquinas parlantes (1993), Los sorias (1998) considerato il suo capolavoro, un libro-mostro di 1.300 pagine,  El gusano máximo de la vida misma (1999), Gracias Chanchúbelo (2000), En sueños he llorado (2001), Las aventuras del profesor Eusebio Filigranati (2003), Sí, soy mala poeta pero... (2003), Las cuatro Torres de Babel (2004), El Artista (2010), Cuentos Completos (2011), Manual Sadomasoporno (2011), Beber en rojo (Drácula) (2012), iluSORIAS (2013) e La puerta del viento (2014). Stimato, tra gli altri, da mostri sacri della letteratura argentina quali Cesar Aira, Ricardo Piglia e Rodolfo Fogwill, è considerato l'erede dell'antiborges per eccellenza: Roberto Arlt.

  Avventure di un romanziere atonale, è in vendita sul sito di edizioni Arcoiris: qui e può anche essere prenotato nelle librerie. Attualmente è l'unico libro di Laiseca tradotto in Italia: dallo stesso editore sono previste altre due traduzioni (che aspettiamo con ansia) per il prossimo anno. 

Nessun commento:

Posta un commento