"E di colpo percepisce in quella dichiarazione una minaccia. Qualcosa che si avvicina dalla parte del mare. Qualcosa che avanza trascinato dalle nubi scure che attraversano invisibili la baia di Acapulco."
Roberto Bolano, (da Ultimi crepuscoli sulla terra; Puttane assassine)

lunedì 2 aprile 2012

Volti nella folla, di Valeria Luiselli, La nuova frontiera editore

Se tralasciamo la copertina, è davvero un bel libro. Poi ci sarebbe da chiedersi perchè mai il titolo originale "Los ingràvidos" sia diventato "Volti nella folla". Ingràvidos significa senza peso ed è un preciso riferimento ad uno stato (o ad una sensazione) in cui si trova a vivere uno dei protagonisti, Gilberto Owen, che con l'avanzare dello sfacelo della sua vita ingrassa indecentemente, fino ad avere il seno, come le donne, ma che contemporaneamente diminuisce di peso. E' assurdo, ma è così, e non è l'unica cosa assurda in questo libro. I protagonisti principali, cioè colei che scrive e, appunto, Gilberto Owen, poeta messicano defunto nel 1952, si rincorrono e intrecciano le loro esistenze seguendo percorsi che si burlano delle normali logiche temporali. Hanno vissuto nella stessa città, a poca distanza l'uno dall'altra, ma in periodi differenti, eppure, quando la scrittrice viene a conoscenza di questo fatto scatena qualcosa che pare affastellare i piani temporali l'uno sull'altro e porta i protagonisti a compiere gesti, a seguire pensieri che sono già stato compiuti e pensati dall'altro, in passato, o saranno compiuti e pensati in futuro, tali e quali. La scrittrice ci racconta di sè stessa che sta scrivendo il libro che stiamo leggendo, della difficoltà a ritagliarsi il tempo necessario per scrivere, tempo che deve giocoforza sottrarre ai figli ed al marito. Poi sentiamo le voci della sua famiglia, del bambino medio e della neonata, e la voce del marito che commenta i brani del libro che gli riesce di sbirciare. Veniamo a conoscenza dei suoi dubbi e delle sue perplessità nello scoprire una parte della vita della moglie che, evidentemente, ignorava, o conosceva per sommi capi, quella parte di vita in cui lui non c'era ancora e in cui lei era un'altra lei e non sua moglie. Il libro racconta degli anni in cui la protagonista viveva in un'altra città, quando lavorava in una piccola casa editrice ed era una giovane donna con gambe sode e ben disegnate, la seguiamo nelle sue amicizie confuse, nelle sue relazioni strambe, nel sesso vissuto con leggerezza e disimpegno, e nel suo lavoro alla casa editrice. Sentiamo la voce del bambino medio, le risposte della madre e, talvolta, del padre. Poi, con l'aprirsi del varco temporale, la narrazione comincia a confondersi e rimbalziamo allegramente da un tempo ad un altro con estrema scioltezza, troviamo una pianta morta che ha un ruolo nella vita di Owen e l'avrà nella vita della protagonista. Poi i fili s'ingarbugliano e tutti i rapporti che legano i protagonisti al loro mondo perdono i loro contorni normali e la vita (le loro vite parallele) diventa un susseguirsi di casi e di stazioni della metropolitana e di persone che diventano fantasmi e fantasmi che compaiono riflessi nei finestrini dei treni, di scrittori famosi (Garcia Lorca, Ezra Pound), di mariti che vanno e vengono, forse solo nella narrazione o forse nella vita reale. E' un florilegio di metanarrazioni, di piani che si sovrappongono e, a volte, si sfiorano senza mai incontrarsi realmente, di persone che sono personaggi e personaggi che scompaiono fino a svanire, ed altri che ingrassano poco alla volta che perdono peso. Diciamoci la verità, tenere insieme tutti questi frammenti non è un compito facile e verso i tre quarti del libro si ha la sensazione che il bandolo della matassa sia sfuggito di mano all'autrice, ma in realtà importa poco. Il vero collante della narrazione è lo stile, fresco, aereo. Ricercato senza essere pesante e senza neppure avere l'aria di esserlo, mai, in nessun caso. E' la voce dell'autrice che irretisce e nel giro di poche righe riesce a rendere se non proprio credibile comunque assolutamente godibile qualsiasi follia le passi per la testa di darci a bere. I dialoghi col bambino medio (specie all'inizio, poi vanno un po' standardizzandosi) e quelli col marito sono come delle squarci che si aprono all'improvviso e ci portano direttamente nella vita della protagonista dandoci però l'impressione di trovarci a sbirciare alla finestra dell'autrice, Valeria Luiselli. L'impressione è di trovarsi di fronte ad un reale promessa della letteratura, e non solo sudamericana, e che la stessa storia (o non storia) raccontata da un altro scrittore sarebbe naufragata in un disastro pretenzioso e noioso e, addirittura, un po' banaluccio. Gilberto Owen non pare essere uno di quegli eroi della letteratura dall'appeal magnetico, al contrario, e lo stratagemma di usare autori reali per rendere letteraria la propria opera è qualcosa che riesce alla perfezione solo a Bolano (che non a caso è citato nel testo: " E' lo scrittore morto con più amici vivi") ed a pochi altri, e l'intrecciarsi dei piani temporali che entrano in collisione tra loro è già molto sfruttata, forse più nel cinema che nella letteratura, ma comunque non è certo una novità. Rimane una capacità di scrittura che s'indovina straordinaria (ben riportata dalla traduzione di Elisa Tramontin) e che rende questo libro una lettura indispensabile (e piacevolissima).
  Ai suoi prossimi libri il compito di confermarla come un'autrice di spessore internazionale.






  Valeria Luiselli nasce nel 1983 a Città del Messico. Collabora col New York Times, Letras Libres, Etiqueta Negra e Internazionale- Nel 2010 pubblica la raccolta di saggi Papeles Falsos, considerato uno dei migliori libri dell'anno. Los Ingràvidos è il suo primo libro ed è in corso di traduzione nelle maggiori lingue europee.

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